Doctor Strange con il suo prossimo Doctor Strange in the Multiverse of Madness è il protagonista del secondo numero della rubrica Multiverse of MadMass
Doctor Strange in the Multiverse of Madness è un film dei MCU di prossima uscita.
Difficilmente capita di parlare così tanto di un film più di un anno prima della sua uscita: ma d’altronde, quando si parla di MCU non è più così difficile trovare un argomento di discussione che non apra scenari imprevisti e soprattutto inediti nella storia dell’informazione e della critica cinematografica.
Stringhe, universi e caos
Non si sono spente le eco di WandaVision (per di più, su Disney+ è stato rilasciato un esaustivo documentario sul serial con un making of della serie dei record) e tantomeno l’hype su The Falcon and The Winter Soldier che esordisce il 19 marzo, ma la rete è stracolma di novità – si fa per dire – e rumors sul film Doctor Strange in the Multiverse of Madness, uno dei tantissimi progetti annunciati che sarà in sala solo il 22 marzo 2022. Il film è il secondo capitolo MCU dedicato al buon dottore, e sarà diretto nientepopodimeno che da Sam Raimi, ma non sono tanto queste la cause del chiacchiericcio, bensì il suo titolo, anzi quella sola parola “multiverse” che sta facendo andare in fibrillazione tutti i fan e non solo.
Il multiverso è un concetto di fisica teorica che postula l’esistenza di universi coesistenti fuori dal nostro spaziotempo, spesso denominati dimensioni parallele. Il concetto è stato proposto per la prima volta in maniera rigorosa nel 1957 da Hugh Everett, con l’interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica, per essere poi riaffermato come possibile conseguenza di altre teorie come quella delle stringhe (che concilia la meccanica quantistica con la relatività generale, fondandosi sul principio secondo cui la materia, la radiazione e lo spazio e il tempo siano la manifestazione di entità fisiche fondamentali che, a seconda del numero di dimensioni in cui si sviluppano sono chiamate stringhe) o quella dell’inflazione caotica (modello di inflazione cosmologica dell’universo prevista da alcune estensioni della teoria del Big Bang che implica l’effettiva e reale esistenza di un multiverso di cui l’universo osservabile scaturito dal Big Bang è solo una parte). Ed è bizzarro quantomeno parlare di “inflazione caotica”, proprio perché quest’altro termine è alla base dei poteri di Wanda Maximoff, aka Scarlet Witch. Ma andiamo con ordine.
Un piatto (a fumetti) di segreti
Il Dottor Strange nasce dal solito, fertile genio di Stan Lee e dalle matite fatate di Steve Ditko, nel 1963, sulle pagine del mensile antologico Strange Tales. Sulle pagine dello spillato venivano ospitate storie di fantascienza e horror dal 1951: fu solo negli anni ’60 che la serie servì come trampolino di lancio a Strange, appunto, e ad un altro celebre eroe della Marvel Comics, Nick Fury. Il successo che però ebbe il buon dottore fu tale che nel 1968, con il #188 del novembre 1976, la serie cambiò titolo proprio in Doctor Strange, che continuò la sua corsa partendo appunto dal #188.
Lee e Ditko idearono quindi, sul #110 di Strange Tales del 1963, un neurochirurgo ambizioso e antipatico, che un giorno si ritrova senza più l’uso delle mani per un incidente di macchina e la carriera stroncata. È proprio la sua smania di successo che lo porta allora a cercare una soluzione per le strade meno percorse, trovando rifugio nelle arti mistiche e, dopo aver fatto un bagno di umiltà, diventando lo Stregone Supremo delle Arti Magiche.
Contestualizziamo.
Negli anni 60, negli Stati Uniti, la minaccia della bomba atomica è concreta e il mondo sembra essere spezzato tra diverse idee di materialismo. Da un lato il capitalismo americano, dall’altro il socialismo sovietico: per un giovane studente l’unica strada sembra allora quella di trovare rifugio in un mondo diverso e più spirituale: ed ecco che la nascita di Stephen Strange si inserisce nel bel mezzo della controcultura giovanile, della psichedelia, dello spiritualismo e del misticismo.
Nonostante oggi sia stato necessario un film blockbuster con Benedict Cumberbatch per renderlo celebre, in quegli anni l’inquilino del numero 177/A di Bleecker Street fu uno dei personaggi ad avere maggiore impatto sulla società: un personaggio che percorse i tempi, e su cui gli sceneggiatori hanno più volte osato sia dal punto di vista narrativo che del disegno. Nel 1963 eravamo all’inizio del boom dei movimenti pacifisti ed antimaterialisti, e le culture orientali esotiche e lontane dalla quotidianità occidentale sembravano offrire una dimensione esistenziale che non mortificasse l’anima e la creatività. Non è quindi un caso se il Sancta Sanctorum di Strange sia in Bleecker Street, ovvero proprio nel cuore del Greenwich Village, luogo dove le controculture americane nascevano e si espandevano, quartiere alternativo che ha visto svilupparsi nel proprio interno ogni genere di pensiero opposta a quello dominante. Da lì è nata la cultura Hippie, e sono passate la Beat Generation e il movimento della Gay Liberation.
Non saremo certo i primi a svelare che la Marvel Comics basa il suo strapotere editoriale e culturale oggi perché nei suoi 60 anni di vita ha saputo cogliere lo spirito del tempo e metterlo su carta, che sia stato per la blaxploitation di Black Panther, per i supereroi con super problemi dei Fantastici Quattro o per il liberismo politico di Captain America: e allora su Strange Tales 110 appare un dottore che sapeva esercitare sui giovani un impatto fortissimo. E buona parte del successo fu dovuta certo alle matite iperboliche di Steve Ditko: creatore grafico anche di Spider-Man, Dikto adattava il suo stile alla pop art americana, portando nelle vignette dei comics pubblicità, cartelloni, manifesti e stampe e facendone l’ossatura dei suoi disegni.
Con il Doctor Strange Ditko sperimentò come mai ebbe modo di fare altrove, e addirittura Roy Thomas, uno degli autori successivi dell’albo di Strange, disse a proposito che i suoi disegni “erano così arditi da far pensare che alla Marvel facessero uso di droghe. Molti lettori sostenevano di aver avuto visioni simili ai disegni di Doctor Strange quando erano fatti, o avevano assunto funghi allucinogeni”. Per amore di onestà va detto che Thomas rilasciò quella dichiarazione nel settembre del ’71, quando cioè alcune storie di Spider-Man erano finite sotto accusa per aver parlato degli effetti delle sostanze psicotrope: certo, per il suo carattere Dikto non era il tipo da utilizzare droghe, ma le sue tavole ebbero lo stesso un effetto devastante sulla cultura giovanile dell’epoca, e lo storico Bradford Wright dichiarò che lo Stregone Supremo “fu un precursore della controcultura giovanile basata sul misticismo e la psichedelia orientale”. E sono fatti incontrovertibili che i Jefferson Airplane nel 1965 tennero un live chiamato Tribute To Doctor Strange, e che i Pink Floyd non fecero mai mistero di amare il personaggio, immortalandolo sulla cover del loro album A Saucerful of Secrets nel 1968.
Dalle stelle alle stalle, fino alle stelle
Purtroppo, per un personaggio e una storia così profondamente radicata nella cultura a lui contemporanea, era difficile continuare ad avere un tale successo, la prima serie a lui dedicata durò solo una manciata di numeri, la seconda invece proseguì dal 1974 fino al 1987, la terza dal 1988 al 1996, ma senza minimamente raggiungere le vette delle origini. Bisogna aspettare il 2015 perché al chirurgo sia dedicata un’altra testata di qualità (con i testi di Jason Aaron), in occasione però del film Doctor Strange, con la regia di Scott Derrickson. Il film non è assolutamente un cinecomic convenzionale: e si capisce fin dalle prime sequenze, con una scena d’azione che lascia esterrefatti per la bellezza delle coreografie.
E Doctor Strange è in effetti un film anomalo, sia per le intenzioni alla base del progetto sia per la struttura drammaturgica: Derrickson non è certo un novellino (è suo uno degli horror più riusciti e spaventosi degli ultimi anni, Sinister) e possiede personaggi ampiamente scandagliati e soprattutto un assetto visuale di livello altissimo. Avvitamenti digitali di metropoli, simbolismo, rituali magici, loop spazio-temporali: sembra insomma risuonare l’anima di quell’eroe non tanto della controcultura ma della psichedelia, pronto a stupire e ad incanalarsi verso soluzioni raffinate e inedite, innestando autorialità ed originalità in un cinecomic ovvero in un genere che, prima del MCU, sembrava poter mostrare solo spenti combattimenti di uomini in calzamaglia. Doctor Strange lega insospettabilmente mondi inconciliabili come scienza e magia, declinando insieme risonanze magnetiche e libri di Cagliostro, flebo e Occhi di Agamotto, mostrando che è il pensiero a plasmare la realtà: e strizza gli occhi sia all’Inception di Christopher Nolan che ai paradossi geometrici di Escher.
Addirittura, il film era talmente perfetto e concluso e coerente in se stesso che era difficile concepire un sequel all’altezza: lo hanno fatto in Marvel, affidando prima di tutto la regia ad un outsider assoluto come Sam Raimi. Facendo intuire fin dal titolo il tono che assumerà il film: folle e tenebroso, come l’autore de La Casa, ma sicuramente sempre più legato alle sue provenienze narrative e cartacea.
Perché nei fumetti Strange, pur nei periodi in cui non aveva una sua testata a solo, appariva come guest in diverse avventure: cosa successa sia nella miniserie Avengers: Vision and the Scarlet Witch, di Steve Englehart, sia in House of M, di Brian Bendis.
E non si citano queste due storie a caso, perché nella miniserie di 12 e nell’altra di 4 fulcro delle vicende era proprio Scarlet, la strega buona che ha fatto impazzire tutti nella serie Disney+. Strega che ha fatto nascere “dal nulla”, assistita da Stephen Strange, i suoi due gemelli Thomas e William; e che quando si è accorta che i figli non erano altro che una proiezione del suo inconscio è impazzita ricreando una realtà tutta per sé: avvenimenti resi possibili grazie alla magia di Wanda, chiamata proprio Magia del Caos. E il cerchio si chiude.
Il multiverso degli eroi
Se nelle prime tre fasi del MCU il perno narrativo era il Guanto dell’Infinito e la sua ricerca da parte di Thanos, sembra proprio che le nuove produzioni gireranno intorno al concetto di Multiverso.
Un concetto ben noto ai lettori di lunga data della Marvel, in quanto gli universi paralleli sono pane quotidiano per i fan: ma che nell’universo condiviso al cinema è invece relativamente nuovo, in quanto solo in WandaVision si è avuto, nell’ultima scena post titoli di coda dell’ultimo episodio, un accenno al concetto. Wanda ha ristabilito l’ordine, distrutto l’Hex e suo malgrado detto addio alla Visione che lei aveva creato grazie alla sua magia del Caos unita ai poteri della Gemma della Mente: ma mentre studia il Darkhold, libro mistico per eccellenza dell’Universo Marvel, sembra sentire le urla dei suoi due bambini provenire da chissà quale dimensione.
Uniamo i puntini: perché anche nel prossimo venturo film (canonico) di Spider-Man, No Way Home, previsto per dicembre 2021, sembra proprio saranno presenti le versioni “alternative” di Peter Parker provenienti dagli altri film del franchise, ovvero Andrew Garfield e Tobey Maguire, insieme a villain degli stessi film, cioè Jamie Foxx aka Electro e Alfred Molina aka Dottor Octopus.
Anche il futuro film di Ant-Man, intitolato Quantumania e la cui uscita nei cinema dovrebbe avvenire nel corso del 2022, avrà tra i villain Kang il Conquistatore (interpretato da Jonathan Majors, già visto in Lovecraft Country).
Diventa allora quasi obbligatorio attendere con impazienza Doctor Strange in the Multiverse of Madness: sarà uno spettacolo indimenticabile, come al solito. Ma sarà anche un ulteriore punto di contatto tra cinema e fumetti e una scorrazzata folle nel mondo di un regista geniale come Raimi.
E se qualcuno, da qualche parte nel multiverso, lo ha già visto e ne vuole parlare, ce lo faccia sapere.