Downton Abbey recensione in anteprima del film di Michael Engler, sequel della serie tv con protagonisti Maggie Smith, Michelle Dockery, Hugh Bonneville, Elizabeth McGovern, Jim Carter e Imelda Staunton
Nella vasta selezione ufficiale della 14° edizione della Festa del Cinema di Roma troviamo dei volti conosciuti. La famiglia Crawley è pronta a tornare sullo schermo dal prossimo 24 ottobre con Downton Abbey, un film che conserva perfettamente lo spirito dell’amatissima serie tv.
Downton Abbey è in tutto e per tutto un seguito della serie televisiva. Siamo agli albori degli anni Trenta, in un’Inghilterra ancora comandata a bacchetta da una generazione ottocentesca. La grande residenza dei conti di Grantham è uno degli ultimi baluardi rimasti di questo stile di vita aristocratico destinato a sparire. Nel film rincontriamo tutti i personaggi che abbiamo imparato a conoscere e amare durante le sei stagioni della serie tv, dai coniugi Robert (Hugh Bonneville) e Cora (Elizabeth McGovern) alle sorelle Mary (Michelle Dockery) e Edith (Laura Carmichael), dal signore e la signora Bates (Brandon Coyle e Joanne Froggatt) al signore e alla signora Carson (Jim Carter e Phyllis Logan), fino ad arrivare all’iconica nonna-Grantham Violet Crawley (interpretata da una sempre raggiante e pungente Maggie Smith). Ma non mancano volti nuovi, come Lady Bagshaw (interpretata da Imelda Staunton).
Questa volta i variegati personaggi che abitano la grande Downton Abbey si vedono costretti a dover organizzare la permanenza nella loro dimora nientemeno che del Re e della Regina d’Inghilterra. Se dapprima tutti sono esaltati all’idea, la situazione cambia nel momento in cui la servitù scopre che i loro servigi non saranno necessari, in quanto i reali porteranno con loro da Londra la corte personale. Ovviamente, i leali servitori della famiglia non accettano di buon grado questa “presa di potere” e cercheranno in tutti i modi di mettere i bastoni tra le ruote all’altezzoso seguito del Re. Ma il film propone anche altri temi, legati strettamente al periodo storico nel quale è ambientato. Da attentati alla vita del sovrano, all’insurrezione irlandese, fino ad arrivare alla precaria condizione degli omosessuali. C’è un po’ di tutto in questo lungometraggio di Downton Abbey e forse su alcuni di questi temi si perde un po’, ma nulla che distolga troppo l’attenzione dalla vera natura della pellicola.
Tutto è rimasto come lo avevamo lasciato, forse ancora più splendente. Il profilmico è sempre stupefacente, con un’attenzione al dettaglio più maniacale che in passato, sicuramente dovuto al fatto che questa volta la destinazione finale sono le sale cinematografiche. Dai costumi, agli ambienti, agli oggetti di scena. Tutto è perfetto, esattamente come vorrebbe il signor Carson. La regia di Michael Engler è dinamica, movimentata. Rende il tutto più conforme al mercato al quale si riferisce. Il ritmo è abbastanza incalzante (nei parametri della serie televisiva), con momenti ben cadenzati tra dramma e commedia. In poche parole, è Downton Abbey sul grande schermo.