Molte cose stanno cambiando nella vita di Adonis ‘Donnie’ Creed, ma il giovane pugile non si è ancora davvero liberato dalla pesante eredità sportiva lasciatagli dal padre. A far pesare ancora di più il passato, riemerge Ivan Drago, che aveva causato la morte di Apollo Creed sul ring trent’anni prima, e che non ha ancora dimenticato la conseguente sconfitta subita da Rocky Balboa. L’ex atleta russo propone un nuovo match Creed-Drago, nel quale suo figlio Viktor cercherà di ridare lustro al nome di famiglia.
Nel 2015, Creed ha portato una ventata di aria fresca e soffiato via la polvere dalla saga di Rocky Balboa: la storia del giovane Adonis, co-scritta e diretta da Ryan Coogler ed interpretata da Michael B. Jordan e Tessa Thompson ricordava l’ascesa di Rocky stesso, attualizzandola in un nuovo contesto e al tempo stesso ancorandola al passato grazie al magistrale contributo di Sylvester Stallone. Al termine del film, Donnie era ormai affrancato dall’ombra del padre, e pronto a cominciare una carriera sportiva tutta sua: un passaggio di testimone, per una volta, riuscito. Creed II è, in parte, un passo indietro: invece di essere lasciato a volare alto per conto suo, Donnie è costretto a muoversi in una situazione creata decenni prima, per orgoglio personale e patriottico, da Apollo, Rocky ed Ivan Drago.
Forse come diretta conseguenza del passaggio delle redini del progetto dalle mani di Coogler (qui nel solo ruolo di produttore) a quelle di Sylvester Stallone (co-sceneggiatore assieme all’esordiente Juel Taylor e per un po’ indicato come possibile regista – compito poi passato al meno esperto Steven Caple Jr.), il film finisce per avere un approccio più simile ai Rocky dei tempi d’oro, a partire dalla ricomparsa dell’antico rivale. Non che sia una cattiva idea a priori: l’intenzione di esplorare il rapporto tra l’attempato Ivan Drago e suo figlio in contrasto con quello tra Rocky e Donnie è sulla carta interessante. Ma, così come l’attuale situazione politica tra Stati Uniti e Russia è tesa come lo era nel 1985 (l’anno di Rocky IV e del famoso brano di Sting, Russians), anche i Drago (Dolph Lundgren e l’atleta rumeno Florian Munteanu) non sono stati resi più malleabili dal trascorrere del tempo, e la loro relazione viene rappresentata freddamente e frettolosamente.
I riflettori sono sempre puntati su Donnie e le scelte che si trova forzato a compiere, sotto gli occhi della compagna Bianca e della madre adottiva Mary Anne (Phylicia Rashad): ma nonostante gli sforzi e gli affanni, dentro e fuori dal ring, dei Creed, il vero protagonista è Balboa, costretto ad affrontare i fantasmi che lo ossessionano dai fatali momenti di Rocky IV. Può essere una piccola delusione per chi ha amato il film precedente, ma, più che il seguito di un nuovo inizio, Creed II ha il sapore di una conclusione della storia di Rocky Balboa, lo ‘stallone italiano’ che più di quarant’anni fa emozionò il mondo salendo di corsa la scalinata del Philadelphia Museum of Art. Per tutti coloro che lo hanno amato negli anni ’80, Rocky VIII è imperdibile.