Diciannove

Diciannove recensione film di Giovanni Tortorici

Diciannove recensione film di Giovanni Tortorici con Manfredi Marini, Vittoria Planeta, Dana Giuliano, Zackari Delmas e Maria Pia Ferlazzo

di Joaldo N’kombo

Diciannove di Giovanni Tortorici (Credits: Fandango)
Diciannove di Giovanni Tortorici (Credits: Fandango)

Palermo, 2015. Leonardo ha diciannove anni e, insieme a sua madre, sta facendo le valigie per un imminente volo direzione Londra. Lì lo attende l’università: dovrebbe studiare business, se non fosse che, una volta arrivato nella capitale inglese, dopo qualche giorno decide di mollare tutto per trasferirsi a Siena e studiare letteratura.

Leonardo – interpretato da un bravissimo Manfredi Marini – sa quello che fa, o forse no. Lo stesso si potrebbe dire del regista e sceneggiatore ventottenne Giovanni Tortorici che, alla sua opera prima, sa quello che fa, o forse no (o forse sì?).

D’altronde Diciannove è una storia che pone le sue radici proprio nella vita dello stesso Tortorici che ha scelto di raccontare un preciso periodo della sua vita definito da lui come “particolare”. Un’esperienza che, a grandi linee, ricalca quella del giovane adulto medio, nello specifico di uno studente fuori sede.

Un’esperienza che, da una parte, è già stata raccontata da film derivativi dal mumblecore, come ad esempio Frances Ha (2012), a cui Diciannove, sotto determinati aspetti, sembra rifarsi adottando però uno sguardo cinematografico più eclettico rispetto a quello di Baumbach, con richiami che si spingono persino più indietro nel tempo.

Ciò che sembra essere pedissequamente nella mente di Tortorici sono, forse, i registi della Nouvelle Vague e questo lo si vede fin da subito con le scelte di montaggio non convenzionali: dai dialoghi agli zoom, dagli abbassamenti di frame che, occasionalmente, portano al fermo immagine.

Un insieme di caratteristiche che, almeno inizialmente, potrebbe far pensare a un’estetica amatoriale, a qualcosa di fatto male.  Ma bastano pochi minuti per rendersi conto che, dopotutto, Tortorici, è ben conscio dei suoi mezzi. Il suo indubbiamente è un citazionismo che non cerca di nascondersi; si capisce come a livello formale il regista debba molto ai giovani turchi ma, cosa più importante, diventa palese è la capacità con cui riesce ad attingere da queste influenze senza risultare derivativo, costruendo uno stile personale

La questione resta invece aperta sul personaggio di Leonardo, un protagonista abbastanza silenzioso, appassionato di letteratura e che quando parla sembra mugugnare parole intelligibili. L’identikit sembrerebbe quello di una figura abbastanza anonima, ma anche in questo caso si viene smentiti velocemente.

L’aria annoiata e disinteressata di Manfredi Marini riesce paradossalmente a intrattenere; il suo personaggio rientra in quello che si definirebbe oggigiorno essere “un caso umano”: è politicamente scorretto, solitario, dissacrante, indeciso, arrogante, irresponsabile e amorale. Sostanzialmente un giovane letterato allo sbando che tenta di viaggiare verso l’erudizione su una strada di cui però non conosce il nome e né, tantomeno, la destinazione.

Diciannove di Giovanni Tortorici (Credits: Fandango)
Diciannove di Giovanni Tortorici (Credits: Fandango)

Quella di Tortorici è una messa in scena allucinata, di un sognante sempre sull’attenti, pronto a diventare, quando è il caso, febbrile. È questa la conseguenza dell’approccio totalmente ludico che il regista italiano ha avuto nel realizzare il film che è, per l’appunto, pieno di spunti registici diversi, tanto che qualcuno potrebbe definire Diciannove un’opera prima che fatica a trovare la sua identità – proprio come Leonardo – ma è, forse, proprio questo il punto. L’eterogeneità formale di Diciannove è la sua stessa identità e se la si riesce ad accettare si è in grado di accettare anche Leonardo, di empatizzare – incredibilmente – con lui, nonostante i suoi eccessi e le sue nevrosi. Una condizione che a seconda di chi guarda risulta più o meno ostica da accettare ma che, se accolta, riesce a offrire un’esperienza piacevole.

Tra solitudini esasperate, appassionate letture di Dante, slanci misantropi e occasionali uscite in discoteca, Diciannove – che tra l’altro è stato prodotto da Luca Guadagnino – suona come un onesto ritratto di cosa voglia dire affrontare quel momento della vita che vede il giovane di turno affacciarsi al mondo. Giovanni Tortorici si dimostra un regista e sceneggiatore capace, sicuramente da tenere d’occhio per il futuro perché, se queste sono le premesse, l’avvenire non può essere nient’altro che roseo.

Sintesi

Diciannove è un film affetto dalla tremenda malattia della giovinezza. Il consiglio è di lasciarsi contagiare sia da Tortorici che da Leonardo, di assecondarli e seguire i loro passi confusi e scalmanati in questa opera prima che racconta, in maniera istrionica, le inevitabili difficoltà a cui si va incontro quando si tenta di trovare una propria identità

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