Doppio Sospetto recensione film di Olivier Masset-Depasse con Veerle Baetens, Anne Coesens, Mehdi Nebbou, Arieh Worthalter, Jules Lefebvres e Luan Adam
Tratto da un romanzo di Barbara Abel e presentato al Festival di Toronto nel 2019, Doppio Sospetto (Duelles) è un thriller psicologico d’autore, frutto di una coproduzione fra Belgio e Francia. Il regista Olivier Masset-Depasse (Illégal) vi racconta la storia di Alice e Coéline, due vicine di casa la cui forte amicizia sarà messa a dura prova dall’accidentale morte del figlio di Céline; in un susseguirsi di reciproche accuse, ulteriori lutti e momentanee riconciliazioni, il rapporto ambivalente e a tratti morboso fra le due donne è il vero protagonista di un film che risente chiaramente dell’influenza di Hitchcock e di David Lynch. Il film ha vinto nove premi Magritte, l’equivalente dei nostri David di Donatello, battendo perfino i fratelli Dardenne e risultando il film più premiato della storia dei Magritte; è attualmente in corso di realizzazione un remake americano della pellicola, diretto dallo stesso Masset.
Di Doppio Sospetto spicca innanzitutto lo stile di regia, capace di trovare soluzioni innovative nell’uso della steadycam a quasi cinquant’anni dalla sua invenzione; la macchina da presa di Masset e del suo direttore della fotografia Hichame Alaoui è impegnata, soprattutto nella prima parte del film, in un movimento fluido e costante che sposta continuamente l’attenzione da un personaggio all’altro; molto particolare anche l’uso delle dissolvenze, dei fuori fuoco e di una serie di altre piccoli giochi di fotografia che vengono sfruttati in molti film, ma con molta meno maestria. L’ambientazione negli anni sessanta della vicenda narrata si sposa appieno con la scelta di girare il film in pellicola. Altrettanto riuscite le interpretazioni delle due protagoniste, in particolare quella di Veerle Baetens (Alabama Monroe – Una storia d’amore); non male anche la recitazione dei due bambini, Jules Lefebvres e Luan Adam, che interpretano i figli delle due donne.
La sceneggiatura, adattato a quattro mani dal regista e da Giordano Gederlini, è allo stesso tempo tradizionale e innovativa; tradizionale e forse non originalissima nel ritrarre in maniera pressoché esclusiva i rapporti più o meno morbosi fra due donne, il che inserisce Doppio Sospetto in un filone che fa capo a Persona di Ingmar Bergman; è però innovativa nello scegliere l’evento che scatena l’intera vicenda, la morte del figlio di Céline davanti agli occhi di Alice, e nelle implicazioni che questo evento ha: Céline accusa l’amica di non essere riuscita a salvarlo, e per superare il lutto cerca di avere un rapporto personale con Theò, il figlio celiaco di Alice; Alice non vede di buon occhio questo rapporto e, soprattutto dopo l’enigmatica morte della suocera, nutrirà sospetti sempre più forti verso l’amica.
Forte di queste particolarità, Doppio Sospetto risulta essere un thriller atipico, psicologico o per meglio dire “psicologizzato”, il cui vero obiettivo più che creare una tensione costante è quello di ritrarre la psicologia delle due donne; dall’altra parte però non mancano scene di suspense pura, che inchiodano per alcuni minuti lo spettatore alla sedia. I dialoghi e il montaggio a volte sembrano essere troppo esplicativi: piuttosto che puntare a un “realismo mimetico”, a far trasparire indirettamente i pensieri e le inquietudini dei protagonisti, più di una volta sono diretti, e non del tutto giustificati da quanto visto nella singola scena (“Sono una pessima madre”).
Allo stesso tempo, la risposta al dubbio se i sospetti di Alice siano fondati o meno arriva in una maniera un po’ fastidiosamente “americana”, come una rivelazione tutt’altro che inaspettata che sembra essere al tempo stesso o tardiva o precoce, di certo fuori tempo sia per creare maggiore tensione nel terzo atto del film sia per, alternativamente, far rovesciare l’interpretazione che lo spettatore ha dato delle vicende con una rivelazione finale scioccante.
Questi piccoli difetti sono però compensati da un finale impressionante, sintesi perfetta del motto rilkiano di “bellezza e terrore” che avvicina Doppio Sospetto, nel suo unire la poesia visiva alla ferocia unicamente psicologica, a film quali Martyrs di Pascal Laugier o Troi jours et une vie di Nicolas Boukhrief, altro film belga del 2019 che verteva su tematiche analoghe.
Ludovico