E noi come stronzi rimanemmo a guardare recensione film Sky di Pierfrancesco Diliberto con Fabio De Luigi, Ilenia Pastorelli, Pif e Eamon Farren
Siamo diventati una società veramente strana, legata a doppio filo con un progresso tecnologico che soprattutto negli ultimi anni ha fatto passi da gigante in un arco di tempo breve. Quella che abbiamo di fronte è un’era dell’informazione impensabile prima dell’avvento del nuovo millennio, fantasie legate ai racconti di fantascienza o a film sci-fi con ambientazioni futuristiche e quant’altro.
Ci siamo arrivati anche noi e continuiamo a percorrere questa strada verso una maggiore automatizzazione della nostra esistenza, grazie a nuovi strumenti come gli smartphone, ormai diventati parte integrante della nostra quotidianità. Grazie alle nuove multinazionali del digitale e dell’informazione andiamo sempre più incontro ad una società che si muove attraverso i tasti di uno schermo luminoso sempre a portata di mano. Davvero, però, tutto questo progresso ci ha resi una società migliore?
La terza fatica del regista palermitano Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, si discosta dalle produzioni precedenti in primo luogo per l’ambientazione. E noi come stronzi rimanemmo a guardare è ambientato in un ipotetico futuro, in cui oramai la vita delle persone è controllata da algoritmi e app estremamente machiavelliche e rigide. Lo sa bene il protagonista Arturo Giammarresi (Fabio De Luigi), che dalla sua azienda viene licenziato proprio per aver creato uno di questi fantomatici codici che migliorano la vita delle persone. Disoccupato e lasciato dalla fidanzata, trova lavoro come rider per Fuuber, nuova app che con i suoi dubbi slogan sta spopolando a livello mondiale e propone servizi di qualsiasi genere. Tra questi un sistema avanzato di ologrammi a cui il povero Arturo, squattrinato e solitario, si affida per lenire il suo stato esistenziale: Stella (Ilenia Pastorelli), rappresentazione della sua donna ideale e sempre a portata di mano.
Pif ha deciso di non guardarsi indietro questa volta, rinunciando alle ambientazioni siciliane e più familiari al regista per guardare avanti verso un domani non troppo distante, in una Roma trasposta sul grande schermo come un luogo multiculturale e apparentemente avanti nel tempo e nella tecnologia. Ciononostante il regista di Palermo non abbandona il suo stile mordente e sagace: se con La mafia uccide solo d’estate e In guerra per amore la Storia, intesa come racconto di un paese che cambia, diventa un mezzo per metterci in guardia su come viva l’Italia adesso, con E noi come stronzi rimanemmo a guardare si guarda ad una Storia che ancora non esiste, ma che in parte possiamo constatare noi adesso perché in questo strano e claustrofobico futuro ci siamo immersi e iniziamo a viverlo.
Rispetto ai film precedenti, però, la componente comica è accentuata, lasciando maggiore spazio a siparietti divertenti e a battute ben congeniate, contestualizzate in maniera simpatica ed efficace. In alcuni momenti, però, si respira un certo eccesso nella sdrammatizzazione, alleggerendo un tema di fondo che non avrebbe bisogno di freni nell’essere trattato. Forse proprio perché per la prima volta Pif si muove verso un terreno inesplorato, lontano dalle tragiche e tristemente note azioni di Cosa Nostra o le strane e discutibili manovre attuate dagli americani in Sicilia nel Secondo Dopoguerra.
E noi come stronzi rimanemmo a guardare si pone con grande ironia una domanda lecita sui limiti che dovrebbe avere il nostro consenso ad un progresso tecnologico così sfrenato, una commedia irriverente quella di Pif che perde un po’ del suo fascino proprio nella parte drammatica, che invece contraddistingueva la sua produzione precedente. Un film comunque estremamente godibile, una divertente critica ad una ipotetica società futura che, in fondo, è più vicina di quanto si possa credere.