Emilia Pérez recensione film di Jacques Audiard con Zoe Saldana, Karla Sofía Gascón, Selena Gomez, Édgar Ramírez, Adriana Paz e Mark Ivanir
Emilia Pérez: il genio dell’innovatore Jacques Audiard
Ma come ci riesce il regista francese Jacques Audiard a fare quello che sta facendo nella sua seconda giovinezza cinematografica? Quella cominciata nel 2015 dopo la Palma d’Oro a quello che forse è il suo film più debole, il racconto di migrazione Dheepan. Prima di quello spartiacque Audiard aveva sbagliato di rado, regandoci un cinema di critica sociale e taglio drammatico eccellente, con punte di maestria incredibili come Il profeta.
Quello che è venuto dopo la Palma però lo ha trasformato come regista. Audiard è diventato un cineasta da cui non sapere mai che aspettarsi quando si entra in sala. Uno che ti gira un western con potenti sottotoni omoerotici come esordio in inglese, che racconta in un delicato affresco in bianco e nero il desiderio e l’amore della generazione Z ancor meglio di quanto lei stessa non sappia fare. Uno che cala su una Cannes di qualità medio-bassa con una bomba a orologeria come Emilia Pérez. Un film che sarebbe incredibile anche se a girarlo fosse un 35enne arrivato alla prova di maturità che tira fuori un film enorme, di rottura, destinato a consacrarlo. Audiard di anni ne ha 72, non ha bisogno di reinventarsi e né di provare nulla a sé stesso e al suo pubblico. È giunto a un età e a un punto della sua carriera in cui può fare ciò che vuole. Un momento in cui altri, al posto suo, si limitano a vivacchiare continuando a inseguire le proprie ossessioni.
Audiard invece tira fuori un film che sulla carta dovrebbe essere disastroso e non funzionare per niente, invece trova il modo di farlo, coronando in un secondo atto fenomenale. Lo stanno descrivendo con il folle incrocio tra Mrs. Doubtfire e Sicario, ma di film come questo, per ora, no non ce ne sono: sarà Audiard a essere il paragone per altro, a cui sta aprendo lui la strada.
Audiard si prende un grosso rischio e ne viene ripagato
Emilia Pérez è il primo grande film di questa edizione, uno il cui regista rischia tantissimo. Audiard opta per un racconto che ha come centro focale Città del Messico ma gira il mondo, si basa su una sceneggiatura in spagnolo, con un cast di risonanza internazionale, affrontando delicate questioni di genere e di politica.
La domanda più affascinante è: da dove gli è uscito questo film? Ripensando a tutto il suo cinema, punteremmo sulla sua vecchia ossessione (da Il profeta in poi) per quei personaggi che hanno un passato criminale e/o violento che vogliono cancellare. Audiard ha raccontato molte volte seconde vite, nuove identità. La scelta fortissima di questo film – che gli attirerà anche critiche – è quella di associare il processo di transizione di una donna trans a questa ricerca di una nuova identità. Emilia era un narcotrafficante che non si sentiva bene nel proprio corpo biologico maschile, ma anche una persona che, tagliando i ponti con il vecchio sé, ha trovato un modo per costruirsi una vita in cui godere dei frutti del suo lavoro sporco.
La seconda vita di Emilia è quindi sentirsi bene nel proprio corpo e cambiare abbastanza da voler tentare di migliorare il mondo, ma con un pericolo continuo sulle spalle: essere riconosciuta per la vecchia sé per Emilia significa molto più che subire dead naming: potrebbe essere una sentenza di morte.
Audiard la racconta con una continua alternanza tra momenti commoventi, sterzate nel thriller e frecciate ironiche al passato del protagonista. C’è un momento bellissimo in cui la figlia piccola del narcotrafficante dice a “zia Emilia” che ha lo stesso odore del suo papà. È un momento commovente in cui Audiard infila una frecciata ironica: il papà sapeva di coca – pausa a effetto – cola.
La triade di donne moralmente ambigue di Audiard
Ironia, commozione e poi una strepitosa regia nei numeri musicali dall’energia strabordante, perché sì, tra le tante cose questo film è anche un musical. Nei testi delle sue canzoni mantiene il suo approccio sferzante, il suo commentario che ci ricorda di continuo come tutte le protagoniste di questo film siano persone disdicevoli. Emilia Pérez si apre con Zoe Saldana avvocata sfruttata e sottopagata, che canta l’arringa di difesa per un cliente accusato di aver picchiato la moglie.
Subito dopo viene rapita dall’altra protagonista del film, che le chiede di predisporre il capitolo chirurgico del suo cambio di genere, da tenere segreto. Il terreno moralmente torbido del loro primo incontro diventerà la solida base della loro amicizia. Anche quando Emilia cambia e cerca di fare del bene, i soldi con cui lo fa, le persone con cui stringe rapporti, l’approccio che tiene tradiscono le sue origini criminali, il suo modo di fare e pensare prevaricatore e manipolatore. Lo stesso dicasi per l’ex moglie interpretata da Selena Gomez: si può proprio dire che lei ed Emilia si meritino a vicenda.