Black Box recensione film del ciclo Welcome to the Blumhouse di Emmanuel Osei-Kuffour con Mamoudou Athie, Phylicia Rashad e Amanda Christine
Nato dall’accordo tra Amazon e Blumhouse per la realizzazione e distribuzione di quattro lungometraggi della raccolta Welcome to the Blumhouse destinata ad Amazon Prime Video, Black Box, film del 2020 diretto da Emmanuel Osei-Kuffour Jr. con protagonisti Mamoudou Athie e Phylicia Rashad, è un’intrigante racconto di un uomo affetto da amnesia a causa di un’incidente dove ha perso la vita sua moglie, nonché madre di sua figlia. Sicuramente un bel colpo per Amazon, che si porta a casa un film non certo perfetto, ma comunque tanto interessante da suscitare la curiosità negli spettatori.
La storia dietro Black Box non sembra eccessivamente elaborata, ma, man mano che la narrazione avanza, il mistero inizia ad infittirsi. Come abbiamo già detto, il protagonista della storia è un padre che ha perso la memoria nell’incidente mortale che gli ha portato via la moglie. Noi lo vediamo dopo sei mesi dal tragico evento, in una casa invasa da post-it e disordine all’interno della quale vive con la figlia, che lo aiuta a ricordare.
In costante passaggio da una cura all’altra, grazie al suo migliore amico scopre una terapia sperimentale che potrebbe aiutarlo a recuperare la memoria.
Black Box sembra essere una sorta di risposta a Black Mirror, la serie antologica i cui diritti sono al momento in mano a Netflix, il principale competitor di Amazon. Anche in questo caso, infatti, la tecnologia ha una funzione centrale, distopica almeno quanto la fortunata serie anglosassone.
A livello di messa in scena sono state utilizzate delle soluzioni spesso già viste, ma che risultano comunque interessanti per il modo in cui sono state legate alla narrazione. Per quanto riguarda regia e fotografia, invece, ci troviamo sui canoni dell’horror odierno, con movimenti di camera che intensificano l’inquietudine di determinate situazioni e un’illuminazione molto incentrata sulle ombre, con una palette che varia senza difficoltà da toni caldi a toni freddi.
C’è da dire, però, che, a parte alcune scene un po’ più inquietanti, Black Box non è propriamente un’horror nella sua accezione più pura. Rientra, piuttosto, nella fruttuosa categoria degli horror psicologici, dove lo spavento viene messo in secondo piano rispetto le tensioni emotive e le incertezze create dall’instabilità mentale dei protagonisti, splendidamente interpretati da Mamoudou Athie e Phylicia Rashad.
La pellicola di Emmanuel Osei-Kuffour non si perde quasi mai dietro inutili pretesti per spaventare, rimanendo fedele alla sua natura, dando ampio spazio alla narrazione senza opprimerla con virtuosismi fini a loro stessi.