Enea recensione film di Pietro Castellitto con Giorgio Quarzo Guarascio, Benedetta Porcaroli, Chiara Noschese, Sergio Castellitto, Adamo Dionisi e Cesare Castellitto [Anteprima]
Pietro Castellitto è tornato. Dopo un esordio dirompente con I predatori, il figlio di Sergio Castellitto si piazza nuovamente dietro la macchina da presa per dirigere la sua seconda opera, da lui interamente creata.
Enea giunge nelle sale dopo essere approdato in anteprima al Lido in occasione dell’80esima mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Un progetto che manifesta senza filtri l’euforia espressiva di un giovane autore.
Castellitto, oltre a dirigere, si piazza orgogliosamente davanti alla macchina da presa, nei panni di Enea, il protagonista del lungometraggio. Figlio di una presentatrice televisiva e di uno psicologo – interpretato da Sergio Castellitto – Enea rappresenta l’espressione fulgida della Roma bene e di una gioventù spesa tra gli agi.
“Tu sei nato in una famiglia ricca, io no… Questa è la differenza tra me e te” è questa la frase emblematica che racchiude con sorprendente efficacia gran parte dei temi forzatamente generati dalla pellicola.
Le agiate origini del ragazzo hanno un solo risultato: per ottenere l’affermazione del proprio io ad Enea non basta semplicemente essere proprietario di un ristorante di sushi, abitare nel quartiere più ambito della città eterna (Prati) e frequentare una donna acuta e disposta ad accettare i suoi eccessi, ma gli occorre entrare nel terreno dell’oltre.
L’oltreuomo di nietzschiana memoria caratterizza con evidenza la poetica dell’opera del regista, attraverso personaggi irrimediabilmente affascinati dalla ricerca di una fantomatica vittoria.
La condizione borghese non è più sufficiente e per scavalcarla occorre sfociare nella criminalità più cruda e disumana. Niente più deve essere nascosto sotto al tappeto, come avveniva nelle vecchie famiglie. Al contrario, oggi si incoraggia a esprimere senza restrizioni la propria condizione.
Dov’è che l’impalcatura narrativa cede, poco prima di permettere al suo autore di raggiungere la tanto agognata compiutezza drammaturgica?
Sfortunatamente le relazioni tra i personaggi, in particolare quella tra Enea ed Eva, vengono più volte accantonate per consentire alla componente malavitosa di svilupparsi.
È così che il vortice di dissolutezza diviene sostanzialmente un piano parallelo rispetto alle relazioni che il protagonista intrattiene con Eva e i genitori, impedendo ad un elemento di influenzare concretamente l’altro. Tuttavia, per ottenere la contaminazione da noi desiderata, sarebbe stato necessario un approfondimento di alcuni costituenti narrativi che nel film non trovano una reale risoluzione drammaturgica.
L’inserimento di innumerevoli stimoli genera una convivenza narrativa disarmonica, impedendo al film di esprimere appieno il suo potenziale. Castellitto, complice la giovane età, si spinge oltre, ottenendo un film tanto potente quanto impreciso.