FeST 2021 e i nuovi orizzonti della serialità europea: incontro con gli autori di Skam Julie Andem e Ludovico Bessegato e Marina Perez autrice della serie Valeria
Al FeST 2021 – Il Festival delle Serie Tv va in scena un incontro esplosivo che vede al suo centro la serialità europea tra barriere e influenze.
Grazie ai grandi broadcaster in Europa finalmente possiamo conoscere i diversi mondi narrativi della serialità di ogni nazione che compone l’unione. Ogni nazione ha una sua storia produttiva e finalmente possiamo conoscere anche noi l’arte di paesi che fino a poco fa ci sembravano irraggiungibili, anche solo con la fantasia. Per la maggior parte della storia della televisione, infatti, sono state centrali le serie televisive americane, quelle che hanno maggiormente influenzato la nostra cultura e che hanno delineato e migliorato il linguaggio televisivo che oggi fruiamo maggiormente. Tuttavia, la serialità europea, come sottolineato dalla moderatrice dell’incontro Marina Pierri, direttrice artistica e co-creatrice del FeST, sta realizzando da anni prodotti importanti capaci di coniugare al suo interno la cultura dei singoli luoghi con il linguaggio televisivo americano di maggiore fruizione. Un’operazione importante poiché sempre di più è, e sarà, importante aprire le nicchie verso nuovi e più grandi mercati. Inizia con questa premessa il panel che vede la presenza di Julie Andem, autrice, sceneggiatrice e regista di Skam, Ludovico Bessegato, showrunner, regista e sceneggiatore di Skam Italia, Marina Perez, sceneggiatrice e produttrice esecutiva della serie Valeria, e Massimiliano Smeriglio, parlamentare europeo e relatore di Europa Creativa.
Incontro sulla serialità europea con Julie Andem, Ludovico Bessegato, Marina Perez e Massimiliano Smeriglio
Massimiliano Smeriglio: in che modo l’Europa sostiene i progetti seriali delle singole nazioni e in che modo la globale può incontrare questi racconti locali?
Massimiliano Smeriglio: L’Europa è un giacimento culturale senza limiti, è un luogo straordinario che non può essere più solo un fruitore, ma mettersi a confronto con l’autorialità. Un passaggio importante per raccontate i valori che ci accomunano, mostrare le varie identità europee, identità profonde non devono essere frutto di patrie escludenti, ma essere aperte a uno scenario globale. È necessario uno scenario di incontro tra culture diverse, andare contro il nazionalismo. Europa Creativa, tutto il parlamento europeo, ha sentito l’urgenza provocata dalla crisi pandemica e della conseguenza crisi economica, un grande problema per il panorama culturale. Stiamo cercando di promuovere lo sviluppo e sostenere le industrie cinematografiche e televisive, esistono molti bandi specifici legati anche alla serialità, ad esempio, per aiutare questo settore. Ma esiste ancora un problema da far fronte, l’uscita dell’Inghilterra con la Brexit ha cambiato le dinamiche di distribuzione, una quota importante della produzione culturale non fa più parte dell’Europa. L’idea che è nata è quella di realizzare una collaborazione tra i grandi broadcaster pubblici al fine di creare una piattaforma europea. È una sfida enorme che sarà necessario affrontare al fine di sviluppare un ruolo importante dell’Unione Europea non solo dal punto di vista della valorizzazione dei contenuti. Io credo molto in questo approccio, credo nella qualità della scrittura di chi produce serialità nel nostro paese.
Marina Perez: Valeria è una produzione al femminile, dalla regia alla scrittura. I personaggi di Valeria non sono donne stereotipate, ma donne che si impegnano tutti i giorni per fare del loro meglio, e non sempre ci riescono. Quanto c’è all’interno della tua serie dell’identità spagnola, e quanto c’è di europeo e globale?
Marina Perez: Io credo che ciò che è importante in Valeria è l’universalità del conflitto, in particolare quello generazionale. Quel momento in cui bisogna scegliere cosa fare del proprio futuro. La prima cosa che ho notato mentre lavoravo alla serie è che ci sono delle caratteristiche locali, come la cultura dell’abbraccio: il manifestare affetto è tipico dei paesi meridionali, ma non presente universalmente. Un secondo aspetto è stato quello dell’emancipazione, questo in Spagna avviene molto tardi, parliamo di donne che riescono ad allontanarsi dal contesto famigliare intorno ai trent’anni, prima si fa molto fatica.
Noi abbiamo sempre visto la serialità televisiva americana, ma per fortuna questa nuova generazione sta crescendo con una serialità televisiva differente, che magari non riconosciamo ma impariamo a comprendere, non c’è nulla di meglio che una serialità che valorizza la diversità.
Julia Andem: in Italia c’è sempre paura di parlare di intrattenimento come costruzione di valore, come se questi fossero valori antitetici. Esiste un potere nello storytelling: raccontare un mondo narrativo con delicatezza può avere profondi effetti nella realtà. Perché secondo te Skam ha conquistato il mondo?
Julia Andem: È una domanda molto strana, è quello che mi chiedono sempre e ci sono centinaia di risposte possibili. La prima è il tempo. Tutto quello che era trasmesso in Norvegia al tempo che ho realizzato Skam non era prodotto per gli adolescenti, questi guardavano solo serie americane o inglesi e mi domandavo come competere con questi colossi. Mi sono rivolta alle ragazze di sedici anni, un target piccolissimo in Norvegia, ma ho pensato che una serie maggiore non potesse capire le esigenze specifiche di un gruppo di ragazze, parlare delle loro emozioni, spezzare loro il cuore, e poi ho visto che anche nel resto del mondo succedeva la stessa cosa. Il pregio di Skam è stato poter decodificare le emozioni e raccontarle a tutto il mondo.
Ludovico Bessegato: in Skam Italia ci sono mondi narrativi in cui ci si immerge per uscirne come rinnovati. Come hai riadattato Skam per la realtà italiana?
Ludovico Bessegato: Adattare Skam era una grande responsabilità, prima ancora di approcciarmi alla serie sono stato un fan e quindi ho deciso di rifarla secondo i suoi tratti distintivi. Noi che abbiamo avuto la fortuna di fare questo remake siamo stati invitati a Oslo ad una masterclass intensissima di due giorni su Skam insieme a tutte le altre persone che avevano reso quella serie ciò che era. Dopo anni io vivo ancora di rendita di quei due giorni, non sarei mai stato capace di concepire uno show come quello, io ho il merito di averlo capito, ma non avrei potuto idearlo. Sono cresciuto con la serialità americana per anni, sono stato un produttore creativo per la tv generalista e non era possibile per me pensare ad una serie come questa, l’idea di raccontare così i giovani. Skam nasce come profondamente locale, low budget, orientata a un gruppo sociale specifico e un preciso target locale, tutto si basa su una festa che si fa alla fine del liceo in Norvegia, se non capisci questa cosa non capisci lo show. Idealmente era qualcosa che non poteva funzionare al di fuori, ma lo ha fatto per la sua autenticità. I grandi broadcaster chiedono show internazionali, ma quello che ha avuto la maggiore distribuzione è stato un prodotto locale, una lezione che i broadcaster non hanno imparato purtroppo continuando a fare serie teen che nascono pensate per l’internazionale senza riuscire a ispirarsi ad uno show che ha avuto successo. Durante quei due giorni di masterclass eravamo in tantissimi a riconoscere la specificità locale di Skam riadattandola in tutti i diversi paesi, non è questa l’Europa? È stato un momento di condivisione reciproca e cambiando le carte lo show ha funzionato ovunque. Sono nati degli show locali in tutta Europa, show autentici che parlano al proprio target. Invece di doppiare la serie e distribuirla in tutto il mondo, si è valorizzata la creazione di un prodotto unico.
Massimiliano Smeriglio: come è possibile realizzare sempre più serie che comprendano i contesti locali?
Massimiliano Smeriglio: Credo che sia importante l’ascolto, immergersi con rispetto. La capacità di entrare in sintonia con nicchie di mercato e culturali, ad esempio rispetto a quello che diceva Marina Perez sullo sguardo di genere femminile e femminista che sta creando tante produzioni europee. Europa Creativa rimane aperta, restare in contatto e in ascolto è importante per continuare a mantenere la giusta rotta. Un negoziato che resta in piedi sempre disposto a crescere.
Marina Perez: hai scritto una serie con un focus molto importante, mostrando quanto sia diversa l’esperienza femminile nel mondo e tra donna e donna. È una serie su differenti vissuti di donne, non ci sono figure uguali. Identifichi Valeria come parte di un filone di serie spagnole?
Marina Perez: È importante dire che una serie come Valeria era necessaria a partire da chi l’ha creata, anche mentre abbiamo girato si notava che erano solo donne coloro che ci lavoravano. In più smettere di pensare alla donna come oggetto di desiderio e re-immaginandolo come un soggetto con dei suoi desideri era qualcosa di importante che dovevamo fare e che dovremo continuare a fare. Quello che sta succedendo alle produzioni spagnole è che grazie ai grandi broadcaster abbiamo avuto accesso verso un pubblico sempre più vasto e quindi anche le piccole produzioni stanno trovando un pubblico, un loro spazio. Questo significa che abbiamo meno paura quando ci troviamo a produrre una serie, perché quando raccontiamo onestamente, a partire dalla nostra interiorità, è una magia. Addirittura, ora sta avvenendo l’opposto, nel momento in cui ci liberiamo degli stereotipi le produzioni anche più piccole distruggono barriere facendo vedere cose diverse in tutta Europa. È interessante quanto abbattendo il pregiudizio si aprano un mondo di possibilità.
Julia, qual è l’approccio di Skam alla ricerca materiale, la documentazione, andare sul campo, osservare, porre delle domande? E in relazione a questo Ludovico cosa è rimasto simile e cos’è cambiato, nel bene o nel male, negli adattamenti dei vari paesi?
Julia Andem: Devo dire che quando ho finito di scrive Skam Norvegia e c’è stata la richiesta di modularlo in nuovi paesi la mia risposta era no, avevamo detto di no anche per via della censura di alcuni paesi. Ludovico può raccontarvi le regole che abbiamo dato, ma una cosa la voglio dire: sono stata negli Stati Uniti per verificare l’adattamento negli altri paesi e mi sono resa conto che bisognava raccontare storie diverse al fine di capire il messaggio, i valori di questa serie. Ludovico ha capito la storia e il messaggio e questo il pubblico l’ha sentito, ha capito le buone volontà. Sono grata al lavoro fatto da Ludovico perché ha trasmesso la storia con onestà e ha fatto un ottimo lavoro.
Ludovico Bessegato: Una delle cose più difficili e una delle regole più dure era dover effettuare la ricerca stessa, ma questa si è rivelata fondamentale. Non è possibile creare serie tv senza prendersi del tempo per capire a chi si sta parlando. Le regole, al di là delle battute, non erano propriamente regole però, nessuna era obbligatoria, abbiamo modificato tutto quello che volevamo. È la differenza tra la carità e l’aiuto, non ci hanno detto traducete, ma ci hanno insegnato a scrivere prendendoci un rischio, hanno trasmesso delle competenze cedendole ad altri. Noi abbiamo avuto accesso a tutte le informazioni e questo è stato fantastico e spero che questo sia rimasto a tutti coloro che hanno partecipato a questo lavoro. Io non sarei stato lo stesso senza aver incontrato Skam e penso che anche il pubblico italiano non sarebbe lo stesso.
Cosa sperate per il futuro della serialità europea?
Massimiliano Smeriglio: Io penso che si debba insistere sulle coproduzioni, sullo scambio di competenze, superare le licenze territoriali.
Marina Perez: Quello che io credo è che bisogna proteggere questa industria, è necessario creare uno spazio sicuro dove poter creare storie per tutti i tempi. Che sia un’industria sostenibile, tangibile come per l’economia del turismo, ma anche intangibile attraverso la sua empatia e rispettosità verso le diversità.
Julia Andem: Penso che in questo momento stia cambiando l’industria e penso che ogni storyteller capisce il potere che ha in questo momento storico, abbiamo la possibilità di raccontare storie importanti senza farci corrompere, concentrandoci sul condividere ciò che è importante.
Ludovico Bessegato: Sono abbastanza spaventato, non c’è mai stata così tanta serialità. Allo stesso tempo i creatori devono credere nelle loro idee, ma deve esserci un cambiamento nei grandi broadcaster che in Europa devono lasciare gli autori fare gli autori. Io sono fortunato, sono sempre stato molto libero, ma siamo in pochi a poter aver un punto di vista, uno sguardo. Esistono due velocità, noi e gli americani con gli algoritmi. È come se non ci fosse fiducia negli autori, noi siamo la nostra specificità culturale, non siamo un algoritmo, non dobbiamo provare a fare gli americani perché non ci riesce bene, lasciamolo fare a loro.