James Bond si è appena guadagnato la ‘licenza di uccidere’, e già entra in rotta di collisione con M: lo scarso rispetto per la diplomazia nel corso di una missione lo costringe a farsi da parte per qualche tempo. Investigando autonomamente, 007 sventa un attacco terrorista che mirava a far crollare le azioni della compagnia aerea Skyfleet e fruttare una fortuna allo speculatore LeChiffre, il quale, per recuperare i mancati guadagni che aveva promesso ai suoi clienti, organizza una serata di poker ad altissimo livello ed altissima posta in gioco. Bond, convinto di poter battere al tavolo verde LeChiffre e metterlo in difficoltà mandandolo in bancarotta, ottiene dall’MI6 il permesso ed il sostegno finanziario per partecipare alla serata. Per vegliare sul suo impiego di denaro pubblico, i servizi britannici inviano l’affascinante contabile Vesper Lynd.
Fin dai primissimi episodi, la produzione di 007 aveva tentennato tra due direzioni opposte: i film che non si ponevano problemi di verosimiglianza e davano libero sfogo agli incredibili gadget di James Bond, e quelli più ‘realistici’, che prendevano in considerazione missioni più adatte ad una vera spia.
Die Another Day, con il suo face/off genetico e l’auto invisibile, aveva portato il pendolo ad oscillare vigorosamente verso il primo estremo; la consapevolezza che non si potesse andare oltre in quella direzione, a meno di addentrarsi nella pura fantascienza, portò ad un’opposta sterzata nell’altro senso. Era il momento di cimentarsi con un Bond più realistico: era il momento di adattare Casino Royale.
Per le vicissitudini che abbiamo raccontato parlando di Dr. No, i diritti sul primo romanzo con protagonista James Bond erano fin dall’inizio rimasti esclusi dal pacchetto acquistato da Eon Productions: erano stati appannaggio della Columbia Pictures prima (che aveva realizzato un film ‘apocrifo’ nel 1967), e poi nel 1989 della sua nuova proprietaria, Sony, fino al 1999, quando la MGM si era finalmente aggiudicata la possibilità di adattare la storia, come effetto collaterale delle battaglie legali di fine millennio con Kevin McClory.
Sony e McClory, ricorderete, avevano minacciato di allestire un filone parallelo di film di 007. Ironia della sorte, nel 2004 parte della Metro Goldwyn Mayer venne acquistata da un consorzio guidato proprio dal colosso giapponese, e il nuovo Casino Royale finì per essere, di nuovo, una co-produzione con Columbia Pictures.
Gli ormai abituali sceneggiatori Neal Purvis e Robert Wade si misero all’opera per un adattamento cucito su misura per Pierce Brosnan.
C’era da trovare un regista: vennero valutate le possibilità Matthew Vaughn, che venne considerato troppo inesperto (oggi ha al suo attivo Kick-Ass, X-Men – L’inizio e i due Kingsman, ma all’epoca aveva realizzato solo Layer Cake/The Pusher), e Roger Michell (il responsabile di Notting Hill, che aveva appena completato Enduring Love/L’amore fatale), il quale declinò. Curiosamente, sia a Layer Cake che ad Enduring Love aveva partecipato un trentaseienne attore inglese, Daniel Craig.
Martin Campbell, che aveva battezzato Brosnan in GoldenEye, accettò alla fine di tornare alla guida di uno 007, intrigato dal nuovo approccio al personaggio dell’agente segreto.
Campbell studiò e dissezionò la sceneggiatura preparata da Purvis e Wade, che si atteneva per lo più alla trama del romanzo, e, in piena tradizione Bond, decise che avrebbe richiesto una revisione, incaricando Paul Haggis: l’autore, fresco di candidatura agli Oscar per Million Dollar Baby e ancor più fresco di vittoria per Crash, convenne che lo script mancava di un terzo atto convincente, e si diede da fare per prepararne uno.
Col passare del tempo risultò evidente che Casino Royale avrebbe pienamente abbracciato il suo status di ‘prima missione’ di James Bond, tanto da diventare una sorta di origin story e riportare l’agente segreto ad uno status pre-‘licenza di uccidere’, coronando in parte l’idea che Michael G. Wilson aveva avuto ai tempi di Licence to Kill: un vero e proprio reboot per 007, che non avrebbe funzionato se il protagonista fosse rimasto lo stesso attore degli ultimi quattro episodi.
Wilson e Barbara Broccoli congedarono pertanto Brosnan (che ne fu sorpreso e per nulla contento), e si misero alla ricerca di un nuovo volto per James Bond.
Le selezioni iniziarono con l’usuale numero di papabili, tra i quali nomi noti come Ewan McGregor e Karl Urban, e meno noti, come Rupert Friend (che all’epoca aveva recitato solo in The Libertine) e il croato Goran Visnjic (che all’epoca era conosciuto per il suo ruolo in E.R. e poi parteciperà all’Elektra con Jennifer Garner e al The Girl with the Dragon Tattoo di David Fincher).
Alle fasi finali arrivarono in due: il futuro Superman e Geralt of Rivia Henry Cavill, e Daniel Craig.
Cavill cercherà di rifarsi con il ruolo di Solo nel The Man from U.N.C.L.E. di Guy Ritchie e con quello di August Walker in Mission: Impossible – Fallout, ed il resto è storia, raccontata nei moderni trattati sul fandom tossico: in uno dei primi casi di trollaggio avanzato, parte della rete si scatenò contro il casting di Craig, lanciando strali adornati da inventivi hashtag come #BondNotBlond, solo per dimostrare – non per l’ultima volta – che c’è un motivo per cui i troll restano troll e non direttori del casting.
Aiutato da uno script che mette al centro un James Bond ‘in formazione’, non vincolato dai manierismi ai quali siamo abituati, Daniel Craig riesce immediatamente a far suo il personaggio, unendo in un’unica interpretazione la sicurezza di Connery (ma senza la stessa sicumera), l’abilità recitativa di Dalton, la fisicità e la fragilità di Lazenby.
Casino Royale è il primo film in quasi quarant’anni ad includere un importante nucleo emotivo, grazie al rapporto tra Bond e Vesper Lynd: una Bond Woman che, a differenza di molte delle sue omologhe degli ultimi trent’anni, non aspira ad essere ‘pari a 007’ dal punto di vista professionale, ma lo è da quello personale, con sfaccettature alle quali le altre co-protagoniste potevano solo aspirare. È perfetto in questo senso il casting della dark lady per eccellenza degli anni duemila, la Francese Eva Green che, reduce da Le crociate – Kingdom of Heaven di Ridley Scott e soprattutto da The Dreamers di Bernardo Bertolucci, ebbe la meglio su Olivia Wilde, Rachel McAdams e Thandie Newton (mentre lo Studio avrebbe preferito nomi noti come Angelina Jolie e Charlize Theron, e il casting considerò altre attrici francofone quali Audrey Tautou e Cécile de France). Green interpreta in maniera convincente tutti gli aspetti del personaggio: quello duro e professionale, che sa tener testa alle richieste (e alle avances) di 007, e quello fragile e personale, come nella scena nella doccia, così diversa quelle viste in precedenza in analoghe ambientazioni.
La quieta minacciosità del nostro beniamino Mads Mikkelsen è oggi quasi stereotipata, ma all’epoca l’attore danese era noto per lo più per i Pusher di Nicolas Winding Refn e per la sua partecipazione al King Arthur di Antoine Fuqua. Coadiuvato da una ferita ad un occhio (che indubbiamente ricorda la cicatrice di Blofeld in You Only Live Twice) e dall’abilità di piangere letteralmente lacrime di sangue, il suo LeChiffre non delude, arrivando a torturare un nudo e inerme James Bond in una scena difficilmente dimenticabile.
Per il secondo film consecutivo 007 viene seviziato. Torture, tradimenti, un Bond in rotta di collisione con l’MI6 che parte per un’investigazione privata prima di ritrovare i favori di M, sono tutti elementi che erano già presenti in Die Another Day: nonostante i proclami di voler fare un film diverso, gli ingredienti di base restano gli stessi, ma non importa: l’approccio al personaggio è ciò che fa la differenza, ed è vincente.
Purtroppo sarà tutto temporaneo: questo nuovo corso, anziché essere un’evoluzione moderna del personaggio, è pur sempre un’origin story, che fa presagire un futuro ri-allineamento con il Bond stereotipato del passato, al quale importa eccome se il vodka martini è agitato o mescolato.
Per il momento ci accontentiamo: Casino Royale non è perfetto (considerando per esempio le ambiguità sul personaggio di Mathis/Giancarlo Giannini, lasciate in sospeso), ma, grazie alla sua trama, complessa ma ben narrata, ed alla sua nuova visione di James Bond, è per noi il film migliore della serie.
Curiosità (e chiamate alla ribalta):
- Nell’ottica delle variazioni sul tema, la Gunbarrel sequence che ha aperto tutti i precedenti film viene ora integrata nella sequenza iniziale ed introduce i titoli di testa
- Dal momento che Casino Royale è un’origin story, il compositore David Arnold riservò il classico James Bond Theme solo ai titoli di coda, a ‘formazione’ completata
- Bond trova comunque il modo di guidare un’Aston Martin DB5 del 1964 (anno in cui l’auto comparve per la prima volta in Goldfinger)
- In Goldfinger cominciò anche la collaborazione sul set di 007 di Peter Lamont, diventato Production Designer titolare a partire da For Your Eyes Only. Dopo aver partecipato a tutti i film successivi eccetto Tomorrow Never Dies (perché impegnato con James Cameron su Titanic), Lamont conclude con Casino Royale la sua carriera
- Assieme a Martin Campbell, ritornò anche Phil Méheux come Direttore della Fotografia
- Si tratta del primo film in cui Miss Moneypenny non compare. Manca anche Q (o il Maggiore Boothroyd), per la seconda volta nella serie (la prima era stata Live and Let Die). M/Judi Dench resta dalla precedente gestione, ora coadiuvata da Villiers, interpretato da Tobias Menzies (oggi più noto come Edmure Tully, protagonista suo malgrado del Red Wedding in Game of Thrones, e come Principe Filippo nella terza stagione di The Crown)
- Mollaka, il villain che James Bond insegue fin sopra una gru in Madagascar, è interpretato da Sébastien Foucan, uno dei fondatori del freerunning e del parkour
- come nelle migliori/peggiori tradizioni, una Bond woman e donna del cattivo viene sacrificata all’altare della crescita professionale ed emotiva di James Bond, senza nemmeno essere degna di essere menzionata per nome: sedotta e abbandonata, e accreditata come ‘Solange’, la donna è la Sarda Caterina Murino
- il terrorista Carlos è, ovviamente, il romano Claudio Santamaria, pre-Jeeg Robot ma post-Romanzo Criminale
- il cattivo Alex Dimitrios è interpretato dall’attore franco-armeno Simon Abkarian
- alla destra di Dimitrios al tavolo da gioco è Diane Hartford, apparsa brevemente in Thunderball con Sean Connery nella scena al Kiss Kiss Club
- sullo yacht di LeChiffre e alla destra di James Bond nel Casino Royale è invece Tsai Chin, che aveva ‘mortalmente’ sedotto 007 all’inizio di You Only Live Twice
- Jeffrey Wright è il settimo attore nella serie ad interpretare la controparte americana di James Bond, Felix Leiter
- durante la sequenza all’aeroporto, si può intravedere Richard Branson, il fondatore della Virgin (records, airlines, eccetera), mentre viene perquisito ai controlli di sicurezza. Si dice che il cammeo sia la sua ricompensa per avere messo a disposizione alcuni aerei
- la responsabile dei costumi Lindy Hemming ideò il vestito rosso di Vesper Lynd a Venezia come omaggio a Don’t Look Now/A Venezia… un dicembre rosso shocking, l’horror del 1973 di Nicholas Roeg con Donald Sutherland e Julie Christie
- la villa dove 007 recupera le energie è la riconoscibilissima Villa del Balbianello sul lago di Como, già teatro della relazione segreta tra Anakin Skywalker e Padmé Amidala in Star Wars: l’Attacco dei Cloni
Debriefing:
- vittime di Bond: dieci o undici (a seconda di come contate il telecomando in aeroporto)
- altre vittime: tra sette e dieci
- amoreggiamenti: uno (Vesper Lynd), più una seduzione non consumata
- gadget: nessuno, a parte l’auto accessoriata con un cassetto per le armi e defribillatore, e svariati telefoni cellulari e laptop (product placement di Sony)
- tempo trascorso nel Regno Unito: 9 minuti circa (durata totale: 2 ore e 24 minuti)
- 🇬🇧 Brit Factor 🇬🇧: 42%
- Paesi visitati: Repubblica Ceca, Uganda, Regno Unito, Madagascar, Bahamas, Montenegro, Italia (Venezia e non ufficialmente il Lago di Como)
- the Love Boat: il primo film a concludersi con un James Bond senza compagnia femminile, in una villa. Risultato parziale: Imbarcazioni: 11, Resto del Mondo: 10
- Bond Track: You Know My Name, cantata da Chris Cornell e da lui scritta assieme al compositore David Arnold. Cornell, compianto ex-frontman di Soundgarden e Audioslave, fu il primo cantante solista uomo ad interpretare una Bond Track dai tempi di Tom Jones per Thunderball. Il brano fa da sfondo ai superlativi titoli di testa realizzati, come di consueto, da Daniel Kleinman. In tema con il nuovo corso, per la prima volta da Dr. No la sequenza non include nudi femminili concentrandosi invece sul tema del casinò e silhouette di uomini che combattono. Un mirino passa fugacemente sul volto della donna di picche, rivelando il viso di Eva Green, prima Bond Woman ad essere mostrata nei titoli di testa dello stesso film della quale è protagonista
- riconoscimenti: Casino Royale fu candidato a ben nove BAFTA (inclusi Miglior Film Britannico, Miglior Sceneggiatura non Originale, Miglior Fotografia, Miglior Attore Protagonista, Miglior Production Design, Migliori Effetti Speciali Visivi, Miglior Musica), vincendo solo per il Miglior Sound ed il Rising Star Award (Eva Green). Per il resto, perse principalmente contro The Last King of Scotland.
Classifica parziale:
- Casino Royale (2006)
- La spia che mi amava / The Spy Who Loved Me (1977)
- Agente 007 – Al Servizio Segreto di Sua Maestà / On Her Majesty’s Secret Service (1969)
- Il mondo non basta / The World is not Enough (1999)
- Agente 007 – Si vive solo due volte / You Only Live Twice (1967)
- A 007, dalla Russia con amore / From Russia With Love (1963)
- 007 – Vendetta privata / Licence to Kill (1989)
- Agente 007 – Missione Goldfinger / Goldfinger (1964)
- GoldenEye (1995)
- Agente 007 – Vivi e lascia morire / Live and Let Die (1973)
- Solo per i tuoi occhi / For Your Eyes Only (1981)
- Agente 007 – Licenza di uccidere / Dr. No (1962)
- Il domani non muore mai / Tomorrow Never Dies (1997)
- Moonraker – Operazione Spazio / Moonraker (1979)
- La morte può attendere / Die Another Day (2002)
- Agente 007 – L’uomo dalla pistola d’oro / The Man with the Golden Gun (1974)
- Agente 007 – Thunderball (Operazione Tuono) / Thunderball (1965)
- 007 – Zona Pericolo / The Living Daylights (1987)
- 007 – Bersaglio mobile / A View to a Kill (1985)
- Agente 007 – Una cascata di diamanti / Diamonds Are Forever (1971)
- Octopussy – Operazione Piovra / Octopussy (1983)
James Bond Non Muore Mai ritornerà in Quantum of Solace.
Fonti: Wikipedia, lo spoiler special podcast di Empire, il libro Some Kind Of Hero* di Matthew Field e Ajay Chowdhury, IMDB, James Bond Wiki, MI-6 HQ. Il conteggio delle vittime è stato realizzato durante la visione del film e verificato con quello di All Outta Bubblegum. Il Brit Factor è un indice calcolato sulla base delle nazionalità delle persone coinvolte e sulle location del film, nella realtà e nella storia.
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