Eravamo bambini recensione film di Marco Martani con
Lorenzo Richelmy, Alessio Lapice, Lucrezia Guidone, Francesco Russo, Giancarlo Commare, Romano Reggiani e Massimo Popolizio
Dal cinema legato alle vite sbandate di giovani senza futuro di Marco Risi (Mery per sempre, Ragazzi fuori) sembra che non si possa fuggire, una condanna per certi versi perché ha generato molteplici epigoni dai dubbi risultati. Eravamo bambini, terzo film diretto da Marco Martani, noto ai più per aver co-sceneggiato gran parte dei lungometraggi di Fausto Brizzi e di Neri Parenti post 2000, in uscita dal 21 marzo al cinema con Europictures in collaborazione con Vision Distribution e Minerva Pictures n’è solo l’ultimo esempio.
Difatti il nuovo lavoro del co-sceneggiatore di Natale sul Nilo, Natale in India e Notte prima degli esami racconta di alcuni ragazzi (tanto per dire: il poliziotto romano istintivo e violento, la dipendente frustrata di un’azienda e dedita a svendere il proprio corpo al primo offerente con al seguito fratello drogato e ricercato da criminali locali, artista emergente, alternativo e già ampiamente conosciuto nel settore, il figlio del boss ma all’occorrenza sindaco del paesino calabrese e il giovane x disadattato rimasto nel luogo natio e mal visto da gran parte degli abitanti, unico proveniente dalla piccola città succitata), che dopo diversi anni si ritroveranno tutti insieme nel posto dove passavano le vacanze estive sia per impedire un possibile gesto avventato da parte dal nevrotico poliziotto sia per lasciarsi alle spalle una volte per tutte un tragico evento successo tante estati fa.
Insomma, come si scriveva nell’introduzione niente di nuovo e per molti aspetti anni luce indietro rispetto a film come quelli di Marco Risi o similari, poiché Eravamo bambini di Martani non riesce mai trovare una quadra con il risultato di sembrare un lungometraggio ben più vecchio a livello di idee e di visioni a differenza dei lavori succitati. Un prodotto che sarebbe stato vecchio addirittura a fine anni ’90.
Nel 2024 è inconcepibile proporre un contenuto stantio, privo di ritmo (il montaggio di questo film è aberrante, non si capisce mai in che piano temporale si trovi quella scena o più semplicemente quel breve momento), senza pathos e mordente, ricco di ingenuità a livello di sceneggiatura (non si riesce a trovare mai un senso logico ai tanti e ripetitivi raccordi narrativi, si passa da una sequenza flashback ad una nell’immediata attualità dei fatti troppo rapidamente lasciando un’immensa confusione nella testa dello spettatore), per concludere con una regia sgraziata e poco attenta a cogliere l’anima triste dei personaggi messi in scena.
In pratica gli attori protagonisti di questa storia sono lasciati in balia di se stessi e degli eventi, senza alcun tipo di giuda che li possa condurre sulla buona strada.
Massimo Popolizio, l’unico a credere nel potenziale di questo film, si impegna e offre allo spettatore una buona prova attoriale; purtroppo visti gli esiti ampiamente negativi degli altri reparti artistici e tecnici risulta essere una gemma preziosa incastonata in un muro di brutture varie.
Eravamo bambini più che l’ennesima occasione persa risulta essere un film così sconclusionato tale da fa rimpiangere tanto cinema italiano per anni ingiustamente disprezzato. Un compendio di tutti gli elementi deficitari di tante produzioni cinematografiche nostrane.
Dispiace fare critiche così aspre su lavori italiani soprattutto un po’ più piccoli e parzialmente indipendenti, ma se non si rispetta nessuno degli obiettivi prefissati diventa impossibile difendere l’indifendibile.
E non è tanto il target sbagliato, il taglio cinematografico inadeguato o la perizia tecnica inesistente, ma più nello specifico l’economia generale della pellicola.