Carol e la fine del mondo recensione serie animata di Dan Guterman con le voci di Martha Kelly, Beth Grant, Lawrence Pressman, Michael Chermus e Bridget Everett [Netflix]
Miniserie animata composta da 10 episodi, ognuno della durata di circa trenta minuti, Carol e la fine del mondo, disponibile su Netflix, racconta come l’umanità si prepara all’apocalisse imminente.
La protagonista è Carol, una donna mediocre. Mentre il resto del mondo sfrutta il tempo rimanente prima della fine del mondo per dedicarsi alle più svariate attività, lei rimane inerme, immersa in una nostalgica inettitudine.
I suoi genitori vivono liberi, nudi. Sua sorella decide di paracadutarsi in giro per il pianeta. Le altre persone che le gravitano occasionalmente intorno sono invase da una frenesia di vita e da una voglia incontrollabile di fare esperienze estreme e ricercare il senso profondo delle cose.
Carol no. Lei vuole soltanto continuare a vivere, o a sopravvivere, fino alla fine. La svolta arriva quando finalmente trova altre persone come lei, che hanno bisogno di continuare a lavorare, di alzarsi ogni mattina alla stessa ora e tornare a casa stanchi.
Da personaggio insipido e quasi invisibile in mezzo ai fuochi d’artificio e agli eccessi, la protagonista diventerà la risorsa più preziosa per tutte le anime perse come lei, per tutti gli invisibili. Instaurerà relazioni profonde con i colleghi che cambieranno il corso del countdown all’apocalisse.
Una nota dolente di questa miniserie è la lunghezza. I primi episodi sono ben costruiti e avvincenti, così come gli ultimi, ma la parte centrale si allenta, si adagia sulla ripetitività e sulla soffice malinconia della protagonista. Qualche episodio in meno, accorpando e tagliando alcuni contenuti, l’avrebbe resa più fruibile. Forse l’intento è proprio quello di immergere lo spettatore in quel male di vivere, in quella tristezza onnipresente che tutto pervade e contamina.
I due episodi autoconclusivi (Sorelle e Alla ricerca dell’onda perfetta) sono invece brillanti e possono essere guardati come racconti indipendenti anche escludendo i restanti otto. Pregevole soprattutto il senso filosofico che regge entrambi, rendendoli quasi due micro-saggi cinematografici in forma di cortometraggi animati.
Sorelle tratta con ironia l’incomunicabilità umana, la solitudine e il distacco sociale che quotidianamente viviamo. Alla ricerca dell’onda perfetta, invece, vuole rappresentare l’impossibilità della ricerca della perfezione, la sehnsucht romantica che ci spinge a volere afferrare sempre ciò che sta oltre l’orizzonte, per poi accorgerci che il vero limite risiede in noi stessi.
In generale, Dan Guterman con Carol e la fine del mondo ha creato una piacevole miniserie apparentemente innocua ma ricca di senso, che impone allo spettatore tempi e ritmi di reazione e riflessione. È un elogio alla routine, guscio tranquillizzante in cui forse tutti abbiamo bisogno di rinchiuderci, chi più chi meno.
Qual è la vera risorsa fondamentale per l’uomo? Cos’è veramente indispensabile per noi? Sono le domande alle quali Carol ci pone davanti senza fare sconti.