C’mon C’mon recensione film di Mike Mills con Joaquin Phoenix, Gaby Hoffmann, Woody Norman, Scoot McNairy, Molly Webster, Jaboukie Young-White
Durante la 16° edizione della Festa del Cinema di Roma sono stati presentati nel giro di poche ore due film molto simili. Da un lato troviamo Belfast, film di Kenneth Branagh premiato con la Migliore Regia ad Alice nella Città che ha rappresentato uno degli appuntamenti più attesi dell’evento; dall’altro, invece, C’mon C’mon, firmato da Mike Mills con Joaquin Phoenix, atteso ugualmente, ma comunque con meno aspettative; entrambi caratterizzati da un intenso e ponderato utilizzo del bianco e nero ed entrambi con protagonisti i volti dell’infanzia, che riescono a trovare la solarità e l’innocenza anche quando il mondo attorno sembra indirizzare nella direzione opposta. “Film simili” all’apparenza, al primo impatto, ma non nell’effettiva natura dei due progetti, che sono parecchio difformi. Ma senza focalizzarci sul gioco (abbastanza inutile) delle somiglianze, cerchiamo piuttosto di trovare le qualità dei singoli titoli prendendoli per quello che sono: opere a sé stanti.
C’mon C’mon racconta la storia di un individuo il più lontano possibile da un contesto visivo, ovvero quella di un intervistatore radiofonico, molto solitario al di fuori dell’ambiente lavorativo, Johnny (Joaquin Phoenix), che si ritrova a badare al figlio di sua sorella mentre questa è occupata a prendersi cura del marito, affetto da disturbi mentali. Dietro la facciata della relazione famigliare complicata e piena di imprevisti, il film nasconde un animo tenero e pacato, molto più interessato al dialogo tra generazioni e alla possibilità di dare voce a chi, solitamente, non ne ha (in questo caso, i bambini), che all’esasperazione emotiva delle vicende riguardanti un ristretto e intimo gruppo di persone.
Accompagnato da una colonna sonora leggiadra e semplice, lo spettatore è portato a stazionare parecchio tempo sulla scena, in una staticità visiva che si sposa molto bene con l’atmosfera generale della pellicola. La macchina da presa scruta questi pochi personaggi simulacrali senza risultare invadente, quasi come se li stesse spiando durante veri momenti di vita quotidiana.
La scelta del bianco e nero esalta esattamente queste qualità, direzionando l’attenzione non solo sull’eccellente messa in scena, ma anche verso le suggestive interpretazioni, a partire da quella di Joaquin Phoenix, perfettamente calato nella parte di questa figura paterna improvvisata, eppure più genuina e veritiera di molte altre che hanno varcato i confini dello schermo cinematografico. Tuttavia, a rubargli la scena è proprio il giovanissimo Woody Norman, un uragano di espressività che riesce a ipnotizzare e a catapultare all’interno di questo mondo estremamente credibile.
C’mon C’mon presenta una natura quasi documentaria, elemento ricorrente alla base del film, dato che Johnny è intento a viaggiare per tutto il territorio americano con lo scopo di intervistare giovani di ogni provenienza ed estrazione sociale in merito al futuro, il “loro futuro”. La forza del film sta proprio nel sottile e fragile filo conduttore della testimonianza e del ricordo catturato e impresso su un supporto fisico. Un numero infinitamente vasto di pellicole poggia le sue fondamenta su tale terreno, essendo parte integrante dell’essenza cinematografica quella della documentazione e dell’archiviazione.
Tuttavia, l’opera di Mike Mills non usa questi elementi solo per sostenersi, ma anche per caricare la pellicola di una rara forza emotiva, capace di dare risalto al “piccolo” pur parlando del “grande”; rendendo la storia di “uno” quella di “molti”. Tutto ciò senza dare nell’occhio, senza sottolineare il suo scopo in modo ossessivo; limitandosi, piuttosto, a registrare degli eventi apparentemente insignificanti, arricchendoli di una valenza espressiva totalizzante.