Chaco recensione film documentario di Daniele Incalcaterra e Fausta Quattrini prodotto in collaborazione con Rai Cinema
– Chi viene prima, l’animale o il vegetale?
– Il vegetale.
– Quindi, se non si preserva la foresta non si preserva nessuno?
– No, nessuno.
(Chaco)
Ha lo sguardo perso lontano, Daniele Incalcaterra, affacciato al terrazzo del suo spoglio quartier generale in cima ad un palazzo di Asunción. I suoi occhi buoni si spingono al di là della baia e del Banco San Miguel, oltrepassano il fiume Paraguay e si immergono nelle viscere del Chaco, territorio sconfinato che la mano dell’uomo, guidata dall’avidità, non ha esitato a violentare: qui le popolazioni originarie sono state defraudate delle terre ancestrali, migliaia di ettari di foresta sono stati sradicati per far posto ad allevamenti e coltivazioni intensive. Un intero ecosistema è stato distrutto in nome del profitto latifondista.
Eppure, proprio lì, tra piantagioni, bestiame e prepotenze di ogni genere resiste un’isola felice – un’utopia forse – dal nome mitico, Arcadia, incontaminata foresta vergine sfuggita alla devastazione grazie alla tenacia dello stesso Daniele e al decreto dell’ex presidente del Paraguay, Fernando Lugo, che l’ha dichiarata riserva naturale.
Daniele ne è il proprietario. Le sue terre sono un lascito del padre che le acquistò all’epoca della dittatura Stroessner con l’idea di coltivarci jojoba. Quel progetto è fortunatamente fallito, e ora resta questo rettangolo di 5000 ettari dove la natura innocente e inconsapevole perpetua il suo ciclo vitale: il sole penetra coi suoi raggi tra gli alberi e gli spini. Si satura il colore delle piante carezzate dal vento, mentre tutto intorno il silenzio pacifico non è scalfito dal canto degli uccelli e dal lento lavorio dei suoi piccoli ospiti.
Arcadia è una meraviglia e un miracolo. Un prodigio anacronistico e disturbante sgorgato dal cuore di Daniele, che, incurante delle allettanti offerte economiche, ha deciso di difenderne la purezza da tutto e da tutti: dalle terribili pisamonte, mastodontiche macchine in grado di strappare intere foreste in un sol colpo; da don Tranquilo Favero, suo acerrimo nemico e signore incontrastato della produzione di soia del Paese; persino da un fantomatico uruguayano che, dichiaratosi proprietario di quelle stesse terre sulla base di un titolo illegittimo, tenta di appropriarsene per trarne il solito, prosaico profitto.
L’incontro di tali interessi col potere corrotto del Paese rischia di travolgere anche quest’oasi incontaminata. Ed è per questo che, nonostante il decreto Lugo, occorrerebbe uno strumento di maggior tutela; magari una legge nazionale che impedisse con più forza che Arcadia subisca lo stesso destino dei territori limitrofi. Ma soprattutto c’è bisogno che l’opinione pubblica, la comunità internazionale, i grandi player dello scacchiere mondiale sappiano quel che accade lì, in quel posto lontano e sconosciuto. Perché Arcadia è un simbolo e un bastione. Perché Arcadia non è soltanto la trasfigurazione letteraria di una terra idilliaca, ma è anche un corpo reale da difendere e sostenere. Ed è lì, nel bel mezzo del Sudamerica, nel profondo Paraguay, solco nelle coscienze e monito all’umanità affinché ci si ricordi che la salvaguardia delle foreste e il rispetto della biodiversità, uniti alla tutela delle minoranze, sono l’unica strada per un futuro sostenibile.
Realizzato da Daniele Incalcaterra assieme alla moglie Fausta Quattrini, Chaco è lo splendido, sincero prosieguo del racconto delle vicende di Arcadia iniziato dagli stessi autori col docufilm El impenetrable (2012).
Accompagnato dal suo amico ornitologo Jota Escobar, Incalcaterra continua la sua battaglia personale per difendere la propria foresta e per restituirla ai suoi abitanti originari, gli indigeni Guarani-Ñandeva. E’ un turbinio di incontri con avvocati, attivisti, giornalisti, politici, quello che coinvolge il nostro protagonista. Non manca persino una lettera al Papa, in cui lo stesso Daniele definisce donchisciottesca la propria azione. Eppure così non è, perché Arcadia non è un’illusione o un delirio, ma una splendida, ammonitrice realtà posta al centro di un mondo capovolto dove l’illegalità, la rincorsa all’arricchimento personale e l’intreccio di interessi politici ed economici la fanno da padroni. Per tale ragione, questo docufilm somiglia piuttosto a un racconto a metà tra thriller e western o, tuttalpiù, ad un rinnovato duello tra Davide e Golia. Ma Chaco è anche ritratto intimo e sofferto di un uomo e della propria solitudine; racconto di una resistenza stoica e sfiancante non esente da incomprensioni e frustrazioni.
Chaco, in sintesi, è la cronaca di un’ambizione che sfida la realtà, di un miraggio che non vuol svanire. È il desiderio di un mondo migliore raccontato da un piccolo eroe del quotidiano che con coraggio e abnegazione non rinuncia, non teme, non cede. Perché non esistono sogni irrealizzabili, ma solo la volontà e l’urgenza di creder loro sino in fondo.
Vincitore di vari premi internazionali – tra cui il premio per il miglior lungometraggio al 59° Festival dei Popoli e il premio Greenpeace al 32° Festival Internacional de Cine de Mar del Plata – Chaco è attualmente visibile su RaiPlay.