Eiffel recensione film Sky di Martin Bourboulon con Romain Duris, Emma Mackey, Pierre Deladonchamps, Armande Boulanger e Juliette Blanche
È un dramma che si tinge di rosso Eiffel. Rosso come il colore dell’amore, che in Eiffel pullula per tutta la durata del film. Tanto più se si pensa che l’imponente struttura di ferro alta trecento metri simbolo della Francia deve proprio la sua costruzione all’amore di Gustave Eiffel per la sua Adrienne Bourgès.
Ed ecco che il regista della commedia O mamma o papà Martin Bourboulon proietta sullo schermo la storia di un amore impossibile tra il brillante ingegnere Gustave Eiffel (Roman Duris) e la bellissima Adrienne Bourgès ‒ la brava Emma Mackey che dopo Sex Education si prende il merito di interpretare un ruolo da protagonista ‒ che si schianta contro la loro passione travolgente costretta a morire sul nascere. Per ceto sociale o per volontà dei genitori che aspiravano ad un uomo diverso per la figlia.
Lui, che aveva collaborato anche ai lavori della Statua della Libertà, decide di dedicarsi alla messa a punto di una rete metropolitana parigina che non trova finanziamenti. Per salvarsi in calcio d’angolo grazie alla vivace Adrienne che lo sprona ad alzare il livello. Con un progetto che avrebbe scatenato l’invidia di tutto il mondo, perché nessuno è mai riuscito a compiere un’impresa tanto maestosa: la Tour Eiffel.
E di amore ce n’è tanto in Eiffel. Un uomo e una donna si incontrano, scocca la scintilla e la forte attrazione si accende. Affievolita quando l’amore si stava trasformando in matrimonio. Ma nemmeno il tempo può spegnere quella fiamma che arde e vent’anni dopo gli sguardi di Gustave e Adrienne si incroceranno di nuovo, nell’attesa di un desiderio fatale con qualche cicatrice profonda sul corpo che non andrà più via.
Ma più che alla storia in sé, ci si affeziona all’incantevole scena di ballo ben orchestrata dal piano sequenza, l’unico artifizio cinematografico degno di nota che (ci) immerge in pieno ‘800, con abiti tipici dell’epoca e voglia di riconquistare un amore intenso mai svanito. E insieme i bellissimi frame degli operai che faticano a realizzare la torre sul Champ-de-Mars nel cuore della città, con tutta la Francia in attesa del grande capolavoro per andare fieri della loro appartenenza.
E se da un lato l’obiettivo della cinepresa mette a fuoco i lavori estenuanti di una simile costruzione ingegneristica altamente finanziata, dall’altro non riesce a zoomare sugli snodi narrativi di un amore solido come il loro. E il romanticismo che tiene vivo quel fuoco precipita nella sua involuzione, nel finale troppo spiccio che meritava la dolce ed empatica delicatezza.
E sarà pure la storia d’amore, una cornice per l’opera architettonica, che farà di Eiffel un romantic movie pioniere di una concezione moderna: la Tour Eiffel a forma di “A” che poggia su quattro piedi è dedicata all’amata Adrienne che ha ammaliato il grande lavoro di Gustave Eiffel. Ci sarà una tenera ragione per chi guarderà adesso la bella Tour Eiffel con gli occhi sognanti dell’amore come nel lontano 1889.