Edward recensione film di Thop Nazareno con Louise Abuel, Ella Cruz, Dido De La Paz, Elijah Canlas e Manuel Chua
Nel catalogo del Far East Film Festival 2020 c’è spazio anche per il cinema di formazione, e soprattutto per i debutti di novelli registi, è questo il caso infatti di Thop Nazareno, filmmaker, sceneggiatore e montatore filippino alle prese con il suo primo lungometraggio dopo anni di editing e cortometraggi.
In un ospedale delle filippine due giovanissimi amici passano le loro giornate cercando di sfuggire allo spettro della morte e della malattia che pervade ogni angolo dell’edificio, scommettendo sui pazienti e facendo corse illegali con le sedie a rotelle, per poi rintanarsi a fine giornata sotto i letti dei propri cari, ricoverati in attesa di analisi che sembrano non arrivare mai.
Con la partenza del fratellastro, Edward si ritroverà a prendersi cura di un padre che a malapena conosce, senza il sostegno della madre, defunta anni prima; ma l’arrivo di una nuova paziente sarà l’occasione per scoprire nuovi sentimenti, forse innamorarsi e crescere ulteriormente; le tragedie sono però dietro l’angolo e non tardano a farsi presenti.
Cinéma vérité e regia a tratti documentaristica, colonna sonora leggera e abbozzata, questi i tratti presentati da Thop Nazareno in Edward, film dalla narrazione che per buona parte può sembrare già visto e rivisto, una storiella d’amore tra due adolescenti; ma che nel complesso appare coerente e ben girato, e che nella sua ultima mezz’ora tocca un climax che difficilmente lascia indifferenti, è qui che la storia prende una piega drasticamente diversa, passando dalla giocosa commedia a tratti grottesca e scurrile, fino a toccare il dramma più profondo, pregno di morte e tragedia.
Edward nasce con un intento fortemente critico e muove una pesante denuncia verso il sistema sanitario delle Filippine che non funziona (almeno non in questo pezzo di mondo) e che andrebbe assolutamente migliorato e aggiustato, perché i referti delle analisi cliniche arrivano con tre settimane di ritardo mettendo a repentaglio la salute dei pazienti, il personale è disumanizzato, ristretto e mal gestito, i familiari dei pazienti devono contribuire e fare il lavoro degli operatori socio-sanitari e i defunti subiscono abusi.
A livello sociale poi pare non avvertirsi alcun desiderio di miglioramento individuale e sociale. Alla fine dei conti sembra non esserci alcuna speranza, ma proprio Edward potrebbe piantare il seme del cambiamento.