Borderlands

Borderlands recensione film di Eli Roth con Cate Blanchett [Anteprima]

Dopo numerosi slittamenti, arriva finalmente in sala l'attesissima trasposizione sul grande schermo di una delle saghe videoludiche più amate di sempre.

Borderlands recensione film di Eli Roth con Cate Blanchett, Kevin Hart, Jack Black, Edgar Ramírez, Ariana Greenblatt, Florian Munteanu e Jamie Lee Curtis [Anteprima]

di Giovanni Pesaresi

Borderlands di Eli Roth (Credits: Lionsgate)
Borderlands di Eli Roth (Credits: Lionsgate)

Borderlands, diretto da Eli Roth, non segue la trama di nessun titolo della trilogia, ma racconta invece una storia originale riprendendo personaggi, luoghi e atmosfere della saga.

La protagonista del film è Lilith (Cate Blanchett) una famigerata fuorilegge dal passato misterioso. Torna a malincuore sul suo pianeta natale Pandora, per ritrovare Tiny Tina (Ariana Greenblatt) la figlia scomparsa di uno dei più potenti boss dell’universo, Atlas.

Per riuscire in questa impresa, Lilith stringe un’alleanza con una squadra inaspettata: Roland (Kevin Hart) un ex mercenario d’élite ora alla disperata ricerca di redenzione, Krieg (Florian Munteanu) il protettore di Tina, Patricia Tannis (la sempre grande Jamie Lee Curtis) una scienziata con un disturbo della pèrsonalità e soprattutto Claptrap, un robot saccente che avrà come “compito principale” quello di indisporre tanto i protagonisti quanto gli spettatori.

Eli Roth ha rappresentato negli anni Duemila un esempio di regista completo, fervente militante di un cinema orgogliosamente alternativo. È stato in grado di mischiare l’horror al comico come Sam Raimi, di parlare della società per metafore come John Carpenter e di “lavorare” sui corpi come solo Brian Yuzna e pochi altri avevano saputo fare negli anni Novanta.

Roth è una sorta di ribelle privato che ha lavorato per rievocare e rinnovare i vocabolari visivi del cinema di genere, riuscendo a dare vita, talvolta, a veri e propri cult come i primi due Hostel o Cabin Fever. Una filmografia non (ancora) foltissima, con nove pellicole all’attivo, ma più o meno tutta visceralmente legata a un ideale cinematografico estremo: l’ideale di un cineasta integralista nella sua vocazione assoluta e priva di compromessi.

L’ultimo lavoro, Thanksgiving, rappresenta il parossismo di questa sua predisposizione: un film impegnato ma non impegnativo, come dovrebbe essere un grande slasher alla Wes Craven. Ha rispolverato un genere complicato da mettere in scena, dimostrandosi per l’ennesima volta per ciò che è: un grande autore di genere e sicuramente non il mestierante per cui i tanti detrattori vorrebbero farlo passare.

Borderlands di Eli Roth (Credits: Lionsgate)
Borderlands di Eli Roth (Credits: Lionsgate)

Il soggetto di Borderlands, famoso videogioco noto per la sua ironia unica, la violenza estrema e l’inclinazione anticonformista, sembrava perfetto per la filosofia cinematografica di questo regista. Tuttavia, il film riesce a centrare il bersaglio solo in parte. Pur divertendo e mostrando una certa attitudine colta e sarcastica, non riesce a conferire un tratto autoriale al film, che comunque non era strettamente necessario per il target di riferimento.

L’influenza dei punti di riferimento estetico-intellettuali di Roth si percepisce e si apprezza, ma nella transizione dal videogioco al blockbuster commerciale, tali influenze risultano eccessivamente filtrate e perdono parte del loro impatto. Nonostante ciò, rappresentano il maggiore punto di forza del film.

Roth ama Raimi e non stupisce che la nostra Lilith, interpretata discretamente da Cate Blanchett, sia tutto sommato un'(anti)eroina raimiana, trovandosi controvoglia in una “situazione eroica” e finendo, per una serie di ragioni, a darsi da fare per una causa in cui – almeno inizialmente – non crede affatto.

Complessivamente, Eli Roth appare pienamente consapevole che tradurre – e non semplicemente traslare – è l’unico modo per passare dal medium videoludico a quello cinematografico, restituendone al meglio le atmosfere. Questa sua abilità risalta ancora di più se confrontata con i flop qualitativi dei recenti adattamenti di saghe videoludiche blasonate come Uncharted e Mario Bros.

Tuttavia, sembra che qui Roth sia stato costretto, per ragioni produttive e di target, a dissimulare arbitrariamente la sua naturale autorialità, riducendo la violenza e i contenuti espliciti (nonostante Borderlands sia un videogioco vietato ai minori). Questo rappresenta una controtendenza rispetto a tutta la sua filmografia e si sarebbe dovuto (ma apparentemente non si poteva) osare di più. Anche la fotografia del film, da un punto di vista puramente estetico, pur non essendo sgradevole, risulta spesso insignificante, nonostante la gamma di gialli e verdi accattivanti che emergono a tratti dal generale piattume.

Il film abbonda di riferimenti visivi inutili a Star Wars. Il robot Claptrap, ad esempio, è una palese caricatura di R2-D2. L’incipit del film presenta una sorta di parodia di Darth Vader, mentre il finale, con festone e fuochi d’artificio, irrita e ricorda fastidiosamente l’ultima scena della trilogia originale di Lucas e company.

 

Sintesi

Borderlands diverte con la sua ironia e sarcasmo, ma perde impatto nella transizione da videogioco a blockbuster commerciale. Numerosi riferimenti ad altri film e registi risultano superflui, distraendo dall'essenza della trama invece di arricchirla.

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