Dove osano le cicogne recensione film di Fausto Brizzi con Angelo Pintus, Marta Zoboli e Andrea Perroni
In una Milano fatta di scuole pubbliche colorate e stranamente perfette, personaggi eccentrici e arredamenti di design, si sviluppa la storia scritta dal comico Angelo Pintus e da Fausto Brizzi, che ne cura la regia. Un approccio scanzonato e volutamente sopra le righe accompagna una comicità facile e, talvolta, infantile mentre apprendiamo il carattere di ogni personaggio.
Pintus è infatti un maestro di una scuola elementare sui generis, in cui i bambini sembrano comici tanto quanto il maestro, in cui l’insegnamento non è importante e il bullismo un simpatico scherzo.
La coppia protagonista che conosciamo ben presto rientra in quello schema di personaggi tipizzati atti a fare comicità: Pintus, eccentrico e insicuro, e Marta (Marta Zoboli), nevrotica e paranoica.
Fin da subito lo spettatore è messo al corrente che non siamo di fronte ad una coppia felice che si vuole bene, ma è chiaro l’intento umoristico. Tuttavia, questo velo di superficialità, è interrotto quando appare evidente la storia principale del lungometraggio: la maternità surrogata. Infatti, dopo che Angelo e Marta provano per l’ennesima volta ad avere un figlio, decidono di affidarsi alle cure di uno specialista, per poi capire che l’unica soluzione per avere un figlio, che sia comunque loro, è quello della maternità surrogata.
Un tema sicuramente delicato da trattare con rispetto e la dovuta accortezza. Il 16 ottobre del 2024 il Senato italiano ha dichiarato che la pratica della gestazione per altri è stata resa illegale, anche se compiuta in un altro paese; anzi, è stata dichiarata reato universale, termine che ha fatto discutere, dato che non è considerato un reato in tutti i paesi, per cui l’utilizzo della parola universale sembra improprio. È sicuramente un argomento scottante, al centro dell’informazione odierna, ma nel film di Brizzi appare come una simpatica avventura.
A partire dal personaggio dell’infermiere corrotto Andrea (Andrea Perroni) che porta con sé una comicità ingenua, se non poco intelligente, fino ad arrivare al contesto da cui viene la ragazza disposta a intraprendere questa gestazione (Beatrice Arnera), in un garage dove oziano ragazzi “tossici” e truccati di nero. Entrambi sembrano raccontare il classico disagio descritto nelle fiction italiane di inizio secolo, dove non ci si preoccupava della credibilità o della profondità dei personaggi, ma dell’effetto comico. Purtroppo, questo setting sembra decisamente sbagliato per presentare un tema così importante come quello della maternità surrogata.
L’illegalità del metodo di concepimento diventa fenomeno di battute scontate e meccanismi di ricatto a fini ludici; il desiderio di avere un figlio da parte di Angelo e Marta è continuamente ridicolizzato facendolo apparire, ancora una volta, una superficiale avventura.
I personaggi di Dove osano le cicogne non sembrano adatti a una storia del genere, inoltre Pintus produce continuamente gag, alcune riuscite, altre meno, ma che fanno desiderare un momento di silenzio da parte di un personaggio che sembra non saper far altro che fare battute.
Il sogno di questa coppia di professionisti benestanti è supportato da carabinieri e infermieri corrotti e dall’appiattimento di personaggi stranieri utilizzati con leggerezza come pedine del racconto.
Bisogna chiedersi: è questo che il pubblico vuole? Ridere senza pensare? L’obiettivo può essere questo, ma si deve rinunciare a certe tematiche e si deve puntare su una comicità adatta ai giorni nostri, con i giusti ritmi e i giusti punti comici.
Dove osano le cicogne si presenta come un buon film di inizio secolo, per un pubblico distratto e che non pretende troppo, tuttavia, l’utilizzo di un tema così importante in un film così poco responsabile, avrebbe comunque destato stupore se non indignazione.
La regia è pulita, la fotografia chiara e semplice, simile a quella di una pubblicità; gli attori si impegnano, cercando di farcela in una sceneggiatura debole e piena di problematiche.
Pur consapevole della portata comica del film, lo spettatore odierno resta estremamente deluso dalla presentazione dei personaggi e degli eventi.