Easy Living – La vita facile recensione film di Orso e Peter Miyakawa con Camilla Semino Favro, Manoel Hudec, Alberto Boubakar Malanchino e James Miyakawa
Se avessi solo tre secondi per decidere la mossa che potrebbe cambiarti la vita, cosa decideresti? Conteresti all’infinito o ti butteresti?
In Easy Living, scritto e diretto da Orso e Peter Miyakawa, conosciamo quattro vite unite dalla felicità del vivere alla giornata, scappando dalle routine che potrebbe farli restare ad un punto morto.
Don (Manoel Hudec), a prima vista, è il classico americano di bell’aspetto e dalle avventure di qualche notte, ma nel profondo possiede l’anima dell’artista solitario che si scontra con una realtà completamente diversa dalla sua.
Il quattordicenne Brando (James Miyakawa) si ritrova a fare i conti con il mondo del lavoro, durante le vacanze di carnevale, in compagnia della sorellastra Camilla (Camilla Sevino Favro) che contrabbanda farmaci e alcol dalla Francia; insieme cresceranno in fretta e verranno messi alla prova, confrontandosi con una società che non conoscono ancora e trovando le risposte che cercano negli adulti che incontreranno lungo il cammino.
Elvis (Alberto Boubakar Malanchino) è un immigrato bloccato a Ventimiglia in attesa del suo ingresso in Francia per ricongiungersi alla moglie incinta a Parigi.
“Abbiamo voluto dare a Easy Living un’impronta di commedia malinconica, non un dramma, perché in questi anni carichi di conflitti sono stati fatti tanti film sul tema dell’immigrazione, molto spesso giustamente trattati in maniera drammatica. Questo può suscitare un effetto divisivo nei confronti del pubblico.
Noi abbiamo cercato di fare un film basandoci sull’empatia con la storia, trattandola in maniera leggera in modo che arrivi a più gente possibile”, specifica il regista Orso Miyakawa durante il nostro incontro.
Una commedia che nella sua semplicità affronta non solo il tema dell’immigrazione, risvegliando l’empatia dello spettatore, ma mostra com’è possibile rappresentare sia il lato maschile che quello femminile senza concentrarsi su uno solo di essi.
“Di questi tempi si parla molto di rappresentare il lato femminile e il lato maschile con le giuste proporzioni e, più che parlare, secondo noi è sempre importante fare. Per noi rappresentare la fragilità maschile, che conosciamo bene, era importante così come esaltare sia il corpo maschile quanto quello femminile. È sempre interessante mostrare entrambe le facce della medaglia anziché giocare solo su una sola perché è più popolare”, aggiunge Orso Miyakawa.
Da questo connubio di storie apparentemente diverse troviamo il comune denominatore di persone di varie età in balia del tempo e delle paure delle proprie scelte di vita, che si ritroveranno ad affrontare piccoli segreti, confessioni e la difficile missione di accompagnare Elvis al di là del confine.
“Trattandosi dei luoghi in cui siamo cresciuti, da far rivivere dunque attraverso i ricordi della nostra infanzia intrecciata con la realtà attuale, abbiamo pensato: quale modo migliore di raccontarli se non tramite gli occhi di un ragazzino, e che fosse proprio nostro fratello che incarna la nostra essenza da giovani, lui che sta vivendo adesso quei momenti”, spiega il co-regista Peter Miyakawa.
Le influenze del cinema americano sono ben visibili e, legate a paesaggi italiani ed attori che funzionano bene insieme, contribuiscono alla realizzazione di un’ottima opera prima di due giovani ragazzi che hanno voluto portare in Italia non solo i loro studi internazionali, ma anche una troupe under 30 pronta a dare il proprio contributo al cinema italiano.
“Appena siamo tornati ci siamo scontrati con le realtà produttive italiane e abbiamo messo su una piccola casa di produzione indipendente in famiglia. Abbiamo scritto una sceneggiatura ambientata in luoghi che conoscevamo bene: volevamo sfruttare la nostra esperienza e i nostri legami attraverso questo progetto, sviluppato in modo veloce, con un budget molto basso, mettendo insieme una troupe di meno di venti persone, tutte under 30, che abbiamo conosciuto durante il nostro lavoro nell’ambito dei cortometraggi i quali, a loro volta, hanno aggiunto elementi fondamentali per la realizzazione della nostra opera prima al cinema”, ci racconta Peter Miyakawa.
Sara