Da 5 Bloods – Come fratelli recensione film di Spike Lee con Delroy Lindo, Jean Reno, Jonathan Majors, Mélanie Thierry e Chadwick Boseman
Era il 2013 quando Danny Bilson e Paul De Meo intitolarono uno spec script, The Last Tour, con alla regia Oliver Stone, ma nel 2016 l’accordo saltò e Spike Lee colse la palla al balzo e assieme a Kevin Willmott, co-sceneggiatore del suo BlacKkKlansman, decise di incentrare la vicenda di Da 5 Bloods dal punto di vista di ex soldati afroamericani.
Con un tempismo che rasenta l’assurdo eccolo dunque arrivare nel panorama di Neflix, l’ultimo lavoro del rivoluzionario cineasta da sempre impegnato nella lotta per i diritti civili e umani delle black lives, le vite dei neri d’America, inutile usare l’appellativo “di colore”, essi stessi preferiscono identificarsi così; essere blacks non significa essere negros, essere blacks significa andare fieri delle proprie origini e risorgere dalle ceneri del proprio passato (purtroppo ancora simile al presente) fatto di discriminazioni, ingiusti omicidi e schiavismo.
E proprio nei filmati d’archivio che aprono il film, Lee specifica come il 32% dei neri d’America fosse in territorio vietnamita, rispetto all’11% ancora a casa, l’ennesimo sfruttamento mascherato da patriottismo, un exploitation, giovani uomini usati come pedine e mandati al fronte in prima linea per venir trucidati prima dei compagni bianchi.
E di veterani di guerra tratta questa semplice, bella e piacevole pellicola, della durata di 2h e 35, che non pesano, fanno sorridere e al tempo stesso riflettere.
Ce n’era bisogno? chissà, ma certo è che non fa mai male ripassare un po’ di storia e Spike Lee lo sa bene, non sarà il suo ennesimo capolavoro ma la sua mano si sente tutta e stavolta gioca con le diverse macchine da presa, trasportando i protagonisti dal presente in formato 2.39:1, con un 4K spinto e iperrealistico, al passato girato in formato 4:3 con una 35 mm (forse), in grado di sgranare e rendere immediatamente nostalgica qualsiasi sequenza grazie anche all’utilizzo di musica anacronistica. La sua bravura non spicca certo nelle scene action, ma le transizioni temporali sono tecnicamente notevoli.
Stavolta i protagonisti sono quattro “fratelli” (bloods) legati dal trauma di una prima vita adulta passata tra le foreste del Vietnam nel 1971, a trucidare nemici credendo di averne ben capito il motivo, quattro uomini di mezza età che un tempo formavano un plotone di cinque giovani soldati afroamericani in missione per recuperare il contenuto di un aereo della CIA precipitato in territorio Viet Cong; un aereo che è uno scrigno d’oro e che li porterà a sotterrarne il tesoro trovatovi all’interno con l’idea di recuperarlo poco dopo e prendere il famoso “risarcimento” per il trattamento degli afroamericani da parte del governo. Ma le cose si complicano, il quinto blood (caposquadra esemplare) ci lascia le penne, il terreno viene livellato dal Napalm e si resta a mani vuote.
Quasi 50 anni dopo, però, uno smottamento potrebbe aver fatto riemergere parte dell’aereo, è l’occasione d’oro per tornare in Vietnam, luogo che è ormai completamente cambiato e che registrava nel 2019 un PIL di 202,6 miliardi di dollari.
Son stati cinque decenni lunghi e difficili, ognuno di loro si porta dietro i demoni del passato, Paul (Delroy Lindo), oggi sostenitore della politica di Trump, soffre di disturbo da stress post-traumatico, Otis (Clarke Peters) è dipendente dagli antidolorifici e non ha mai conosciuto sua figlia, Melvin (Isiah Whitlock Jr.) alza troppo il gomito, Eddie (Norm Lewis) è in bancarotta; ma il denaro e i resti di Norman (Chadwick Boseman) sono troppo importanti per non approfittarne.
Ai commilitoni si aggiunge volontariamente e in totale segretezza David, il figlio di Paul, auto-invitatosi per supervisionare il padre che da troppo tempo non si cura e che la notte vede i fantasmi del passato; il fantasmatico entra nella realtà del film, Paul inizia a delirare, “ricordando” a momenti il monumentale colonnello Walter E. Kurtz di coppoliana memoria, regalando un soliloquio shakesperiano con sguardo dritto in camera che è forse il momento più alto del film.
Trafficare l’oro negli Stati Uniti non sarà semplice e il francese Desroche (Jean Reno) sembra l’uomo più adatto a farlo, ma non sembra contarla giusta, troppo ambiguo il suo volto; una scelta ponderata e intelligente, forse da cliché ma che rende bene l’idea.
E francese è pure il personaggio di Hedy (Mélanie Thierry), volontaria francese della LAMB, organizzazione umanitaria per lo sminamento delle ex-zone di guerra (con lei ci sono anche Jasper Pääkkönen, già visto nella serie tv Vikings e Paul Walter House, l’eroe Richard Jewell dell’ultimo lavoro di Eastwood), tre personaggi che si incroceranno con i cinque protagonisti nella seconda parte del film dove, abbandonati i sentimentalismi, le cose inizieranno letteralmente ad esplodere.
Da 5 Bloods – Come fratelli è visionabile in tutto il mondo a partire dal 12 giugno 2020, anche se l’idea iniziale prima della pandemia di COVID-19 era quella di presentarlo in anteprima fuori concorso al Festival di Cannes 2020 nel mese di maggio, con conseguente distribuzione limitata nelle sale statunitensi prima dell’uscita su Netflix.
Se siete interessati Prime Video ha in catalogo per i suoi abbonati altre opere del regista, tra cui Il sangue di Cristo – Da Sweet Blood of Jesus (2014), Chi-Raq (2015), l’acclamato BlacKkKlansman (2018) e il film Amazon Original Pass Over (2018).