Fondazione recensione serie TV Apple TV+ di David S. Goyer con Jared Harris, Lee Pace, Lou Llobell, Leah Harvey, Laura Birn, Terrence Mann e Cassian Bilton
Più che la trasposizione seriale di una delle opere più di distintive di Isaac Asimov, Fondazione è il tentativo di Apple TV+ di posare una pietra angolare nella sua library per mantenersi competitiva rispetto agli altri servizi OTT con cui è in competizione. Niente di meglio che un ciclo fantascientifico su cui hanno pianto lacrime amare diverse case di produzione e altrettanti showrunner per dare agli abbonati qualcosa con cui saziare la fame di contenuti originali e succulenti.
Si dice da sempre che le creazioni dello scrittore russo siano un rischio troppo grande da correre per uscirne indenni e vittoriosi. Una produzione corposa e interstellare intrisa di profonda umanità difficile da rendere nella sua interezza al di fuori della forma romanzo, almeno fino alla comparsa di David S. Goyer: “È una partita a scacchi millenaria tra Hari Seldon e l’Impero, e tutti i personaggi coinvolti sono le pedine, ma alcune di loro nel corso della saga finiscono per diventare re e regine“. Folle? Profeta? Sicuramente una bella faccia tosta, con la pretesa di aver trovato la chiave di volta per tradurre questa complessità in una narrazione per immagini sostenuta da un budget importante.
E allora un caloroso benvenuto alla presenza massiccia ed ex-novo di una serie di personaggi femminili concepiti per trainare una storia altrimenti fredda e impersonale basata principalmente su idee e concetti bidimensionali. Un applauso alla scelta di esplorare le pieghe di questo racconto millenario ricorrendo ad una reiterazione genetica della dinastia imperiale per trasmettere la profondità cronologica di un racconto potenzialmente pensato per andare avanti la bellezza di otto stagioni. La premessa rimane fondamentalmente intatta: l’impero galattico è prossimo alla disgregazione e l’unica speranza risiede nella colonizzazione di un pianeta remoto, secondo i calcoli della psicostoria perfezionati da Seldon.
Sono sorprendentemente i volti a sorreggere un impianto maestoso per necessità. La scelta di coinvolgere nel progetto Jared Harris, Lee Pace, Lou Llobell è l’appiglio per digerire le regole di un mondo non immediato ma in cui a poco a poco si può scorgere il lato umano che trasporta lo spettatore nello spirito del lavoro di Asimov anche stravolgendone la costruzione. Non è un atto di presunzione ma la constatazione di dover scovare gli elementi perenni del materiale di partenza per utilizzarli e svilupparli nel modo più congeniale a un medium, a una modalità di fruizione e a un momento storico completamente diversi. Sono loro che diventano parte attiva della narrazione di Goyer, forze segrete irradiate metaforicamente da un monolite misterioso ai confini del mondo e determinanti per ogni umanità che si voglia raccontare.
Fondazione supera con merito tutti i banchi di prova e gli ostacoli di una missione impossibile e riesce a dire qualcosa di originale pur essendo in realtà il riferimento primigenio per tanti capisaldi del genere, cinematografici e non. La stratificazione eterogenea del Ciclo della Fondazione sembra aver trovato adeguata dimora in un prodotto capace di gettare nello sconforto, incuriosire e avvolgere lo spettatore episodio dopo episodio. O forse, capitolo dopo capitolo. Di sicuro il futuro che racconta riecheggia della traiettoria che compie il nostro presente.