Bring Them Down recensione film di Chris Andrews con Barry Keoghan, Christopher Abbott, Colm Meaney e Paul Ready [RoFF19]
Alla 19° edizione della Festa del Cinema di Roma abbiamo avuto modo di vedere Bring Them Down, opera prima di Chris Andrews con Barry Keoghan e Christopher Abbott, un thriller ambientato tra le pecore.
Bring Them Down ci immette subito in un percorso sofferto e pericoloso, fatto di perdita e dolore regresso. Il protagonista di questa storia è Michael (Christopher Abbott) un pastore che vive con il padre malato, un uomo scontroso e ingrato.
La faida con un’altra famiglia della zona lo tiene sempre sulle spine, fino a quando la sua ira esplode dopo che l’intero gregge viene azzoppato. Comincia così una caccia al responsabile che lo porterà a compiere un’azione estrema.
Lo spettatore, da qui in poi, è portato a pensare che l’uomo seguirà una spirale di folle vendetta. Invece, a un certo punto, il punto di vista cambia, ed ecco la versione del giovane Jack (Barry Keoghan), figlio dell’altra famiglia, che ci conduce a rivivere gli eventi dalla sua prospettiva, fino al momento catartico in cui ci eravamo lasciati.
Ecco che ci vengono presentati due punti di vista, entrambi con le loro luci e ombre. Due personaggi maschili repressi, incapaci di esprimere le proprie emozioni, compresse a tal punto da esplodere, di tanto in tanto, nell’unico linguaggio che conoscono: la violenza. Come randagi messi in un angolo, attaccano con tutta la loro tenacia, a testa bassa, senza accorgersi che esistono altre vie di fuga. Sono personaggi che agiscono senza ragionare, visceralmente guidati dall’emozione del momento, come i primi istanti del film mostrano perfettamente.
Visivamente, Andrews si tiene distante, avvicinandosi scompostamente quando la situazione precipita verso la rabbia cieca, cercando di cogliere il più possibile dalle interpretazioni rozze e sporche (da prendere come un complimento) degli attori.
L’Irlanda verde e rigogliosa qui è brulla, cupa e opprimente, a sottolineare l’ombra che gravita su questa società e il conflitto che li accompagnerà, probabilmente, per sempre.
In alcune scene, forse, la frenesia della camera a mano è più una nemica che un’amica e l’alterazione emotiva che intende veicolare diventa distrazione dall’azione.