Elvis recensione film di Baz Luhrmann con Austin Butler, Tom Hanks, Helen Thomson, Richard Roxburgh, Olivia DeJonge e Kodi Smit-McPhee
Coraggioso, ma non abbastanza
Il film biografico di Baz Luhrmann dedicato al re del rock’n roll si è già dimostrato divisivo a poche ore dalla sua presentazione in prima mondiale al Festival di Cannes. A spaccare la critica ci sono delle scelte indubbiamente coraggiose in fase di scrittura del regista australiano, che nel raccontare il mito di Elvis Presley sceglie un approccio poco ortodosso. A partire dal posizionamento tutt’altro che centrale che il cantante ha nel film che parla di lui. Infatti nonostante il titolo scelto per la pellicola, il vero protagonista (la voce narrante, il punto di vista e il villain della storia) è il capitano Parker, l’impresario che plasmò e manipolò la carriera di Elvis, tenendolo sotto il suo giogo fino alla sua morte, instillando ad arte in lui paure e dubbi. Non aiuta il fatto che nei panni del personaggio c’è un Tom Hanks che evidentemente si gode molto la sua vacanza dal genere di ruoli buoni e rassicuranti che gli vengono assegnati la maggior parte delle volte. Il colonnello Parker quindi attira l’attenzione del pubblico e si prende ancora più la scena.
Elvis spettatore e vittima
Di contro, il giovane Austin Butler fa un ottimo lavoro nel ritrarre Elvis così come immaginato da Baz Luhrmann, evitando la trappola della caricatura di un personaggio così distintivo e così iconico, in cui sarebbe stato semplice cadere. Butler invece dà umanità e sentimento al personaggio, seguendo una direzione abbastanza radicale voluta dal regista. In questo film infatti Elvis è spettatore del suo stesso biopic, vittima degli eventi e delle manipolazioni altrui. In un certo senso, quella messa in atto da Baz Luhrmann è la distruzione del re del rock, ma non è chiaro quanto volontariamente il regista ne scuota il mito dalle fondamenta.
Quel che è certo è che la durata notevole del lungometraggio (che supera le due ore e mezza) è data anche dalla difficoltà del film nel decidere quale strada prendere: Elvis è una marionetta nei mani di un impresario senza scrupoli pronto a spremerlo fino alla morte per ricavare ogni dollaro possibile oppure è davvero un geniale musicista che, nonostante le scelte manageriali e l’inettitudine di chi lo circonda, ha lasciato un segno indelebile sulla musica mondiale? Il film in chiusura opta per la seconda opzione, però in oltre due ore e mezza di durata racconta pochissimo di Elvis compositore e cantante, del suo intuito musicale e del fortissimo carisma della persona.
Nel film di Baz Luhrmann è difficile capire come Elvis abbia generato folle isteriche di fan adoranti, diventando uno degli uomini più famosi della sua epoca, un mito vivente. Solo una volta viene citato il suo titolo di “re del rock n’roll”, mentre la sceneggiatura non fa che sottolineare le sue influenze dalla musica e dalla cultura afroamericana, senza però mai fermarsi a spiegare come e quanto ci abbia messo del suo. L’impressione è quasi quella di un volto bianco spendibile per presentare la musica nera (circostanza storica esplicitata dal film), senza però prendersi la briga di raccontare quanto ci sia del talento musicale di Elvis nel suo pluridecennale successo.
Inoltre il film sente anche il bisogno di esplicitare costantemente la presenza di altri colleghi altrettanto se non più talentuosi, quasi a voler ulteriormente ridimensionare il suo protagonista. Dentro il film Elvis di Baz Luhrmann, a Presley viene dato solo il credito di saper dare spettacolo, imputandogli un’accecante dipendenza cronica dall’affetto del pubblico. Come rilettura del personaggio di Elvis – performer più che musicista – è interessante, ma lo sforzo è vanificato dall’incapacità di andare fino in fondo con questa posizione forte.
Infatti il film è esplosivo solo visivamente, perché non ha il coraggio o la volontà di arrivare fino in fondo al suo ragionamento. Un po’ racconta Elvis come un’operazione di marketing, un po’ ne cita il genio musicale, facendolo però vedere assai raramente e mancando due obiettivi importanti: spiegare la portata dell’influenza culturale e pop che Elvis ha avuto sulla sua epoca e tentare di capire perché sia andata come è andata.