Dyspnea recensione documentario di Luigi Cuomo presentato all’ultima edizione del Festival Internazionale del Cinema Laceno d’Oro.
Il regista di Dyspnea Luigi Cuomo ha avuto coraggio.
La maggior parte delle persone lascia questo mondo senza imprimere una traccia resistente al tempo, se non il ricordo custodito dalla rete affettiva di cui ha fatto parte. La scomparsa di suo padre, invece, ha riportato a galla l’archivio digitale della sua grande passione: il grande blu, teatro di mille solitarie immersioni. Un campionario di immagini e ricordi che reclamavano uno spazio e ossigeno, schiacciati ora da un’assenza capace di rendere l’aria rarefatta e la respirazione difficoltosa.
Ecco invece l’occasione di tuffarsi insieme per tutte le volte necessarie a trovare il fil bleu aggrovigliato per una vita intera e forse mai del tutto dipanato, elaborando un contrappunto alle immagini fatto di considerazioni in prima persona che meglio risuonano dove paradossalmente c’è un silenzio assordante. Conviene tirare in ballo Pasolini per spiegare meglio di cosa stiamo parlando: “finché siamo vivi, manchiamo di senso, e il linguaggio della nostra vita (con cui ci esprimiamo, e a cui dunque attribuiamo la massima importanza), è intraducibile: un caos di possibilità, una ricerca di relazioni e di significati senza soluzione di continuità. La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti significativi (e non più ormai modificabili da altri possibili momenti contrari o incoerenti), e li mette in successione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, e dunque linguisticamente non descrivibile, un passato chiaro, stabile, certo, e dunque linguisticamente ben descrivibile. Solo grazie alla morte, la nostra vita ci serve ad esprimerci”.
Quei filmati, quelle foto che fino a poco tempo fa erano una matassa di reportage amatoriali diventano nel documentario un canale privilegiato per rivelare l’essenza di qualcuno attraverso sé stessi. Tutto questo lo rende un’opera che in Giappone verrebbe identificata come shibusa, quella caratteristica che rende un’oggetto di una bellezza più alta del normale in quanto semplice, ruvida e sottile dovuta alla sapiente alchimia di 7 diversi attributi: semplicità, implicito, modestia, tranquillità, naturalezza, autenticità e normalità.
Un concetto difficile da rendere per iscritto ma molto più immediato osservando attentamente Dyspnea e il suo coraggio latente.