Detention recensione film di John Hsu con Gingle Wang, Meng-Po Fu, Jing-Hua Tseng, Cecilia Choi, Hung Chang Chu e Pen-yu Chang
Diretto da John Hsu, Detention rappresenta il lungometraggio d’esordio del regista e anche il primo adattamento taiwanese del videogioco omonimo; un horror psicologico “al lume di candela” ambientato nel 1962 durante la legge marziale del Terrore Bianco in Taiwan, un’epoca in cui la libertà di parola era limitata e la letteratura politica, in particolare i testi considerati a favore della sinistra, era proibita.
Fang Ray-Shin, una studentessa della Greenwood High School, frequenta il signor Chang, condividendo sentimenti quasi proibiti per le relazioni insegnante-studente. Inoltre, Chang ha anche creato un gruppo di studio per i libri vietati, assieme alla collega Miss Yin e lo studente Wei. Un giorno, il signor Chang scompare e Fang e Wei si trovano intrappolati in una scuola popolata da demoni alla disperata ricerca di tutte le persone scomparse, incluso lo stesso signor Chang.
Eccellente la resa visiva e il montaggio che avvicinano questo prodotto alla concorrenza americana, ne risente tuttavia l’originalità di una pellicola che si limita ad inseguire i modelli classici del genere, cadendo spesso in facili cliché narrativi o in sequenze d’azione volte a valorizzare il comparto spettacolare.
Autentico intrattenimento, quindi, ma godibile nella sua complessità; numerosi i colpi di scena che mantengono viva l’attenzione anche se, a lungo andare, in determinate circostanze possono rivelarsi scontati e prevedibili. Interessante, invece, risulta l’articolazione delle vicende che non segue uno schema lineare ma si sviluppa su due fronti narrativi contrapposti che hanno lo scopo di chiarire ulteriormente le vicende presentate e di introdurre nuovi elementi di interesse.
Il risultato è quindi un blockbuster ben collaudato, curato nei dettagli e, tutto sommato, capace di intrattenere una vasta fetta di pubblico sia per le sequenze dall’alta spettacolarità sia per le audaci riflessioni poste in evidenza dal regista, come il concetto di colpa e di memoria storica.