Army of the Dead recensione film di Zack Snyder con Dave Bautista, Ella Purnell, Omari Hardwick, Ana De La Reguera, Matthias Schweighöfer e Nora Arnezeder
Se la scelta è tra morire sulla Strip o un altro giorno a girare hamburger da Lucky Boy, scommetto su qualche milione.
(Dave Bautista in Army of the Dead)
Una fellatio fatale, soldati che non guardano mai dove dovrebbero, uno zombie zompante in CGI: inizia così la nuova vita artistica di Zack Snyder post supereroi cinematografici DC Comics, dopo essere stato messo alla porta da WarnerMedia in concomitanza del riscatto personale ancor prima che artistico con il trionfo di Zack Snyder’s Justice League.
Army of the Dead con il suo esordio incasinato e pulp e i suoi coloratissimi titoli di testa sembra volerci preannunciare uno zombie movie sgargiante, spassoso ed irriverente consono al regno della perdizione di Las Vegas che diventa per l’occasione Las Vendetta, e noi non sappiamo se preoccuparci o meno, salvo poi imboccare saldamente i binari del genere e mostrarci che no, Zack Snyder non è stato travolto dalla deriva dei B-movie d’azione Netflix e riesce anche laddove Michael Bay con 6 Underground è caduto.
Nonostante le coloratissime ed esagerate premesse che si rivelano poi confinate ai titoli di testa, con Army of the Dead Zack Snyder mantiene la sua visione di cinema che sollecita le corde emozionali attraverso i personaggi e tutto ciò che li smuove, e poco importa che a questo giro il piano narrativo non funzioni allo stesso modo.
Valentine! È una caxxo di tigre zombie, mi sembra esagerato!
(Garret Dillahunt in Army of the Dead)
Spazzare via con una bomba nucleare a basso potenziale una Las Vegas infestata, blindata e a prova di arrampicata zombie, in occasione dei festeggiamenti del 4 luglio, mentre tutta l’aerea viene dichiarata off-limits e i residenti delle zone limitrofe confinati in quarantena per il pericolo che possano manifestare sintomi del contagio, fuori persino dalla giurisdizione degli Stati Uniti per contenere al meglio il dissenso e lavare i panni sporchi governativi lontano dai riflettori.
Stimolato dalla sua alta considerazione di sé come attore a tutto tondo (Blade Runner 2049, Hotel Artemis, l’imminente Dune) Dave Bautista inforca nuovamente gli occhiali da vista che a suo avviso probabilmente dovrebbero fare da contraltare e stemperare l’impatto visivo della sua massa muscolare sempre più possente e continua la sua crescita attoriale con una prova drammatica affatto banale, dalla tragedia della moglie soppressa con le sue stesse mani perché infetta al rapporto irrimediabilmente compromesso con la figlia (Ella Purnell) abbandonata a causa dell’incapacità di superare il suo tormento interiore.
E se per una volta, una volta soltanto, facessimo qualcosa per noi?
(Dave Bautista in Army of the Dead)
Uno scontro padre-figlia incentrato sul valore della perdita e della redenzione, che vira sapientemente in uno dialoghi migliori della pellicola, scritta da Zack Snyder insieme a Shay Hatten (John Wick 3-4-5) e Joby Harold (Obi-Wan Kenobi), sull’importanza del non mettere in pericolo il resto della squadra, perché in questa missione suicida sono tutti sacrificabili e hanno tutti qualcosa da perdere, in primis la famiglia.
Dalla torre di Gomorra che custodisce i duecento milioni di dollari da trafugare per incarico del boss di Las Vegas Bly Tanaka (Hiroyuki Sanada) a quella di Sodoma che conduce verso la salvezza rappresentata dall’elicottero per la fuga, e in mezzo l’inferno zombie nel quale i nostri si addentrano per provare a riuscire nell’impresa e poter così dare un senso alle loro vite, cambiare pagina e ricominciare.
È un ingresso ad un altro regno amici miei, e la Provvidenza vi ha portato da me. L’attraverseremo insieme.
(Matthias Schweighöfer in Army of the Dead)
Army of the Dead rispetta ossequiosamente tutti i crismi del genere, dal cerimoniale della formazione della squadra, eterogenea per caratteri, scopi, velleità e attitudini al combattimento, al rito dell’armamento, dalle armi automatiche agli affilati coltelli, dalla motosega circolare allo smartphone per i selfie in zona di guerra zombie.
La simpatia e le massime di Dieter (Matthias Schweighöfer) e Marianne (Tig Notaro), il coraggio di Maria (Ana de la Reguera) e Chambers (Samantha Win), le dinamiche buddy tra Dieter e Vanderohe (Omari Hardwick), i fini subdoli di Martin (Garret Dillahunt), il fascino affilato di Lilly (Nora Arnezeder), l’influencer ammazza-zombie Mikey (Raúl Castillo) e la presenza inutile e rischiosa di Kate (Ella Purnell), la figlia del protagonista Scott (Dave Bautista): cast e sviluppo corale che funzionano sullo sfondo di un’apocalisse zombie, mentre aleggia invisibile lo spettro della sin troppo umana sete di potere finalizzata alla creazione di zombie Alpha da laboratorio, da utilizzare per piegare il mondo padroneggiando una nuova ed implacabile arma di distruzione di massa.
Salve, mi chiamo Dieter e aprirò quello che non può essere aperto.
(Matthias Schweighöfer in Army of the Dead)
Il mito degli zombie Alpha più intelligenti, più veloci e più organizzati dei lenti, prevedibili e indifesi ai raggi solari Shambler (da non confondere con gli Shambler di The Last of Us) che si materializzano direttamente dai nostri incubi peggiori, riuniti in tribù e che considerano Las Vegas il loro regno e non la loro prigione, siedono in cima alla catena alimentare e sono pronti a mettere in ginocchio gli Stati Uniti con la loro progenie, scenario mostrato per immagini attraverso un morto vivente in vetta alla riproduzione della Statua della Libertà.
Da un lato il bestiario degli zombie, dall’altro il mito della cassaforte Götterdämmerung, chiamata proprio come il dramma musicale Il crepuscolo degli dei di Richard Wagner, la sfida personale di Dieter, ma anche di tutto il gruppo che varcandone la soglia potrebbe aprire le proprie vite ad un regno di possibilità infinite.
La mia vita è davvero insopportabile, se avessi due milioni di dollari potrei cambiarla radicalmente.
(Tig Notaro in Army of the Dead)
Regista, sceneggiatore e per la prima volta in un lungometraggio anche direttore della fotografia – notevole la sequenza dello scontro tra Dave Bautista e Ella Purnell che inizia in penombra e si conclude con il volto di lei illuminato dal sole, come a simboleggiare l’aver ritrovato il sereno con il padre e l’opportunità di concedergli il perdono spegnendo l’interruttore dell’odio nei suoi confronti – Zack Snyder costruisce un film più d’azione che d’orrore, incentrato sui temi della morte e della rinascita, della distruzione e del rinnovamento, dove tuttavia a prevalere è il lavoro sui personaggi rispetto alla visione d’insieme di una storia che trova soltanto attraverso la brutalità della morte inattesa i suoi maggiori sussulti emotivi, rivelandosi scarsamente orrorifica e mettendo in secondo piano la tensione delle dinamiche e del pericolo zombie se non attraverso le figure del leader Alpha Zeus (Richard Cetrone) e della sua Sposa (Chelsea Edmundson).
Una scena impressionante e potente, ancora una volta incentrata sul trauma della perdita vissuta dal protagonista interpretato da Dave Bautista, scuote gli animi e dà il via ad un lungo epilogo in cui l’azione divampa e Army of the Dead mostra tutta la potenza visiva del suo autore in un film che privilegia l’empatia per i personaggi sulla suspense, regalandoci almeno sul finale un paio di scene splatter memorabili, una firmata col sangue dalla zampata della tigre bianca zombie Valentine.
Army of the Dead: le frasi del film
Gli Alpha sono più intelligenti, più veloci e più organizzati, direttamente dai vostri incubi peggiori.
(Nora Arnezeder in Army of the Dead)
Ha speso tutti i soldi per quella caxxo di miniatura!
(Tig Notaro in Army of the Dead)