Berlinguer – La grande ambizione recensione film di Andrea Segre con Elio Germano, Paolo Pierobon, Paolo Calabresi, Giorgio Tirabassi e Francesco Acquaroli [RoFF19]
A inaugurare la 19° edizione della Festa del Cinema di Roma è stato l’atteso Berlinguer – La grande ambizione di Andrea Segre. Il film inizia senza chiedere il permesso, nel momento in cui la strada dell’uomo come segretario del partito è già avviata, dalla nascita del sogno del Compromesso Storico alla sua definitiva disfatta con la tragica conclusione del caso Moro.
Sofia, 1973. L’incidente, che per il più amato esponente del PCI appare tutt’altro che tale, pone subito le basi per una pellicola carica di tensioni.
Gli anni sono quelli “di piombo”, segnati dalla strategia della tensione, durante i quali una risata o un racconto pittoresco vengono spesso bruscamente interrotti dal fumo asfissiante degli attentati. Ma la tensione è anche quella tra Berlinguer e le schiere di individui che lo circondano e, soprattutto, quella che si percepisce a ogni sequenza che si prolunga più del solito, seguendo il nostro protagonista mentre attraversa gli stretti corridoi di casa o si dirige verso la macchina a tarda ora. Pur conoscendo l’epilogo, quell’assillante stato d’ansia cresce man mano che la radio, il giornale, o una semplice telefonata portano alle orecchie del prossimo potenziale bersaglio la notizia dell’ennesimo, efferato atto sovversivo.
Elio Germano riesce a veicolare questa tensione, tirata quasi al punto di rottura, con la sua solita dedizione totale al personaggio interpretato. Il suo volto, sempre riconoscibile, si perde nuovamente in una grande figura storica alla quale conferisce nuovi connotati. Ci convince che sì, quel Berlinguer che vediamo, pur differendo per vari motivi dall’originale, è una persona completa, che vive anche oltre lo schermo, forse dietro di esso, nascosto in qualche altro universo il cui accesso è a noi precluso.
Germano convince così tanto che, una volta arrivati alla fine, si sente la mancanza di qualcosa, di una conclusione che dia un senso di chiusura questi eventi. Perché sì, il film è proprio uno spaccato della vita del politico e dell’Italia intera, ma non si distingue un percorso evolutivo ben preciso. Gli eventi si susseguono così come sono accaduti, pur non rappresentando sempre la richiestissima “realtà dei fatti”, ma piuttosto un’interpretazione di ciò che potrebbe accadere dietro le porte ben sbarrate della classe dirigente italiana, e non solo.
L’ombra degli Stati Uniti incombe, insieme alla (poco) amichevole minaccia sovietica, mentre il compromesso per portare una vera unità nell’Italia unita diventa un dilemma spinoso. Ma tutto rimane sullo sfondo, insieme alla figura di Berlinguer, che ne esce sfocata e tratteggiata solo in linee sommarie. A mergere forse più di tutto è quell’ossessiva ricerca di 50 mila lire perse tra le miriadi di pagine custodite nella ricca biblioteca personale. E che gioia quando finalmente saltano fuori! Con quelle si va a cena, con le parole di Rosa Luxemburg è più complicato.
La conclusione è lasciata alle didascalie che scorrono a fronte di immagini di repertorio suggestive, che punteggiano insieme a un commento sonoro ipnotico e alienante, opera di Jacopo Incani, in arte Iosonouncane.
Forse è proprio questa coerenza e fedeltà alla sua linea di pensiero che Segre ha voluto mostrarci il fatto che Berlinguer sia rimasto saldo nelle sulle sue convinzioni, senza mai considerare di fare un passo indietro o sottomettersi a macchinazioni più grandi di lui e del popolo che rappresentava. La visione era quella e quella doveva prevalere, senza lasciare indietro nessuno; aprendosi al dialogo, se necessario, ma mai svendendo le proprie idee. Questo suo modo di essere ha finito per forgiare la Storia con la “S” maiuscola. Tuttavia, forse, non basta la grandezza di un nome per creare una grande storia, quella con la “s” minuscola.