Blade Runner 2049

Blade Runner 2049 recensione

Recensione del film Blade Runner 2049 diretto da Denis Villeneuve con Ryan Gosling, Harrison Ford, Robin Wright, Ana de Armas, Jared Leto, Sylvia Hoeks e Dave Bautista.

Guardare Blade Runner significa ascendere alle sommità della storia del cinema di fantascienza, pellicola di culto capace come nessun altra di trasmettere il genio di Philip K. Dick sul grande schermo ed alimentarne la fama nei secoli a venire.

Ridley Scott (regia), Hampton Fancher e David Webb Peoples (sceneggiatura), Jordan Cronenweth (fotografia), Vangelis (colonna sonora), Harrison Ford (cast artistico) composero un poema visivo, un capolavoro dell’arte che raggiunse vette mai esplorate prima grazie a tanti fattori che concorsero insieme nella vita e nel lavoro di quel cast tecnico e artistico, quell’unica volta nell’arco di una vita.

Capostipite del cyberpunk, Blade Runner anticipa e traccia la rotta della fantascienza a venire, proprio come il visionario Philip K. Dick nelle sue opere, aprendo uno squarcio inquietante sull’evoluzione della nostra stessa società, apatica e distaccata, assuefatta alla manipolazione e alla dissimulazione della realtà, schiava dei vizi e delle intelligenze artificiali, alla ricerca del divino tecnologico al quale sottomettersi alla fine di una folle corsa durante la quale il prossimo e gli altri si sono ridotti a figure sbiadite.

Per i ‘lavori in pelle’ avere una vita e trascorrerla nella paura non significa viverla, angosciati dal dramma della scoperta di essere oggetti. L’uomo, parimenti, chiuso nella sua soggettività si riduce ad oggetto per gli altri, in competizione con i replicanti.

Da qui parte Blade Runner 2049, ambiziosissimo sequel diretto da Denis Villeneuve, autore de La Donna che Canta, Sicario, Prisoners, Arrival, uno dei migliori registi della sua generazione.

Blade Runner 2049 si presenta mostrandoci sin da subito un blade runner atipico, sia nelle sue modalità di ingaggio e ritiro dei replicanti che nella sfera personale e sessuale.
L’agente K, interpretato dal talentuoso Ryan Gosling, si muove in uno scenario imponente nel quale le ambientazioni del cult originale sono ricreate fedelmente.

Manca a Villeneuve ciò che invece splendidamente trasmette Shinichiro Watanabe con il cortometraggio animato Blade Runner: Black Out 2022: il senso di rivalità degli esseri umani nei confronti di una specie artificiale dotata di maggiore forza e capacità fisiche che, a partire dalla generazione NEXUS 8 ossia l’ultima classe di replicanti prodotta dalla Tyrell Corp., non soffre limitazioni biologiche nella durata della vita.

Le indagini dell’agente K vengono raffigurate in universo che espande quello di Blade Runner, in un crescendo narrativo nel quale Villenueve si confema essere maestro e lo spettatore si immerge con fiducia, seppur non consapevole di una serie di eventi dei quali di fatto rimarrà all’oscuro.

In Blade Runner 2049 i NEXUS 9 sono replicanti obbedienti, incapaci di nutrire rabbia e desideri di libertà e ribellione, sono esseri privi di anima.
E l’agente K, incurante della morte e della società che gli gira attorno, morbosamente legato alla sua compagna virtuale Joi (Ana de Armas, sorprendentemente al meglio nella parte), sembra davvero esserlo senz’anima.

I replicanti hanno un nuovo padre: lo scienziato Niander Wallace (Jared Leto, ancora una volta non all’altezza dopo la prova assolutamente fuori contesto in Suicide Squad), che come visto in 2036: Nexus Dawn ha rilevato la Tyrell Corp. ascendendone a nuova guida spirituale.
Creatore di angeli, in grado di far proliferare la specie umana grazie alle colonie extramondo e alla sua profonda conoscenza nel campo della genetica e nella riproduzione di animali sintetici commestibili e coltivazioni vegetali.

Blade Runner 2049 si solleva bene in volo, tutto è potente e teso a stupire, dalla fotografia del tredici volte nominato all’Oscar Roger Deakins agli incredibili set curati da Dennis Gassner. Dietro la macchina da presa è palpabile l’intento nobile ed appassionato di continuare una grande storia.

Per l’opera di Villeneuve le difficoltà non sono il decollo o l’importante sforzo artistico messo a disposizione di un grande progetto, e sinceramente non sono nemmeno rappresentate dalla caratterizzazione dei personaggi, evidentemente non all’altezza dell’originale, eccetto la bravissima Robin Wright nelle vesti di Madame Joshi, tenente della divisione Blade Runner.

Il volo e la traiettoria che questa grande avventura vuole provare a raccontare sono la vera difficoltà di Blade Runner 2049.

E l’apparizione di Rick Deckard, tra i più grandi character della storia della fantascienza interpretato dal mito Harrison Ford, accorre in aiuto per ancorare in salvo il film prima che si disperda verso tematiche più grandi di esso, mostrando i limiti naturali che può un seppur grande sceneggiatore patire nel provare ad espandere la visione di uno dei padri della fantascienza.

Un NEXUS 9 (Sylvia Hoeks) che soffre, piange ed uccide senza che sia tuttavia possibile sapere quali emozioni provi, un creatore di angeli che vuole cambiare il volto della razza umana scontrandosi coi limiti imposti dalla Natura che egli stesso sembra non comprendere, NEXUS 8 esiliati ridotti a figure sbiadite e quasi del tutto assenti…

Nel momento più alto, a metà circa del film, Blade Runner 2049 si perde avviluppandosi su se stesso e sugli eventi e personaggi dell’originale Blade Runner.
A volte sembra quasi che Villeneuve copra come un bambino geloso la storia che vorrebbe raccontarci, ma che tuttavia non riesce a far battere ed esplodere nel cuore dell’immenso progetto che ha allestito con indiscutibile amore e passione.

‘Tutto ciò che vuoi sentire, tutto ciò che vuoi vedere’ ci dirà la bella Joi, ma purtroppo Blade Runner 2049 non racconta ciò che vorremmo vedere, ciò che vorremmo sentire.

La summa di Blade Runner ‘Ma gli androidi sognano pecore elettriche’ non deve intimorire, Philip K. Dick ci sussurra una lettura tanto genuina quanto semplice: Ma gli androidi sognano di diventare esseri umani?

Se Blade Runner 2049 è il viaggio in solitaria e la speranza di un replicante che sogna di diventare un essere umano, interpretato è bene sottolinearlo da un clamoroso Ryan Gosling, l’intento di raccontare una buona storia è riuscito.
Tuttavia Blade Runner 2049 prova ad essere molto altro, e tentenna, barcolla e cade, fragile e dubbioso come nel mostrarci dopo 35 anni la figura di Deckard, provando a rimetterne in discussione la tormentata natura, salvo poi ripensarci, forse.

Nato o creato come sequel di Blade Runner, Blade Runner 2049 si rivela sterile, il che rappresenta il suo stesso paradosso.
Ma verseremo ugualmente lacrime nella pioggia pensando al cult del 1982.

Sintesi

A volte sembra quasi che Villeneuve copra come un bambino geloso la storia che vorrebbe raccontarci, ma che tuttavia non riesce a far battere ed esplodere nel cuore dell'immenso progetto che ha allestito con indiscutibile amore e passione.

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