Buon compleanno Pinocchio: l’81esimo anniversario del capolavoro dell’animazione di Walt Disney tratto dal romanzo di Carlo Collodi
Buon compleanno Pinocchio non è il solito articolo che siete abituati a leggere qui su MadMass.it. Non è una recensione, non è un’anteprima e certo non è una news. Un po’ come Balto, “sa soltanto quello che non è“. Scherzi a parte, questo è un tributo. Non un tributo a Pinocchio, ma un tributo a tutti quelle persone che ottantuno anni fa hanno lavorato a questo film.
Ovviamente, questo non è e non vuole essere un saggio completo ed esaustivo, ma evidentemente parziale. Da questo excursus sono rimaste escluse tantissime figure e tantissimi settori di produzione che meriterebbero un approfondimento apposito. Speriamo comunque che possa essere di vostro gradimento.
When you wish upon a star
Se Biancaneve e i sette nani ha regalato a Walt Disney il momento più gratificante della sua vita, Pinocchio è probabilmente il suo più grande film. Queste parole aprono il quinto capitolo di The Art of Walt Disney, un libro di Christopher Finch, vera e propria pietra miliare per gli appassionati di animazione Disney.
Pinocchio, al suo 81° anniversario, mostra in effetti una qualità tecnico-artistica eccezionale per il 1940. Se paragonato a lavori suoi contemporanei, niente può reggere il confronto. Biancaneve, che pure resterà sempre come il film di animazione più innovativo mai prodotto dai Walt Disney Animation Studios – all’epoca noti come Walt Disney Productions – non si può negare che, quelle innovazioni, siano state perfezionate e portato al loro massimo con Pinocchio.
Il merito di questa evoluzione tecnica esponenziale va certamente a Walt Disney, ma non è certo il solo. È vero che, soprattutto in quegli anni, Disney fosse un vulcano di idee e avesse l’ultima parola su qualunque progetto, ma è anche vero che a realizzare quelle sue idee c’era un gruppo di animatori dal talento sconfinato.
Tutti gli uomini di Pinocchio
Lo premettiamo: per quanto ci piacerebbe parlarvi di ogni singola persona che abbia preso parte alla produzione del secondo classico firmato Walt Disney, sarebbe un’impresa ai limiti dell’umano. Al film lavorarono 1200 persone fra animatori, tecnici e musicisti. Ci furono però, alcuni animatori che incisero più di altri sul lavoro finale. Da Frank Thomas a Milt Kahl, da Bill Tytla a Ollie Johnston, da Ward Kimball a Norman Ferguson fino ad arrivare ad Art Babbitt.
Secondo quanto riporta Cristopher Finch, a lavorare sul character design di Pinocchio furono Frank Thomas, Ollie Johnston e Milt Kahl, ma secondo quanto riportarono più avanti Thomas e Johnston, anche Fred Moore lavorò al design. Da soli, i quattro, animarono quasi 50 metri di pellicola per definire il design finale di Pinocchio. Pare infatti che Walt Disney fosse molto esigente e a ricordarlo sono gli stessi Thomas e Johnston:
Il nostro primo Pinocchio aveva le mani di legno, un berretto di lana ed era arrogante.
Walt lo trovò troppo sfacciato e vuoto, così abbiamo fermato il processo di animazione fino a che non abbiamo trovato un nuovo design che si sposasse con il concept del personaggio.
I disegni di Fred Moore suggerivano una maggiore innocenza e le proporzioni di un bambino più che di una marionetta. I disegni di Milt Kahl del paffuto, innocente e piccolo bambino in tirolesi divenne il modello finale e quando ricominciammo ad animare erano passati sei mesi.
A conferma di quanto Disney tenesse alti gli standard, c’è la storia del Grillo parlante. Il design fu assegnato a uno dei più brillanti animatori dell’epoca, Ward Kimball. Per trovare il giusto character design e convincere Disney, gli ci vollero quattordici modelli. Eric Larsson, invece, si occupò di Figaro. Le animazioni con cui Larsson animò Figaro sono tutt’oggi riconosciute come uno degli esempi più eleganti di pantomima.
A Bill Tytla, invece, fu affidato Mangiafuoco. Tornando a citare Finch: “Mangiafuoco, animato da Bill Tytla, è forse uno dei migliori cattivi Disney. Totalmente consumato dalla rabbia e dalla cattiveria“. O ancora: “Ogni suo gesto [di Mangiafuoco N.d.R.] è una minaccia. Tytla era un animatore eccezionalmente dotato e questa era un’assegnazione ideale per lui“.
Norman Ferguson e John Lounsbery si occuparono, invece, de Il Gatto e la Volpe. Secondo Finch, la grandezza di questi personaggi, sta nel sembrare sempre in movimento: “L’astuzia della Volpe e la stupidità del Gatto li trasforma in sorta di vaudeville che devono continuare a muoversi per trattenere l’attenzione dello spettatore“.
In ultimo, ma non certo per importanza, Art Babbitt. Di Art Babbitt ci sarebbe moltissimo da dire. Il suo lavoro su Geppetto fu uno degli ultimi in casa Disney, prima dello sciopero del 1941 e della forte lite che lo portò quasi alle mani con Walt Disney – ma di questo parleremo in altre sedi. La sua capacità di far sembrare spontaneo il movimento era unica all’interno degli Studios e fu certamente uno degli animatori più influenti dei primi anni di vita della Disney.
Gustaf Tenggren e un’ambientazione tutta mitteleuropea
Se già sono poco conosciuti gli animatori, figurarsi gli illustratori che si occupano del layout. Eppure sono la base di partenza per ogni film d’animazione in casa Disney. Dai loro schizzi nasce quella che sarà tutta l’ambientazione della storia. Influenza, non solo il character design, ma tutto lo stile e l’estetica dell’opera.
Walt Disney, per Pinocchio, non voleva un’ambientazione toscana, né una diversa ambientazione italiana. Lui immaginava il suo Pinocchio ambientato più a nord dell’Europa e per questo scelse gli schizzi di Gustaf Tenggren. Per capire bene di cosa parliamo, vi consigliamo di avviare il film. Superate la brevissima introduzione del Grillo Parlante, osservate l’ambientazione del villaggio prima e della casa di Geppetto poi. Quello stile tipicamente mitteleuropeo e fiabesco, è un lavoro di background eccezionale.
In un intervista rilasciata a Didier Ghez, Ken Anderson ha raccontato del lavoro di Tenggren e proprio della scena che vi abbiamo descritto: “Dovevamo utilizzare tutto il nostro talento per tradurre sullo schermo ciò che Tenggren stava facendo. C’era un background della città dove viveva Geppetto. Avrebbe riempito tutta questa stanza. Abbiamo dovuto progettare come la camera si sarebbe mossa su questo sfondo. Quando abbiamo iniziato a girare, abbiamo capito che non ci sarebbero stati tagli. È stato in grado di dare questa meravigliosa immagine della realtà“.
Un bambino vero?
Chi conosce la storia di Walt Disney sa che Pinocchio è il primo di una serie di fallimenti al botteghino che lo porteranno ad allontanarsi sempre più dal mondo dell’animazione. Nonostante si tratti di un vero e proprio capolavoro tecnico-artistico, il pubblico non riuscì ad apprezzarlo fino in fondo. Lo stupore con cui fu accolto Biancaneve tre anni prima era ormai scemato e certo la Seconda Guerra Mondiale non aiutava nella distribuzione del film.
Prendendoci un bel po’ di libertà interpretativa, potremmo vedere in Pinocchio una grande metafora. Walt credeva di essere riuscito a trasformare il suo personale pezzo di legno, il disegno inanimato e statico, in un bambino vero, in un’immagine in movimento in grado di emulare la realtà, capace di intrattenere tutti. Solo che non tutti erano in grado di vederlo o, almeno, non ancora.
Bibliografia
- AA. VV.; I dizionari del cinema – Animazione; Electa Accademia dell’Immagine, 2005
- Finch Cristopher; The Art of Walt Dinsey; Abrams, New York, 2011
- Gherz Didier; They Drew as They Pleased: The Hidden Art of Disney’s Golden Age; Chronicle Books, San Francisco, 2015
- Thomas Frank e Johnston Ollie; The Illusion of Life; Disney Editions, New York, 1995