Broken Rage recensione film di Takeshi Kitano con
Beat Takeshi, Tadanobu Asano e Nao Ômori.
Su Broken Rage, ultima fatica del maestro giapponese Takeshi Kitano, si erano fatte tante speculazioni appena trapelata la notizia, che sarebbe stato presentato al festival di Venezia.
C’erano quelli che nutrivano dei dubbi sulla breve durata del film (solo 62 minuti) e altri ancora alla ricerca di qualche informazione sulla trama, senza però trovarne alcun riscontro.
Takeshi Kitano, nel frattempo, torna alla mostra del cinema di Venezia dopo l’ultima partecipazione con il terzo capitolo della saga di Outrage (“Outrage Coda”) nel 2017.
Anche in questa occasione, come già successo all’epoca, un’ovazione si è innalzata non appena è comparso sullo schermo il nome del regista nipponico, un forte attestato di stima per un autore molto apprezzato in tutto il mondo.
Ridurre un lavoro come Broken Rage a mera operazione commerciale e per accontentare i fan sempre in attesa spasmodica di un nuovo film, sarebbe un grave errore, poiché seppur abbia una durata contenuta è pregno della poetica di un regista abilissimo nel trattare il genere gangster e comico.
Non è un caso quindi che un progetto come questo sposi le due anime di Takeshi Kitano, quella più seria e quell’altra più scherzosa.
Infatti, il film si divide in due parti (anche se sarebbe meglio dire tre, dato che c’è un finale pronto a smentire le altre due): una prima parte in cui vediamo uno spietato gangster eliminare dei boss di bande rivali, l’altra metà in cui lo stesso killer, ora imbranato e decisamente comico, cambia radicalmente.
Tra ribaltamenti di archi narrativi e sfondamenti della quarta parete, Takeshi Kitano realizza un film durissimo, ma al tempo stesso divertente, anche grazie a dei personaggi molto buffi (e colorati).
Forse è presto per una affermazione simile, ma crediamo che Broken Rage possa diventare un capolavoro sul ruolo della comicità all’interno del cinema, perché, oltre a far ridere in ogni singolo minuto sia per tempi e varietà di contenuti, offre anche una lezione interessantissima sul genere comico stesso.
Un film che rimarrà decisamente negli annali, anche per via di elementi di auto parodia (merito di una sceneggiatura scoppiettante e per assurdo misurata) insiti nel personaggio di Kitano, che ha rispolverato l’alterego di Beat Takeshi.
Una parodia divertita (e divertente) che ragiona anche sul cinema stesso di Kitano, quasi come se quest’ultimo volesse fare un punto della situazione per quanto riguarda le idee e le invenzioni all’interno di un modo proprio di elaborare la settima arte.
Di tempo n’è passato da lungometraggi come Sonatine o Hana-Bi, ma Kitano nonostante l’età è più giovane che mai e quest’opera è una prova lampante. Un regista sempre voglioso di mettersi in discussione con sé stesso, ma soprattutto con il pubblico e la critica.
Broken Rage è senza alcun dubbio il film più compiuto sotto molteplici aspetti di questo festival di Venezia, in larga parte abbastanza fiacco.
Takeshi Kitano presenta un’opera a due facce: una seria e l’altra irriverente, mantenendo però la medesima linea narrativa. Un concentrato di violenza, ironia e autocitazioni dove il maestro giapponese può dare ampio raggio alla creatività.