Beforeigners recensione serie TV di Anne Bjørnstad e Eilif Skodvin con Nicolai Cleve Broch, Krista Kosonen, Tobias Santelmann, Paul Kaye, Hedda Stiernstedt e Ágústa Eva Erlendsdóttir
Beforeigners: dispersi nel caos
– È da qui che osservi il cielo?
– Si… se non altro le stelle sono rimaste come le ricordavo. Il resto è in perenne mutamento.
(Beforeigners)
Piccole perle arrivano dal profondo nord, per la precisione dalla Scandinavia. Non è la prima volta che succede, sia nel mondo del cinema, sia nel mondo della serialità. Ovviamente parliamo di una grande tradizione: scomodando nomi importanti tiriamo in ballo i vertici del mondo del cinema quando nominiamo maestri come lo svedese Ingmar Bergman o il finlandese Aki Kaurismäki.
Poi c’è la Norvegia, una landa sconfinata e una delle nazioni più estese del Nord Europa, eppure talvolta ai margini della cinematografia o dei prodotti per il piccolo schermo.
La Norvegia al cinema e sul piccolo schermo
Anche se alcuni registi norvegesi come ad esempio Morten Tyldum sono riusciti ad affermarsi e ad avere successo anche fuori dai confini nazionali, grazie a pellicole come Headhunters – Il cacciatore di teste del 2011 o all’ancor più noto The Imitation Game del 2014, dedicato alla vita dello scienziato Alan Turing (interpretato magistralmente da Benedict Cumberbatch, che ha recitato di recente nel film con dodici candidature all’Oscar Il potere del cane di Jane Champion) e vincitore dell’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale dopo aver ricevuto ben otto nomination.
Nel mondo della serialità la Norvegia ha prodotto per Netflix serie come Ragnarok o Norsemen, anche se senz’altro uno dei prodotti seriali più originali prodotti in territorio norreno qualche anno fa è senz’altro Lilyhammer, prodotta dal 2012 al 2014 e trasmessa da NRK1 e Netflix.
Una geniale serie che trattava l’esodo di un mafioso di New York, interpretato da Steven Van Zandt (noto al grande pubblico per essere il celebre boss Silvio Dante ne I Soprano), che tenta di incominciare una nuova vita in Norvegia. Una dark comedy esilarante e gustosa a metà tra gangster movie e Terapia e Pallottole in salsa nordica.
I produttori di quella serie, Anne Bjørnstad e Eilif Skodvin, adesso hanno deciso di cimentarsi con la fantascienza e hanno portato sul piccolo schermo una delle serie probabilmente più originali degli ultimi anni: Beforeigners, frutto della cooperazione tra HBO e l’emittente norvegese Rubicon TV, e disponibile in Italia con le sue due attuali stagioni al completo su RaiPlay.
Beforeigners: la serie sui “migranti del tempo”
Il plot è semplice quanto indicativo: lampi di luce compaiono in una delle baie principali di Oslo, e dal nulla sbuca nel presente un gran numero di persone di epoche diverse del passato. Dall’età della pietra, dall’età vichinga e dall’Ottocento: tutti questi “migranti” delle ere preesistenti affollano un presente che non è più il presente, ma una vera e propria babele temporale.
Ma invece di mostrare lo smarrimento iniziale di questa fase concitata la serie, sin da subito, ci mostra il dopo: il “pasticcio” sovratemporale ha trasformato la società in un melting pot di generi, identità e tradizioni diverse che in un modo o nell’altro riescono a convivere l’una accanto all’altra.
Integrazione e disintegrazione
La ricetta vincente della serie è proprio in questo metterci di fronte al fatto compiuto. Assistiamo ad un vero e proprio scontro “generazionale”, ma dove le generazioni sono a dir poco lontane tra di loro.
Questi “migranti temporali” lottano per integrarsi nella moderna società norvegese, ma con esiti diversi e divergenti: alcuni individui hanno trovato lavoro come impiegati, insegnanti, mentre altri hanno preferito ripudiare la “contemporaneità” e rifugiarsi in un passato cancellato dalla storia.
In tal senso Beforeigners racconta in modo molto creativo, ma conciso, tutto ciò che riguarda la problematica razziale e xenofoba nella società Occidentale.
Elementi come ricchezza e chiusura mentale, povertà e dissoluzione, tradizione e progresso o, per chiudere il cerchio, cultura e arretratezza coesistono contemporaneamente senza stridere e senza sfociare nell’illogico.
Ci troviamo di fronte quasi ad un interessante esperimento sociologico: come convivere con le nostre radici, con i nostri antenati e con il sostrato anche più oscuro del nostro albero genealogico. Si può sopravvivere a questo miscuglio oppure si è ineluttabilmente destinati alla frattura, alla deriva?
Surreale, dark e irriverente
Per quanto abbiamo precedentemente detto qualcuno potrebbe pensare che stiamo parlando di una serie dai toni estremamente cupi e pesantemente gravi.
Nulla di più sbagliato.
Come già fatto in Lilyhammer, Anne Bjørnstad e Eilif Skodvin, con il supporto del connazionale regista Jens Lien dietro la cinepresa, intavolano una narrazione che esce fuori dai binari del consueto raccontare e che rimarca i canoni già visti in altri prodotti targati HBO. Non di rado, infatti, emerge nei personaggi il senso del grottesco e un umorismo spesso e volentieri a tinte dark.
Chi si muove sulle scene non è mai un essere monolitico. Personaggi antichi e moderni lottano contro i propri demoni e sono continuamente in bilico tra la luce e l’oscurità.
Se i “buoni” sono tutt’altro che privi di macchia, i “cattivi” spesso risultano pervasi dallo smarrimento, dalla stanchezza. E talvolta suscitano persino un sincero moto di compassione.
La realtà è infatti tutt’altro che univoca: e Beforeigners mescola bene tutti gli aspetti del reale fondendoli perfettamente con il sovrannaturale, in modo che l’uno diventi la naturale estensione dell’altro. Ed anche qui la scommessa è azzeccata: thriller, giallo, mistery, fantascienza e fantasy si sovrappongono senza per forza predominare l’uno sull’altro.
Un cast Glocal
Chiudiamo la nostra recensione spendendo parole buone anche per il cast: una scelta di attori rigorosamente “locale” (in senso scandinavo), ma sinceramente ben protesa alla dimensione concettuale “globale” verso cui si orienta la serie.
Il norvegese Nicolai Cleve Broch (che ha recitato anche nel film del 2010 Essential Killing del regista polacco Jerzy Skolimowski) e la finlandese Krista Kosonen possono risultare nomi poco noti al pubblico mitteleuropeo. Ma di certo sono perfetti per interpretare e rappresentare al meglio la dimensione ampia, ma allo stesso tempo “ristretta”, che ingloba le vicissitudini extra-temporali raccontate in Beforeigners.
Probabilmente spostare altrove l’attenzione avrebbe potuto attenuarne la resa scenica. Invece osserviamo un prodotto perfettamente inquadrato all’interno del proprio registro e inequivocabilmente dipinto dentro i margini della propria cornice.