Dark Crimes recensione film di Alexandros Avranas con Jim Carrey, Charlotte Gainsbourg, Marton Csokas, Robert Wieckiewicz e Agata Kulesza
Nell’ormai lontano 2008 il giornalista statunitense David Grann scrisse per il New Yorker un lungo e avvincente pezzo su un caso di omicidio, intitolato True Crime. A postmodern murder mystery. L’articolo contribuì nel riportare alla luce un delitto avvenuto otto anni prima a Wroclaw, in Polonia, quando nei pressi del fiume Oder un gruppo di pescatori scoprì il cadavere di un uomo. Le modalità sadiche della sua uccisione e del successivo ritrovamento resero il caso molto popolare per la stampa polacca, e otto anni dopo sono state fonte d’ispirazione per Dark Crimes.
Le indagini non diedero risultati soddisfacenti fino al 2005, anno in cui il commissario della polizia di Wroclaw, notò delle inquietanti somiglianze tra l’omicidio irrisolto e la trama di un romanzo del 2003, Amok, dello scrittore Krystian Bala. Dopo ulteriori indagini, la polizia si convinse che il libro fosse una confessione e arrestò Bala per omicidio. L’autore è attualmente in carcere e sta scontando una pena di venticinque anni.
Nonostante la versione della polizia non abbia mai convinto del tutto né la stampa né i cittadini, è innegabile che la storia – al confine tra realtà e finzione – sia avvincente.
Lo stesso non si può dire del suo adattamento cinematografico, il thriller Dark Crimes, diretto dal regista greco Alexandros Avranas e proiettato per la prima volta al Warsaw Film Festival nell’ottobre 2016.
La pellicola, da oggi disponibile nel catalogo di Amazon Prime Video, vanta un ottimo cast, a cominciare dall’attore protagonista, Jim Carrey, a cui è stato affidato il ruolo di Tadek, un cupo ufficiale della polizia polacca rimasto sconvolto dal brutale omicidio di un suo collega avvenuto anni prima. Ad interpretare il ruolo dello scrittore senza scrupoli e potenziale serial killer Kristof Koslov, è l’attore neozelandese Marton Csokas. Chiude il cast Charlotte Gainsbourg, nella parte di Kasia, prostituta tossicodipendente ed amante dello scrittore.
Negli ultimi anni la Polonia è stata il set di produzioni internazionali di successo, come il thriller di Steven Spielberg Il ponte delle spie (2015) e il dramma Ida (2013) del regista polacco Paweł Pawlikowski. Peccato che nel lungometraggio di Avranas non si respiri la stessa aria internazionale. Innanzitutto, risulta davvero inusuale la scelta di non inserire tra gli interpreti principali nessun attore di nazionalità polacca. Una decisione penalizzante, soprattutto per il risultato ottenuto: protagonisti che recitano in inglese ma con un accento marcatamente est-europeo.
Nonostante ciò, la scelta di ingaggiare attori di calibro, tra cui il già citato Jim Carrey, si sarebbe potuta rivelare vincente, se non fosse stato per la sceneggiatura debole e la caratterizzazione dei personaggi poco accurata.
Sin dagli esordi della pellicola, lo spettatore viene immerso in una nube biancastra, fredda. Una fotografia eccessivamente cupa, il cui intento era probabilmente quello di infondere un senso di disagio e di suspense. Una cornice accompagnata dalla quasi totale assenza di suoni e – di conseguenza – di ritmo. La stessa città di Wroclaw è molto stereotipata. Possibile che una città che conta più di 600mila abitanti, sia quasi sempre deserta?
Il clima appare freddo e distaccato anche all’interno delle famiglie dei personaggi principali.
Tale ambientazione eccessivamente ordinata, tipica del genere noir, non è giustificata da nessun elemento che vada in qualche modo a rafforzarla. Infatti, i minuti scorrono, ma non succede niente né di rilevante né di inaspettato.
Anzi, più l’intrigo prosegue, più il film diventa confusionario. E non bastano la bravura di Carrey – straordinario anche in un ruolo decisamente fuori dalle sue corde – e della Gainsbourg, credibile, anche se non lontana dai ruoli in cui si cimenta di solito – a risollevare la sorti di un prodotto così caotico e poco godibile.
Una maggiore linearità avrebbe magari consentito agli eventi di avere un impatto maggiore e anche più senso, specialmente nel finale, comunque capace di regalare qualche colpo di scena. Dark Crimes fatica a trovare un’identità, non riuscendo appieno né come thriller né come poliziesco, con il rischio di essere dimenticato.