Bergamo Film Meeting: tutti i vincitori della 39° edizione. La storia del Festival, le sue sezioni e gli omaggi a Márta Mészárods, Jerzy Skolimowski, Volker Schlöndorff e Agnès Varda
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Il Bergamo Film Meeting è stato fondato nel 1983 dal giornalista Sandro Zambetti con lo scopo di promuovere la conoscenza e la diffusione della cultura cinematografica sul territorio locale e nazionale, valorizzando al contempo i luoghi simbolo della cultura bergamasca quali: il Teatro Donizetti, l’Auditorium di Piazza Libertà, l’Accademia Carrara e Santa Maria Maggiore. Il festival cinematografico non si compone solo di proiezioni di opere inedite e retrospettive, ma sono centrali gli incontri con gli autori, i workshop, i laboratori e altre attività collaterali al mondo cinematografico e dell’arte.
Le sezioni del Bergamo Film Meeting si compongono di Europe, Now! dedicata alla personale di registi europei emergenti, Visti da Vicino, la quale presenta documentari di giovani autori indipendenti, e dalla Mostra Concorso introdotta nel 1987 con un premio per i primi tre classificati assegnato su giudizio del pubblico. Quest’anno l’organizzazione del festival tramite le piattaforme online di MYMovies e MUBI ha permesso agli organizzatori di ampliare le sezioni del programma e il catalogo di film, realizzando un omaggio ai registi Márta Mészárods e Jerzy Skolimowski, una retrospettiva storica a Volker Schlöndorff e una selezione di cinque film di Agnès Varda per ricordare il suo lavoro dopo la scomparsa nel marzo del 2019.
Bergamo Film Meeting 2021: i vincitori della Mostra Concorso
I film che hanno composto questa particolare edizione sono molti, circa centocinquanta, rappresentativi di generi e autori diversi. Di questi, sette sono in competizione per il Premio Bergamo Film Meeting che quest’anno è stato vinto da Une vie démente di Raphël Balboni e Ann Sirot (Belgio, 2020). Al secondo posto Rafits di Sonia Liza Kenterman (Grecia, Germania, Belgio 2020) e al terzo Pun mjesec di Nermin Hamzagić (Bosnia Erzegovina 2019).
Une vie démente di Raphël Balboni e Ann Sirot racconta la storia di Alex e Noémie, entrambi sulla trentina, e il loro desiderio di avere un figlio. I loro piani sono sconvolti quando la madre di Alex, Suzanne, inizia a comportarsi in modo piuttosto strano a causa di un disturbo neurodegenerativo progressivo, la “demenza semantica”. La patologia influisce sul suo comportamento, che diventa imprevedibile. I ruoli finiscono per invertirsi e l’accudimento nei confronti di Suzanne diventa per Alex e Noémie motivo di confronto per la loro relazione e le loro capacità genitoriali.
I registi hanno presentato il loro film dichiarando:
La malattia di Suzanne, la “demenza semantica”, ha fatto parte della nostra vita e abbiamo dovuto affrontarla a livello personale. Fare i conti con la consapevolezza che i tuoi genitori stanno invecchiando quando hai appena compiuto trent’anni, ti fa sentire come se la tua vita si debba sospendere. A trent’anni ci si è appena affacciati alla vita adulta, la morte non è ancora contemplata. A quell’età è il momento di tuffarsi a piene mani nella propria esistenza. […] Invece, Alex inizia a rendersi conto che la malattia della madre può portarlo a una comprensione nuova, più profonda della vita. […] Il film è un racconto di formazione, un percorso verso l’emancipazione. Nell’imparare ad accettare Suzanne per quello che è, smettendo di preoccuparsi di come viene vista dalla società, Alex cambia il proprio rapporto con il mondo esterno e sospende il giudizio sul comportamento di Suzanne. Vede sua madre come una persona, al di là del rapporto tra genitori e figli, vede Suzanne come qualcuno da amare e da apprezzare semplicemente per quello che è.
(Raphël Balboni e Ann Sirot su Une vie démente)
La giuria internazionale, presieduta da Martha Otte (senior programmer del Tromsø International Film Festival) e composta da Dominique Cabrera (regista) e da Luciano Barisone (giornalista e critico cinematografico), ha consegnato il Premio per la miglior regia a Rafits di Sonia Liza Kenterman (Grecia, Germania, Belgio 2020).
Bergamo Film Meeting 2021: i vincitori di Visti da vicino
Il voto del pubblico ha assegnato il Premio Miglior Documentario CGIL Bergamo per la sezione Visti da vicino al documentario Lobster Soup di Pepe Andreu e Rafa Molés (Spagna, Islanda, Lituania 2020), ambientato in un piccolo villaggio islandese dove i turisti e la lava di un vulcano sembrano spingere l’intero villaggio nel mare. Così le loro storie rischiano di scomparire, come l’ultima zuppa di aragosta preparata da Krilli e servita al caffè Bryggjan dove una volta al mese tutti gli abitanti si incontrano.
Il Premio della Giuria CGIL – La Sortie de l’Usine, attribuito dai delegati sindacali di CGIL Bergamo al documentario che meglio affronta i temi legati al mondo del lavoro e del sociale, è stato consegnato a Alt det jeg er di Tone Grøttjord-Glenne (Norvegia, 2020).
La stessa giuria ha deciso di concedere una menzione speciale «per il valore della fotografia e per gli accenni a un mondo del lavoro completamente stravolto negli ultimi quarant’anni, a seguito della situazione storico-politica del Paese» a My Piece Of The Earth di Maka Gogaladze (Georgia, 2019).
Ritorno in sala all’Auditorium di Piazza della libertà
Bergamo Film Meeting ha chiuso questa edizione online con la proiezione sul grande schermo di quattro cult che hanno fatto la storia del cinema, dando appuntamento al suo pubblico presso l’Auditorium di Piazza della Libertà da domenica 2 a martedì 4 maggio: il thriller di Alfred Hitchcock L’uomo che sapeva troppo remake dell’omonimo film del 1934 diretto dallo stesso regista; per poi proseguire con tre brillanti commedie firmate da altri grandi maestri del cinema: Il letto racconta di Michael Gordon, Quando la moglie è in vacanza di Billy Wilder e Non mandarmi fiori! di Norman Jewison.
Bergamo Film Meeting Onlus in collaborazione con Lab 80 ha infine presentato la prima visione di Nuovo cinema paralitico, il nuovo film di Davide Ferrario: un viaggio nell’Italia contemporanea con il poeta Franco Arminio.