Anora recensione film di Sean Baker con Mikey Madison, Mark Eydelshteyn, Jurij Borisov, Karren Karagulian e Aleksej Serebrjakov
Anora: il film della maturità di Sean Baker
La lealtà a un’idea, il mantenere la barra diritta in una direzione coerente è quello che contraddistingue il cinema del cineasta statunitense Sean Baker. È il fiero esponente di un cinema statunitense alternativo, fatto d’idee e non scoraggiato dalla limitatezza dei mezzi economici a disposizione. Quando girò Tangerine nel 2015, Baker aveva a disposizione solo la fotocamera dello smartphone, interpreti non professionisti e un budget inferiore a centomila dollari.
Nove anni dopo, le limitazioni produttive sono ancora presenti ma l’evoluzione della sua scrittura e il maturare della sua regia le hanno ampiamente ovviate. Un quarto di secolo e nove film dopo il suo esordio Four Letter Words, in veste di produttore, montatore, sceneggiatore e regista, Baker è già un grande cineasta. Serviva un premio come la Palma d’Oro a Cannes per consacrarlo, per (si spera) fare in modo che il suo cinema arrivi al grande pubblico e non rimanga entro i confini festivalieri degli addetti ai lavori.
La Palma d’Oro consacra un regista che è già un grande cineasta
Anche perché Anora, il film che gli è valso la Palma, si ascrive a quel tipo di cinema autoriale ampiamente fruibile dal pubblico generalista. L’incipit della storia ricalca e attualizza quello di una delle commedie romantiche più amate degli anni ‘90: Pretty Woman. La protagonista titolare del film è una 23enne che fa la sex worker, anche se è pronta a menare le mani e protestare con veemenza se qualcuno le dà della prostituta. Lei si ritiene una ballerina erotica, lavora in un club newyorkese dove si fanno lap dance e spogliarelli. Un modo come un altro per sbarcare il lunario quando sei un’americana figlia di migranti dall’Uzbekistan, che ha imparato il russo dalla nonna.
La conoscenza della lingua la porta nel privé del locale con il figlio viziato e spensierato di una ricchissima coppia di oligarchi russi. Ivan (Mark Eydelshteyn) rimane ammaliato dall’energia e dalla positività di Ani (Mikey Madison) e le propone lo stesso accordo alla base di Pretty Woman: una settimana con lui, tra sesso e divertimento, per un compenso a cinque cifre. Anora accetta e viene catapultata in un mondo in cui il denaro ha un significato e un valore differente. È il cuore del cinema di Sean Baker, uno che sin dagli esordi racconta una giovane America che non può usufruire dell’ascensore sociale, che ormai è rotto. Come i protagonisti dei film che l’hanno preceduta, Anora è intelligente, spigliata, mossa da un’inesauribile energia vitale, ricolma di speranza.
Rispetto a Pretty Woman ci sono due differenze, cruciali, che rendono Anora cinema d’autore. La prima è che qui non si glissa sulla professione della protagonista. La commedia romantica di cui è protagonista Anora la vede prima fare sesso in ogni posizione e modo con il suo cliente Ivan, pian piano conquistando il suo cuore, ma senza mai scordarsi che lei è lì per soddisfare le sue voglie sessuali. Ivan tra l’altro si dimostra inconsapevole della vita “vera” anche in questo frangente, il suo modo di scopare figlio dei porno, trascurato, distratto quanto il suo spendere denaro o trattare i lavoratori attorno a lui.
Sean Baker distrugge le ipocrisie americane, ma non la speranza dei suoi protagonisti
La seconda differenza, sostanziale, è che Anora non è una fiaba di una Cenerentola che passeggia suoi vialoni di Rodeo Drive. Il film infatti si trasforma via via in un thriller a rotta di collo in cui Anora si risveglia dal suo sogno d’amore, accompagnando tre scagnozzi della famiglia di Ivan a rintracciarlo, perché il ragazzo si è dato alla fuga dopo averla sposata in una cappella di Las Vegas. Anora si ritrova ad avere a che fare con tre faccendieri ed energumeni, ma non perde la sua vitalità, il suo ottimismo, così come il film. Anora diventa un film alla Diamanti grezzi, una corsa febbrile tra le strade di Coney Island alla ricerca del fuggitivo, affrontando passaggi anche parecchio drammatici.
Il miracolo tonale di Sean Baker è di mantenersi in un territorio di humour, di velocissimi scambi verbali tra persone frustrate, di piccole verità e grandi consapevolezze. La storia sta spezzando il cuore ad Anora ma il film non le strappa, non ci strappa mai la speranza. Condotto da una Mikey Madison assolutamente portentosa (che potrebbe conquistare una nomination agli Oscar e che diventerà sicuramente una star), il film lavora nelle retrovie per culminare in un finale da antologia della storia del cinema, memorabile, bellissimo.
Lo fa nascondendo in piena vista un personaggio gregario che in realtà è cruciale, affidato al talento cristallino dell’attore russo Yuriy Borisov. Dopo un film dall’energia folle fatto di musica, di urla, di cose da una parte all’altra, Anora si chiude nell’abitacolo di una macchina, sotto la neve, tra il silenzio, con il rumore dei tergicristalli in funzione che punteggia la nascita di una nuova speranza. Non quella illusoria dell’ascensore sociale fuori uso degli Stati Uniti, ma quella di un rapporto autentico, condiviso.