Blue Bayou recensione film di Justin Chon con Justin Chon, Alicia Vikander, Mark O’Brien, Linh-Dan Pham, Sydney Kowalske, Vondie Curtis-Hall e Emory Cohen
Un’inquadratura sul bayou. Una donna su una barca intona una ninna nanna in coreano. Il colore violaceo prevale sul quadro che riempie lo schermo. Il viola che si mescola al blu. Il Blue Bayou. Inizia così l’ultimo film scritto, diretto e interpretato da Justin Chon presentato alla 74ª edizione del Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard.
È una sfida contro l’ingiustizia Blue Bayou: il racconto di una battaglia contro l’emigrazione e l’espatrio che sprofonda nel vortice della disperazione. E che finisce per tirare con sé tutto il bene che una persona possiede: gli affetti, la famiglia, gli amici.
Succede questo ad Antonio LeBlanc (Justin Chon), coreano adottato quando era bambino, sballottato da una famiglia a all’altra, l’ultima con l’esigenza di sfogare su di lui tutta la violenza che un uomo possa avere. E non basta essere sposato con un’americana, la bella Kathy LeBlanc (Alicia Vikander) per risolvere la questione di Stato. Nemmeno la figlia piccola di Kathy, Jessie LeBlanc (Sydney Kowalske), avuta con un altro uomo, e una bimba in arrivo possono tenerlo ancorato al paese in cui è cresciuto.
Nessuna legge approvata prima del 2000 può tutelare il destino di qualcuno, soprattutto se si parla di emigrazione.
Blue Bayou è la storia di tutti gli emigrati costretti ad abbandonare il proprio paese. E Justin Chon, di origini coreane anche lui, si è liberato della parte da teenager che ha indossato per interpretare Eric Yorkie nella saga di Twilight, crescendo e migliorandosi. Tatuaggi, capelli corti e barba lo caratterizzano nel suo quarto lungometraggio, ormai approdato ad una filmografia più matura.
Tra buone inquadrature piene di colori, i volti bellissimi di Justin Chon e Alicia Vikander brillano di luce propria, calati bene in parte, empatici anche in una storia così triste e vera, con reali testimonianze sul finire del film che non rinunciano a denunciare i soprusi che sono accaduti e che continueranno a esserci in un sistema giudiziario così intransigente.
C’è tanto sacrificio e voglia di salvare la propria famiglia in Blue Bayou. L’amore verso ciò che ha sottratto il protagonista dal dolore del passato infausto è il motore che muove la sua vita. Struggente, come il finale che non lascia scampo al fiume di lacrime che invadono il cuore del pubblico, perché immedesimarsi diventa tanto naturale. Pur contando su aspetti tecnici pregevoli e alcune inquadrature ben riuscite, la pellicola potrebbe risultare di nicchia agli occhi dei più, soprattutto per lo stile personale del regista nel raccontare questa storia dolorosa. Blue Bayou rimane comunque un film ben riuscito che strappa via una riflessione fin troppo attuale: il più forte vince sempre sul più debole, nell’America in cui il distintivo ha tutto un altro potere.