Boyhood recensione film di Richard Linklater con Patricia Arquette, Ethan Hawke, Ellar Coltrane, Lorelei Linklater, Jessi Mechler e Nick Krause
Girato nell’arco di dodici anni, Boyhood è la storia della crescita di Mason Evans, sensibile ragazzo alle prese con i problemi tipici del coming of age. Quando un film oltre a raccontare una storia diventa un esperimento non solo cinematografico, ma anche sociologico, non può che essere un successo. Ed è ciò che è successo a Boyhood, progetto di Richard Linklater durato dodici anni che ha sconvolto totalmente ogni tipo di schema narrativo.
Tutti i cineasti aspirano a narrare storie di vita vera e reale, proprio per creare quell’empatia particolare con lo spettatore. Il regista texano però questa volta si è spinto oltre ed ha voluto esagerare. Boyhood più che un film si potrebbe definire un inno alla vita, al tempo che scorre, che passa inesorabile nonostante tutto. Con poesia e umanità Linklater snocciola la vita di Mason Evans (Ellar Coltrane) e della sua famiglia, riuscendo a ricreare la stessa reale ciclicità dell’esistenza riunendo nell’arco di 12 anni, esattamente dal 2002 al 2014, la stessa troupe e gli stessi attori.
Attraverso questo esperimento, unico in ambito cinematografico, il regista della trilogia della storia d’amore tra Jesse (Ethan Hawke) e Celine (Julie Delpy), Before Sunrise (1995), Before Sunset (2004) e Before Midnight (2013), è riuscito a cogliere non solo i cambiamenti fisici dei vari personaggi ma anche la loro evoluzione personale. Con maestria Linklater ha inserito all’interno della narrazione cenni a mutamenti sociali e momenti storici, come la guerra in Iraq, l’entusiasmo per l’elezione di Barak Obama e lo scandalo dei militari della compagnia Blackwater, fondamentali per la contestualizzazione della storia e per aumentare il senso di immedesimazione tra lo spettatore e le storie ordinarie, a volte anche un po’ banali, dei personaggi.
L’infanzia, l’adolescenza e la giovinezza di Mason sono un po’ quelle di tutti ed è proprio questa la forza di Boyhood. Le tematiche sviscerate dal regista, quasi meglio di uno psicologo, quali l’accettazione della separazione dei genitori, interpretati dai magnifici Ethan Hawke e Patricia Arquette, il rapporto complicato con la sorella maggiore (Lorelei Linklater), la creazione di una propria personalità e di un proprio futuro, sono familiari alla maggior parte degli spettatori e si rivolgono ad un pubblico di giovani e non. La trama debole e poco sceneggiata acquisisce fascino proprio dalla normalità e schiettezza con cui viene raccontata.
Magistrale l’interpretazione di padre-amico di Ethan Hawke, attore feticcio di Linklater, e di Patricia Arquette, che per il ruolo della emotiva madre Olivia si è aggiudicata l’Oscar come miglior attrice non protagonista.
Vincitore di innumerevoli premi e riconoscimenti, quali miglior film drammatico al Golden Globe e miglior regia al Festival di Berlino, Boyhood regala un lungo racconto di spensieratezza mista a nostalgia e merita il primato di aver raccontato non solo la storia della crescita di un ragazzo ma anche dell’evoluzione della società.