Dopesick – Dichiarazione di dipendenza recensione serie TV Disney+ di Danny Strong con Michael Keaton, Peter Sarsgaard, Michael Stuhlbarg, Will Poulter, Kaitlyn Dever e Rosario Dawson
Dopesick: il filo rosso che lega denaro e dolore
È arrivato il momento di ridefinire la natura del dolore.
[..] Convivere con il dolore ci impedisce di vivere come vorremmo. Di vivere il meglio di noi stessi.
(Michael Stuhlbarg è Richard Sackler in Dopesick)
Quando fiction e inchiesta si incontrano non sempre i risultati sono quelli sperati: ma nella storia del cinema sono molti anche gli esempi di grandi film nati sotto questa stella e che sono riusciti nel loro intento (basti pensare a Insider diretto da Michael Mann nel 1999 o a Il caso Spotlight diretto da Tom McCarthy nel 2015).
Adesso ci prova anche il piccolo schermo a fare il salto di qualità in tal senso: e ci prova con Dopesick – Dichiarazione di dipendenza, miniserie di otto puntate creata da Danny Strong, distribuita negli Stati Uniti da Hulu e in Italia da Disney+.
La narrazione della vicenda ruota tutta attorno a uno degli scandali farmaceutici più clamorosi nella Storia degli Stati Uniti, una storia tragicamente vera: quella delle Big Pharma, in particolare di Purdue Pharma e del suo Oxycontin.
E tutto nasce da una promessa: quella del far scomparire per sempre la sofferenza nei malati, qualsiasi sia la malattia che li affligge.
Ed in una società pervasa dal consumismo più sfrenato diventa così facile, troppo facile, fare attecchire il sogno dei sogni: diventare imbattibili, sconfiggere per sempre il dolore.
Ma la ricetta di questo miracolo è reale? O si tratta solamente di un grande inganno in nome del profitto?
La macchina del tempo dell’indagine
Ed è su queste basi che scorre avanti e indietro la macchina del tempo degli eventi, come nella migliore delle indagini, come nel migliore dei gialli. Solo che, come abbiamo anticipato, qui è tutto quanto vero.
Come in un puzzle ci ritroviamo avanti e indietro nel tempo, dai primordi della messa in vendita della panacea che guarisce tutti i mali fino a giungere alla scoperta dei suoi “altarini”, di quel qualcosa che non quadra perfettamente.
A tratti questo modo di raccontare la storia potrebbe apparentemente disorientare: ma per raccontare e far comprendere la gravità della situazione questo sembra l’unico modo.
E ogni pezzo, alla fine, si incastra perfettamente l’uno con l’altro, regalandoci un quadro di insieme tanto nitido quanto desolante.
Carnefici e vittime, l’uno accanto all’altro
Come in una sorta di affresco vivente vediamo ritratti accanto e assieme carnefici e vittime, venditori e acquirenti, demoni e dannati.
In questo modo assistiamo alla discesa negli Inferi della tossicodipendenza di alcuni e all’innalzarsi all’Olimpo dei colletti bianchi per altri.
Ma in fondo ci rendiamo conto che si tratta di dipendenze a tutto tondo, anche se di tipo diverso: la dipendenza psicofisica dagli oppiacei non corrompe l’animo meno dell’illimitata avarizia, della profonda cupidigia di denaro e di potere.
E da questa dicotomia delle dipendenze che forse emerge il miglior pregio di Dopesick: questa serie condanna le azioni riprovevoli di chi ha diffuso il farmaco mostrandocene gli effetti devastanti allo stesso tempo su chi ne ha abusato.
Senza eccessivamente calcare la mano e utilizzando comunque l’arma dell’equilibrio, del fatto. Ma non senza stimolare la riflessione, l’emozione di chi sta guardando lo schermo.
E in fondo non serve neanche un narratore che faccia da tramite: sarà lo spettatore in prima persona a giudicare da sé quello che vede, a diventare il primo testimone di questa ampia inchiesta.
Cast e regia di primissimo livello
A impreziosire un’opera certamente ben fatta e ben strutturata, una delle migliori per il piccolo schermo del 2021, c’è senz’altro un cast di primissimo livello: da Michael Keaton a Rosario Dawson, da Peter Sarsgaard a Michael Stuhlbarg siamo alla presenza di alcuni tra i migliori attori in circolazione.
Infine, ulteriore valore aggiunto, la serie si è fregiata anche della regia di Barry Levinson, noto regista di grandi film quali Good Morning Vietnam (1987) e Sleepers (1996), e di Michael Cuesta, che ha fatto da regista a molti episodi di grandi serie per il piccolo schermo come Six Feet Under o Homeland.
Dopesick dunque è senz’altro una delle piacevoli conferme dal successo annunciato di questo 2021: candidata a ben tre premi ai prossimi Golden Globes (miglior miniserie o film TV e miglior attore e attrice protagonista, con candidati Michael Keaton e Kaitlyn Dever) potrebbe essere la migliore inchiesta con elementi fiction di quest’anno.
La parola adesso spetta alle giurie.