Flowers in the City Jail recensione film di Mario O’Hara con Nora Aunor, Gina Alajar, Celia Rodriguez, Perla Bautista, Ricky Davao e German Moreno
Al Far East Film Festival 25 arriva quest’anno tra i classici restaurati (tra l’altro di ottima fattura) Flowers in the City Jail, del regista e sceneggiatore Mario O’Hara, conosciuto dai cinefili per aver recitato e scritto le sceneggiature di alcuni film di Lino Brocka, come ad esempio il celebre Insiang (nel film di Brocka non solo ha curato la sceneggiatura insieme a Lamberto E. Antonio, ma anche l’intero soggetto) presentato al Festival di Cannes nel 1976 e diventato con il tempo uno dei film più famosi d’essai del cinema filippino.
Mario O’Hara sconosciuto al resto del mondo, ma non in patria, oltre alle collaborazioni con Lino Brocka in qualità di soggettista e sceneggiatore, si è fatto conoscere per le sue prove attoriali in alcuni film del regista sopracitato, Stardoom, Dipped in Gold e Weighed but Found Wanting che lo hanno reso una star del paese, prima di esser riconosciuto dal pubblico e dalla critica come regista e sceneggiatore dal tocco raffinato (Flowers in the City Jail n’è l’esempio massimo).
Il film più apprezzato del regista di Three Years Without God racconta un passaggio assai importante della vita di Angela (ruolo interpretato dalla sua attrice feticcio Nora Aunor), ovverosìa quando viene portata in carcere dopo essere stata accusata dell’omicidio della moglie del suo amante. Ben presto scoprirà che all’interno delle sbarre vivono donne ancor più pericolose e cattive di lei.
Però Angela, a suo modo, si dichiarerà innocente ed assolutamente estranea ai fatti.
Purtroppo non sa che la vita carceraria è molto più difficile di quello che potesse immaginare.
Prendendo le mosse dal tema penitenziario, O’Hara decide di concentrarsi più sui rapporti umani, talvolta consumati in atrocità inarrestabili, tralasciando la visione del carcere come luogo da cui fuggire per tentare di proseguire nei propri errori o cercare di migliorare la propria esistenza, idea che pur poteva avere una propria logica vedendo lo svolgimento della narrazione. Al regista filippino appare evidente una cosa: quello che succede nel carcere rimane lì, niente deve esser fatto trapelare all’esterno, il codice giudiziario e la legge creata dalle altre donne incarcerate (la pellicola è quasi principalmente composta da un cast femminile, eccetto alcuni ruoli maschili per la maggior parte secondari ai fini del racconto) non permettono di manifestare nemmeno un grido d’aiuto. Nemmeno le vie di fuga sembrano esistere e solo dopo svariate prove tortuose si potrà trovare un modo per evadere mentalmente e fisicamente.
Purtroppo seppur il lavoro del regista filippino appaia sul versante estetico di pregevole fattura, non si può dire lo stesso per quanto riguarda (almeno in questo specifico caso) il soggetto e la sceneggiatura. Troppo spesso il racconto non tiene il passo delle immagini, facendosi ridondante a più riprese, rendendo verbose alcune linee di dialogo all’apparenza semplicistiche.
Flowers in the City Jail dunque si rivela essere un film dalla grande composizione estetica, ma dall’ approssimativa cura descrittiva, nonostante una validissima e sentita prova attoriale da parte di Nora Aunor.
Non giova a suo favore se consideriamo che l’opera si conclude in maniera incerta e per certi versi frettolosa, con più di un personaggio con un proprio epilogo irrisolto.
Sicuramente un film importante per O’Hara (la sua carriera ha avuto un surplus non indifferente, seppur piccolo rispetto ad altri suoi connazionali come lo stesso Brocka, bisogna ammettere) e per la produzione filippina, ma i tanti passi falsi non lo fanno assurgere a visione imprescindibile se ci si considera un cinefilo colto o comunque di ampie vedute.
Nel complesso Flowers in the City Jail è comunque valido, alcuni momenti sono anche riusciti, come gli incontri-scontri con le altre detenute, d’impatto come anche l’intera sequenza iniziale. Interessante per riscoprire una produzione cinematografica per larga parte dimenticata o addirittura in alcuni casi sconosciuta.