Nel 2013, negli ultimi istanti della serie Breaking Bad, avevamo lasciato Jesse Pinkman al volante di una Chevrolet El Camino, in fuga dalla schiavitù nella quale era stato ridotto dai nazisti del New Mexico, liberato dal tardivo intervento redentore di Walter White, causa ultima di tutti i suoi guai. Analogamente, il vero artefice del destino del personaggio, il creatore della serie Vince Gilligan, ha deciso, a distanza di sei anni, di intervenire tardivamente per dare una risoluzione alla storia di Jesse, in El Camino, realizzato per Netflix, l’attuale residenza del Breaking Bad Televised Universe.
Ritroviamo quindi Pinkman (Aaron Paul) in quello stesso istante, libero fisicamente ma non ancora mentalmente, urlante alla guida della El Camino e deciso a riprendere in mano anche le redini del proprio cammino di vita.
Il passaggio dall’Inferno della prigionia sotterranea al Paradiso della libertà è tutt’altro che semplice: Jesse si rivolge all’unico Virgilio disponibile nel mondo criminale di Albuquerque, ma, in puro stile Breaking Bad, il Purgatorio va attraversato con fatica, coraggio, inventiva e guizzi d’ingegno. Tutte qualità che il giovane raramente esibiva nella serie, oscillando passivamente tra l’esecuzione degli ordini di qualunque figura autoritaria incontrasse, e la ricerca dell’oblio a base di droghe, alcool e videogame.
Pinkman deve ora cavarsela da solo, ma per guardare al futuro, deve affrontare i fantasmi del suo passato, in una serie di flashback ‘originali’ che ci permettono di rivedere volti familiari (dal Mike Ehrmantraut di Jonathan Banks al Todd di Jesse Plemons, il cui profilo professionale è aumentato enormemente negli anni trascorsi).
La familiarità è tutto per El Camino: come da aspettative, il film è inestricabile dalle vicende della serie, e la sua fruizione è pertanto esclusivamente riservata agli appassionati. Si tratta dell’unico modo possibile di preservare velocità e ritmo, e fare buon uso delle due ore a disposizione senza dover dedicare metà del tempo ad un riassunto delle puntate precedenti.
Ma anche per gli appassionati non si tratta di una visione facile: l’eroe Jesse Pinkman porta dentro di sé tutto il dolore degli anni passati, ed ogni riferimento al trattamento subito è per lo spettatore, come per il personaggio, una stretta al cuore, che i pochi momenti di leggerezza non riescono ad alleviare. Assistevamo alle peripezie di Walter White con un misto di trepidazione e di soddisfazione, provocata dal fatto che l’ex professore aveva volontariamente scelto la sua strada – e sotto sotto provava piacere nel dimostrarsi all’altezza di problemi insormontabili, ma la sofferenza di Jesse è tribolazione pura e semplice, ed ogni nuovo ostacolo risuona come un supplizio sadicamente posto sulla strada del ragazzo per il semplice obiettivo di raggiungere la durata di un vero ‘Breaking Bad Movie’.
Possiamo non esserne immediatamente consci, ma ad El Camino manca qualcosa, che diventa subito chiaro quando appare, inaspettatamente, l’ormai compianto Robert Forster. In un ruolo leggendario per i fan di Breaking Bad, Forster allevia per qualche minuto la gravitas del film, e con la sua rassicurante presenza evidenzia quel vuoto: la mancanza di una figura matura e volitiva, la mancanza di un Walter White che, nonostante tutti i suoi difetti e la sua presunzione, catalizzava la nostra attenzione di spettatori. La mancanza di un eroe, o antieroe, da ammirare per la sua abilità. Per quanto possiamo sentirci coinvolti emotivamente dalle vicende di Jesse, si tratta di compassione per le sue sventure, non di passione per le sue avventure.
Breaking Bad era la storia di Walter White, nella quale Jesse Pinkman era un personaggio secondario, che solo a tratti lottava per emergere come co-protagonista. Il finale della serie rispecchiava perfettamente questo equilibrio. El Camino: il film di Breaking Bad è come un paio di ‘puntate perdute’, un’appendice non sgradita ma neanche imprescindibile: un’aggiunta un po’ anacronistica, che riprende modi e temi del passato quando il Breaking Bad Televised Universe ha ormai cambiato tono e si è spostato sulle atmosfere più raffinate di Jimmy McGill e del suo Better Call Saul.