Flow – Un mondo da salvare recensione film di Gints Zilbalodis sceneggiatura di Gints Zilbalodis e Matīss Kaža
di Romina De Simone
Quando pensiamo al cinema d’animazione d’autore, ci viene giustamente in mente Miyazaki Hayao, insieme ad un radicato filone nipponico di film animati a tematica ambientalista.
Questa volta, però, dobbiamo rivolgere i nostri complimenti ad un altro regista proveniente da un Est più vicino, nello specifico dalla Lettonia: Gints Zilbalodis, autore di Flow – Un Mondo da Salvare che incarna senz’altro la risposta europea a uno stile caro allo Studio Ghibli. Presentato alla 77°Edizione del Festival di Cannes, il film ha ricevuto una standing ovation da parte dei cineasti e artisti presenti.
Tralasciando per un attimo la componente tecnica del film, di una bellezza incisiva, concentriamoci sulla trama: va sottolineato che si tratta di una pellicola completamente senza dialoghi, ad eccezione dei versi degli animali, creata in 3D e ripresa completamente in soggettiva, dal punto di vista del nostro piccolo protagonista.
Flow – Un mondo da salvare nasce da un cortometraggio realizzato dal regista all’età di 15 anni, che raccontava la storia di un gatto nero, graficamente più stilizzato, con la fobia dell’acqua. Anche il nostro attuale protagonista, un gatto nero, condivide questa paura ma dovrà superarla affrontando una prova epica.
Il film è ambientato in un’isola post-apocalittica, in cui gli esseri umani si sono estinti e vivono, più o meno pacificamente, solo animali di diverse specie.
Un giorno una significativa inondazione cambia radicalmente il destino del piccolo protagonista e di alcuni altri animali. L’acqua sommerge letteralmente tutto e Flow si imbatte e trova salvezza su una malandata imbarcazione di legno, già guidata da un altro animale, un pigro capibara. Ben presto si uniscono a loro altri animali di specie diverse: un cane, un lemure e un serpentario. Ben presto si uniranno a loro altri animali d’altre specie: un cane, un lemure, un serpentario.
Questa immagine onirica dell’imbarcazione alla deriva, sospinta dal vento, evoca in parte l’Arca di Noè, ma al contempo assurge ad implicito monito di fratellanza e cooperazione tra le diverse culture ed etnie del mondo. Tra gli animali presenti sull’imbarcazione non mancano litigi, ma prevale l’interesse superiore del bene comune: salvarsi dalle Grandi Acque, ormai profonde ed impetuose, che sommergono statue di Buddha abbandonate e le rovine di quelle che sembrano essere antiche civiltà ormai perdute da un tempo infinito.
Zilbalodis ha sapientemente alternato luci e ombre per creare l’effetto della trasparenza dell’acqua. A livello grafico, i paesaggi descritti sono di uno splendore che lascia senza fiato. Lo spettatore si sente anch’esso trasportato dal fluire delle acque.
Di tanto in tanto appare una figura mitica: un gigantesco pesce azzurro, forse uno spirito marino o una divinità di un nuovo mondo ambientalista. Un altro elemento di grande bellezza è offerto dalla colonna sonora di Rihards Zaupe , che aggiunge al film una dimensione visionaria e compatta.
Attraverso tutto il suo vagare sulle acque, il nostro gracile gattino Flow acquisirà profonda consapevolezza interiore ed alla stessa stregua i suoi amici muteranno in meglio il proprio cuore.
Un film da consigliare sia agli adulti che ai bambini, specificando però che non si tratta della classica storia banale e di stucchevoli animali parlanti, ma di una testimonianza di un viaggio interiore, che conduce esattamente dove è necessario arrivare.