…E tu vivrai nel terrore! – L’aldilà recensione del film di Lucio Fulci scritto da Dardano Sacchetti con Catriona MacColl, David Warbeck e Cinzia Monreale
…E TU VIVRAI NEL TERRORE! Ogni volta che si parla del grande horror all’italiana si tende quasi sempre a tessere panegirici sui capolavori di Dario Argento (quando ancora azzeccava i film) e Mario Bava (uno che invece, sì, non ha mai sbagliato un colpo).
Giustamente, visto che si parla di due titani del genere, ma non del tutto. Infatti, tra questi due maestri del terrore di casa nostra si mosse pure una figura più piccola, spesso ostracizzata, rivalutata post-mortem come solitamente avviene con i grandi incompresi, ma ancora oggi sottovalutata dai più: Lucio Fulci.
Spesso considerato più un artigiano che un autore, Fulci si è fatto largo nel fermento creativo dell’industria filmica italiana degli Anni Sessanta a suon di commedie e musicarelli, passando per generi diametralmente opposti quali lo spaghetti western e il giallo hitchcockiano, con una versatilità invidiata da molti nell’ambiente e divenuta negli anni oggetto di studio. Tracce di un discorso critico verso l’essere umano e le contraddizioni della civiltà sono ravvisabili in tutti i suoi lavori, anche quelli meno avvincenti, ma ciò che ancora oggi lascia a bocca aperta è la dote di Fulci nel confezionare prodotti di elevatissima qualità artistica pur essendo tirati al risparmio e girati quasi sempre con il “buona la prima”.
La Trilogia della Morte, chiave di volta della lunga trasferta fulciana nell’horror, può essere considerata la vetta e il definitivo lascito di un artista che nel cinema vedeva per prima cosa una fonte di sostentamento grazie alla quale poteva sbarcare il lunario. Combattendo il più delle volte con ingerenze dei produttori e budget più ridotti del dovuto, il lavoro artigianale di Fulci (e del geniale effettista Giannetto De Rossi) decretò la vittoria del mestiere e dell’ingegno sull’effimero valore del soldo. Già il magnifico Paura nella città dei morti viventi (1980) brillava di un tangibilissimo senso per il sanguinolento e per il terrore puro che gli effetti speciali caserecci sapevano incrementare, ma è con …E tu vivrai nel terrore! – L’aldilà (1981) che si sintetizza la summa massima dell’estetica di quello che in Francia era denominato “il poeta del macabro”.
…E tu vivrai nel terrore! – L’aldilà: sinossi
Louisiana degli Anni Venti. Un pittore accusato di praticare la stregoneria viene torturato, crocifisso e coperto con la calce viva nella sua stanza d’albergo. Mentre si consuma il linciaggio, la giovane Emily (Cinzia Monreale) si imbatte nel libro maledetto noto come Eibon, che subito prende fuoco tra le sue mani, lasciandola cieca.
Cinquant’anni più tardi, l’intraprendente Liza Merill (Catriona MacColl) ottiene in eredità l’hotel Sette Porte e decide di ristrutturarlo. Scoprirà a sue spese e di tutti quelli con cui viene a contatto che l’albergo è stato edificato su uno dei sette portali dell’inferno, e scatena sulla Louisiana un’invasione di morti viventi assetati di sangue.
La concretezza del terrore
Con uno splendido e violentissimo incipit dalle immagini color seppia, che omaggia esplicitamente La maschera del demonio di Mario Bava, …E tu vivrai nel terrore! – L’aldilà mette al centro di tutto la paura della morte e della solitudine, evidente nelle insistite riprese su spazi aperti e isolati, nell’isolamento dell’uomo processato e torturato per stregoneria nel prologo, e in tutte quelle scene dove la presenza di un singolo personaggio solitario catalizza l’attenzione dello spettatore in scenari di vuoto assordante.
Lo splatter tocca in questo film vertici che persino il Dario Argento più folle si sognava, esplicando così il lato concreto della morte e della disgregazione della psiche di fronte a un orrore troppo grande per la mente umana. Particolare rilievo assume la cecità, non più un handicap ma, come nella mitologia greca, fonte di un potere più grande, ovvero la percezione extra-sensoriale del male con cui l’uomo profana il mondo nella sua volontà capitalistica (ed egoistica) di arrivare alla vetta ad ogni costo. Il senso della vista e gli occhi non sono mai stati tanto importanti nel cinema di Fulci come in …E tu vivrai nel terrore! – L’aldilà. Il film è pieno scene in cui i bulbi oculari sono protagonisti più degli attori stessi, specchio dell’anima e metafora dell’occhio della camera da presa che viene trafitto e annientato, coerentemente alla poetica del regista romano che “distruggeva” i generi per innovarli e rivestirli di nuova carne.
In tutto ciò si inserisce la figura dello zombie, ancora più purulento di quanto già non fosse nelle sue vesti romeriane. Il morto vivente di Fulci non ha più nulla di umano, nemmeno i ricordi di una vita passata che lo conducevano a trascinarsi tra i corridoi di un centro commerciale; è solo una macchina di morte che uccide mossa solo dai suoi istinti bestiali. Fulci non cela nulla, mostra con schiettezza sangue e frattaglie perché ben consapevole che il macabro fa parte della vita di tutti i giorni e non può essere mascherato da ellissi o autocensure; l’essere umano può provare a reagire all’orrore, ma il bene non trionfa sempre sul male né la redenzione vale per tutti, e ciò che resta è solo l’oscurità della follia.
Avere stomaco per il grande cinema
L’atmosfera di …E tu vivrai nel terrore! – L’aldilà, trascendente ogni logica della realtà, è la più inquietante mai respirata in un horror di Fulci. Nulla di ciò che accade sullo schermo è concepito per divertire, immerso tutto com’è in un turbinio di crudeltà che gli effetti speciali sanguinolenti, l’uso disturbante del sonoro (memorabile lo stridio delle tarantole che divorano vivo il personaggio interpretato da Michele Mirabella) e la colonna sonora non fanno che amplificare. Fabio Frizzi aveva già deliziato le orecchie con temi memorabili come quello di Sette notte in nero, ma per …E tu vivrai nel terrore! – L’aldilà firma un capolavoro musicale che non ha nulla da invidiare con le partiture dei Goblin di Claudio Simonetti.
Il finale evocativo e pessimista del film cesella e riassume tutta la grandiosità del cinema granguignolesco di Fulci in un’esperienza orrorifica che va vissuta per davvero comprenderne sfaccettature drammatiche. Sebbene Fulci non sia più stato in grado di ripetere un tale risultato artistico, …E tu vivrai nel terrore! – L’aldilà è stato un demiurgo importante per lo splatter degli Anni Ottanta e Novanta, senza il quale non avremmo avuto probabilmente quei genietti di Sam Raimi o Peter Jackson.