Dang Bireley’s and Young Gangsters recensione film di Nonzee Nimibutr con Jessadaporn Pholdee, Noppachai Muttaweevong, Attaporn Teemakorn, Supakorn Kitsuwon, Chartchai Ngamsan, Apichart Choosakul e Champagne X
Dang Bireley’s and Young Gangsters nel 1997 rappresentò un importante successo per il cinema thailandese. Infatti, oltre ad esser diventato in quella stagione il campione d’incassi del paese, insieme a Fun Bar Karaoke di Pen-ek Ratanaruang (con meno riscontro al botteghino rispetto a quello di Nimibutr) divenne il film che fece emergere definitivamente la Thailandia a livello cinematografico e non solo.
Un film assai amato in patria e con diversi estimatori all’estero, che ha ricomposto un’intera industria cinematografica portandola a vette mai viste.
Quest’anno nella sua 25ma edizione, il festival più conosciuto del cinema asiatico in Italia, il Far East Film Festival, lo riscopre nella sezione dedicata ai classici, mostrandolo in una copia non perfetta – va detto – ma comunque di discreta qualità.
Nonzee Nimibutr, nel suo esordio alla regia, racconta attraverso le parole di Piak la vita di Dang, un ragazzo nato in condizioni umili (con una madre costretta a prostituirsi) che ben presto diventerà, suo malgrado, il più temuto giovane gangster della Thailandia.
Il ragazzo sin dalla tenera età compie atti criminali, mettendosi molto spesso nei guai con la legge e con la scuola da cui sarà cacciato (uno dei pochi passaggi divertenti del film) ma, forse proprio nel momento più terribile della sua esistenza, “una chiamata” da parte del Signore potrebbe redimerlo dai peccati e condurlo ad una vita monacale
Dang Bireley’s and Young Gangsters (tradotto letteralmente in Italia con il titolo di Dang Bireley’s e i giovani furfanti) prende le mosse dalla lunga tradizione del cinema gangsteristico americano, riuscendo ad essere comunque peculiare ed unico nel suo genere.
Difatti seppur ci siano somiglianze con le opere di maestri come Martin Scorsese (la storia di Dang assomiglia per certi versi l’ascesa e la caduta nel mondo della malavita da parte del personaggio interpretato da Ray Liotta in Quei bravi ragazzi), Brian De Palma con Scarface, per la rottura con la classica rappresentazione del criminale, e Francis Ford Coppola, il film di Nimbutr è diverso proprio perché rinuncia ad uno stile parossistico tipico del suddetto genere, prediligendo invece uno più crudo, quasi ai confini con il cinema documentaristico. Non a caso, infatti, alcuni momenti del film sono narrati attraverso delle immagini sbiadite, cartoline di un mondo e di un’epoca in continua evoluzione.
In questa storia di criminali, pur contenendo scene di violenza efferata, non c’è mai spazio per la fantasia e il contesto rimane sempre ancorato alla realtà. Le azioni deplorevoli dei personaggi sono credibili e ben inserite in un mondo dove la povertà e la violenza regnano sovrane.
Anche Legend of the Tsunami Warrior (disponibile alla visione nel catalogo italiano di Prime Video) non è soltanto il racconto una breve epopea gangsteristica, ma è anche un importante documento storico. Storia ambientata negli anni ’50; periodo di forti contestazioni sociali e politiche, che mette insieme curiosamente mode e passioni di un paese come gli Stati Uniti d’America (i giovani thailandesi sognano la vita e i successi di vip come James Dean e Elvis Presley) con una realtà diversa come la Thailandia, diametralmente opposta sotto ogni punto di vista.
Un film sorprendente e ben ritmato con delle valide prove attoriali, che ricordano, nella costruzione dell’intreccio narrativo e della caratterizzazione dei vari personaggi il capolavoro West Side Story (Dan, Lam e Piak sembrano i corrispettivi thailandesi di Tony, Riff e Diesel).
Dang Bireley’s and Young Gangsters rappresenta un buon esempio di cinema che importa tradizioni lontane, mantenendo una forte personalità e spiccata originalità grazie alla storia di un gangster novello monaco. Debitore di un passato cinematografico talvolta ingombrante, ma allo stesso tempo innovativo e capace di aprire nuove porte al cinema thailandese.