Black Panther: Wakanda Forever recensione film di Ryan Coogler con Letitia Wright, Lupita Nyong’o, Angela Bassett, Danai Gurira, Winston Duke, Dominique Thorne e Tenoch Huerta
Arriva nelle sale Black Panther: Wakanda Forever, l’attesissimo secondo capitolo su Pantera Nera, dopo l’addio a Chadwick Boseman
È sempre triste quando muore un supereroe, come abbiamo visto con lo “snap” di Thanos alla fine di Infinity War, o a più riprese in Avengers: Endgame, ma la perdita di Black Panther è estremamente più dolorosa.
Come sapete, il suo interprete, Chadwick Boseman, ci ha lasciati il 28 agosto 2020, a causa di un tumore. È grazie a lui che il mito di Black Panther è arrivato ad una platea così ampia, è a lui che centinaia di bambini si sono ispirati, è stato Boseman a diventare un modello e un simbolo, e a rappresentare così intensamente la comunità black nell’Universo cinematografico Marvel.
Ed è naturale che a lui sia dedicato il sequel del film sul supereroe al quale ha dato il volto sul grande schermo (e la voce sul piccolo schermo): Black Panther: Wakanda Forever.
È chiaro fin dal trailer che la scomparsa di Boseman è rispecchiata nel film dalla morte di Re T’Challa, in circostanze che vi lasciamo scoprire; privato apparentemente del suo protettore, il Wakanda finisce nel mirino di diverse potenze mondiali, interessate ad impossessarsi del vibranio. Quando un misterioso scienziato costruisce un macchinario capace di trovare il minerale, le forze militari statunitensi ne individuano un giacimento fuori dai confini del Wakanda, nell’area appartenente ad una nazione sottomarina chiamata Talokan.
E, ancora ferito dal suo lutto, il Wakanda dovrà farsi coraggio per affrontare un nuovo nemico, che viene dal mare: Namor.
Nel nuovo capitolo dedicato a Pantera Nera, diretto ancora da Ryan Coogler, ritroviamo parte del cast del primo film: Laetitia Wright (Shuri), Lupita Nyong’o (Nakia), Danai Gurira (Okoye), Winston Duke (M’Baku), Martin Freeman (Everett Ross) e Angela Bassett (Ramonda).
Ma ci sono anche new entry importanti: primo fra tutti Tenoch Huerta, nei panni di Namor, Michaela Coel, che intrepreta Ayo, e Dominique Thorne, nel ruolo di Riri Williams, alias Ironheart, la quale sarà protagonista di una serie tutta sua, disponibile nel 2023.
Black Panther: Wakanda Forever è una pellicola che, come la storia che racconta, prende le mosse dalla perdita del suo eroe, la affronta, e riesce a risollevarsi contando solo sulle proprie forze: nonostante sia pesantissima l’assenza di T’Challa, il film riesce a porgergli il giusto omaggio, senza rimanerne troppo indebolito e sviluppando una storia in autonomia.
La trama si dipana nella maniera classica di un cinecomic: un nuovo villain mette in pericolo i protagonisti, fino ad una grande battaglia nell’epilogo; quello che, però, differenzia Black Panther: Wakanda Forever dagli altri cinecomics, sta nelle sfumature.
Innanzitutto, la storia di un Paese ferito che cerca di risollevarsi nonostante sia continuamente minacciato dalle altre potenze mondiali a causa del possesso di risorse importanti, trova facilmente un parallelismo con l’attualità.
Soprattutto, Black Panther: Wakanda Forever si dimostra una pellicola fortemente femminista. Le sorti del Wakanda si poggiano sulla forza delle donne protagoniste: Shuri, che ha appena perso il fratello, farà del tutto per proteggere il suo popolo, mettendo l’elaborazione del suo lutto in secondo piano; Laetitia Wright è bravissima e fa risplendere un personaggio che, fino ad oggi, era rimasto piuttosto in ombra. Ramonda, interpretata da una sempre impeccabile Angela Bassett, deve sostenere gli obblighi da regina, ma anche il dolore per la perdita di un figlio.
Al loro fianco, Nakia, Okoye e la new entry Riri Williams faranno del tutto per contribuire a proteggere il Wakanda.
A farne le spese narrativamente è l’altro nuovo ingresso importante nell’MCU: il personaggio di Namor appare quasi in secondo piano, come se rimanesse un passo indietro rispetto alle protagoniste. La parte del film dedicata alla sua storia ed al suo mondo è uno dei momenti più deboli della pellicola, sia a livello visivo che per quanto riguarda il ritmo del racconto.
Uno dei problemi della pellicola è proprio l’incostanza del ritmo, che appesantisce la narrazione. Forse sarebbe stato possibile ridurre a due ore la massiccia durata del film (160 minuti).
Perdendo un po’ “l’effetto sorpresa” del primo film, questo è un capitolo più adulto, più intimo, ma che integra maggiormente il Wakanda all’interno dell’arco narrativo Marvel, laddove Black Panther risultava quasi un outsider (avendo lasciato a Civil War il compito di fare da tessuto connettivo).
Black Panther: Wakanda Forever chiude la Fase 4 dell’Universo cinematografico Marvel, non con i fuochi d’artificio che ci saremmo aspettati (e nei quali forse speravamo), ma con un un film dolceamaro, che dice addio ad uno dei suoi eroi, allo stesso tempo aprendo a nuove storie e a nuovi protagonisti (importantissima, a questo proposito, la scena post-credit).
Abbracciare il lutto, parlarne e cercare di sopravvivergli, per poi rinascere più forti di prima: nessuno, all’interno della Marvel, potrà e vorrà sostituire Chadwick Boseman, ed è questo il messaggio principale di Black Panther: Wakanda Forever. Ma dai suoi insegnamenti può nascere qualcos’altro, qualcosa di nuovo, che non sarà né meglio né peggio, solo diverso.
Black Panther: Wakanda Forever è un film tutt’altro che perfetto, ma è anche una delle pellicole più intense e intime della Marvel, un omaggio appassionato all’unico e vero Black Panther.