Concrete Utopia recensione film di Um Tae-hwa con Lee Byung-hun, Park Seo-joon e Park Bo-young
Concrete Utopia è l’ultima fatica del regista coreano Um Tae-hwa, con Lee Byung-hun, Park Seo-joon e Park Bo-young tra i protagonisti. Uscito in Corea nell’agosto del 2023, il film ha sbancato al botteghino con oltre 30 milioni di incasso.
Corea del Sud. Sembra una giornata come le altre per gli abitanti di Seoul, quando la terra comincia a tremare. La scossa è così potente che in poco tempo la città viene rasa al suolo. Solo un palazzo rimane in piedi in mezzo alle macerie: quello dove Min-sung (Park Seo-joon) vive con la compagna Myung-hwa (Park Bo-young)
Fuggiti dalle abitazioni distrutte, gli sfollati chiedono asilo agli inquilini del palazzo. Questi ultimi però, sotto la guida del neo-eletto delegato Yeong-Tak, decidono di non accogliere le loro richieste e, al grido di “gli appartamenti ai residenti”, li respingono.
Respinti gli esterni, gli inquilini si organizzano come una piccola società. Le cose cambiano quando una nuova inquilina rivelerà segreti rimasti celati troppo a lungo sul passato del delegato Yeong.
Tutti coloro che dalle prime righe di trama si sono immaginati un classico disaster movie alla The Wave o alla The Impossible, sono leggermente fuori strada. In Concrete Utopia il catastrofismo è solo l’antipasto. Il tema principale riguarda invece il modo in cui la società reagisce alla crisi.
Accecati dal benessere in cui vivono, i residenti non vedono la sofferenza di chi li circonda. Fuori, il freddo miete vittime mentre loro si godono il tepore e il comfort degli appartamenti.
Il film mette in guardia sui pericoli del potere e della prevaricazione, anche quando esso sembra legittimato dal voto democratico. Descrive il bisogno dell’autocrate di alimentare odio verso un nemico comune e di usarlo come specchietto per le allodole per rafforzare il proprio dominio.
Invita lo spettatore a considerare il punto di vista degli oppressi e a ricordare come spesso la loro rabbia derivi della violenza degli oppressori.
se trovate uno scarafaggio in cucina lo considerate un parente?
Se la caratterizzazione dei personaggi – per quanto interessante – a volte sembra vacillare, il quadro allegorico della storia è tratteggiato in maniera affascinante. Il palazzo sopravvissuto al sisma diventa una sorta di rappresentazione in scala di una nazione.
Le scelte discriminatorie degli inquilini del palazzo nei confronti degli esterni fanno da cartine di tornasole per descrivere la pericolosità delle persone “normali”, specialmente quando in difficoltà e quando aizzati da un leader carismatico.
quelle persone non sono come noi, pensateci bene prima di aiutarle
Una pellicola che bilancia intrattenimento e impegno politico, così da guadagnare in scorrevolezza senza svilire i temi trattati. La riprova di come il cinema di genere possa farsi carico di tematiche sociali senza risultarne depotenziato.