Diego Maradona recensione del documentario di Asif Kapadia distribuito da Nexo Digital
Dopo l’Oscar nel 2016 per Amy, Asif Kapadia torna a raccontare un’icona del ‘900 e questa volta al centro dell’indagine c’è uno dei calciatori più amati, famosi e dibattuti della storia del calcio. Presentato ed applaudito allo scorso festival di Cannes, il documentario arriva nelle nostre sale per soli tre giorni, dal 23 al 25 settembre, grazie a Nexo Digital.
Per raccontare la discussa e discutibile figura del “Pibe de Oro” il regista sceglie di analizzare i suoi sette intensissimi anni a Napoli, i più rappresentativi della carriera del fuoriclasse argentino. Minuto dopo minuto il cineasta inglese delinea due personalità nella stessa persona: da una parte Maradona, dall’altra Diego. Il primo è l’idolo amato dai suoi tifosi sia per i suoi gol sia per il suo carattere eccentrico e viene narrato attraverso immagini pubbliche; il secondo, invece, viene raccontato attraverso video e foto concesse per la prima volta da Maradona e dalla sua famiglia in cui vediamo semplicemente Diego, un uomo attanagliato dalle sue debolezze ed insicurezze.
Il rischio di un documentario di questo tipo è quello di scadere nella mera celebrazione del personaggio, fortunatamente Diego Maradona non è niente di tutto questo. Il regista infatti ci racconta non solo i trionfi e i gol più importanti (come la doppietta contro l’Inghilterra) della straordinaria carriera di uno dei più grandi calciatori della storia, ma anche la sua rapida discesa negli inferi in cui più che la sua vita sul campo di calcio si discuteva della sua condotta privata. Il suo rapporto con la famiglia Giuliano, uno dei clan più potenti della camorra nella Napoli degli anni ’80, e la sua dipendenza dalla cocaina arrivano crudi e senza patinature allo spettatore, che si trova davanti ad una Napoli molto diversa rispetto a quella festosa che ogni domenica corre allo stadio. Senza ergersi a giudice supremo, Kapadia viaggia all’interno della mente e dell’anima di un uomo: gol e droga, trofei e casi giudiziari, arrivato come un dio e scacciato come un demonio, in poco più di due ore viene delineata una vita intera.
Raccontando gli anni di Napoli, il documentario riesce ad essere doppiamente interessante per il pubblico italiano. Non è solo Diego ad essere oggetto di studio, ma tutto quello gira intorno a lui, a partire dai suoi tifosi: nel 1984, l’anno di acquisto del campione, Napoli era una città gravemente in crisi e controllata dalla criminalità organizzata e dunque l’arrivo di quel giocatore che poteva portare al Napoli una gloria mai arrivata rappresentava una possibilità di riscatto per la città e per tutti i suoi cittadini. Tutto questo riesce a farci fare un balzo indietro nel tempo, riportandoci nella difficile atmosfera degli anni ’80 italiani e a raccontarci chi eravamo e chi, forse, siamo destinati ad essere per sempre. Quell’Italia purtroppo non era molto diversa da quella attuale, sia negli usi e costumi e sia nell’approccio al mondo del calcio.
Descrivere i trionfi sportivi e le disavventure personali in 130 minuti non era semplice, ma Kapadia riesce nell’impresa senza mai annoiare o risultare scontato. Il film non è semplicemente dedicato a chi ama il calcio o Diego Armando Maradona, ma anche a chi non sopporta il gioco del pallone e vuole conoscere i segreti di un uomo diventato mito per moltissime persone. Come nella famosa canzoncina a lui dedicata, Diego Maradona fa battere il corazón.
Andrea P.