Dream Horse recensione film di Euros Lyn con Toni Collette, Damian Lewis, Owen Teale, Alan David, Lynda Baraon e Joanna Page
Jan Vokes (Toni Collette) cammina sull’orlo della depressione. La sua vita è monotona e si divide tra assistenza agli anziani genitori, un marito (Owen Teale) sconfitto dagli eventi, un doppio lavoro poco gratificante e una situazione economica difficile. Aggiungeteci Cefn Fforest, l’ex villaggio minerario del Galles, una di quelle cittadine in cui tutti conoscono un po’ tutti pur rimanendo estremamente riservati. La scintilla scocca nel momento in cui compare Howard (Damian Lewis), un ex frequentatore del mondo delle corse ippiche, con i suoi discorsi su stalloni e purosangue. Se si hanno tempo, amore e passione perché non crescere una campione dell’ippodromo con l’aiuto di alcuni concittadini?
Sembra un’esagerazione, una storia totalmente inventata, ma dietro Dream Horse c’è l’improbabile ma verissima storia di Dream Alliance, il cavallo da corsa che da una stalla di fortuna è arrivato a vincere il Welsh Grand National contro ogni pronostico. Un percorso fatto di sacrifici, cadute e incognite che non ha impedito al sogno di una piccola comunità di realizzarsi. Dopo un documentario realizzato nel 2015, ora un nuovo capito sul grande schermo affidato ad Euros Lyn con un cast di tutto rispetto, calato alla perfezione in un dialetto dall’inflessione ostica e particolare.
Il regista gallese ha trascorsi prevalentemente televisivi, ha diretto episodi di grandi serie internazionali (Sherlock, Doctor Who, Daredevil) e, in punta di piedi, firma la regia di quello che può essere considerato senza margini di errore un film ispirazionale e a tratti quasi sociale. C’è la voglia di riscatto, un territorio aspro e fagocitato dalla globalizzazione e le esistenze di persone in balia del vento, tranne nel momento in cui sono al pub a tracannare una birra. Il successo di Dream Alliance è una boccata d’ossigeno per Jan e i suoi folli amici sognatori, ma anche uno spaccato del crudele classismo della società tanto nello sport quanto nella quotidianità.
Sarà stato questo a permettere che una storia del profondo Galles abbia potuto raggiungere prima il Sundance e poi lentamente tutto il resto del mondo. Davide ha sconfitto Golia e, di questi tempi, se ne ha un disperato bisogno.