Gaga recensione film di Laha Mebow con Kagaw Piling, Wilang Lalin, Ali Batu, Gaki Baunay, Esther Huang, Yukan Losing, Yasuy Silan, Amakankang Dalus, Andy Huang, Vaai e Wilang Noming
“Prenderemo quello che gli spiriti ci daranno” dice il nonno nelle prime scene di Gaga, opera taiwanese in concorso al 25° Far East Film Festival. Diretto da Laha Mebow, racconta di una famiglia legata alle tradizioni Tayal, colpita dalla perdita del nonno, uno dei pochi a mantenere in vita queste antiche tradizioni. Ed è in quella frase che è racchiuso uno dei concetti fondamentali del film, chiusura della trilogia dedicata al popolo Tayal: una popolazione che fa del legame con gli antenati e con il divino la base della propria esistenza. Serve il permesso degli antenati anche solo per attraversare incolumi le montagne.
Ma cosa succede quando il patriarca della famiglia, il nonno Hayung (Kagaw Piling), il custode dell’unità famigliare e delle tradizioni viene a mancare? Nel nucleo della famiglia si crea un vuoto, difficile da colmare, se non con l’arrivo di una nuova vita. Gaga è una parola taiwanese che indica la tradizione, quella che i più giovani snobbano e solo gli anziani tengono in vita.
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Servendosi di una regia quasi documentaristica, la regista Laha Mebow prova a indagare le dinamiche di una famiglia che è in bilico tra modernità e tradizione: si può camminare su entrambi i fronti? Qual è la soluzione? Non è lo scopo del film dirlo, ma piuttosto, mostrare le difficoltà di una popolazione che prova a vivere in un mondo in cui la voce degli spiriti è ormai inascoltata e i riti tradizionali sfruttati dalle genti locali per diventare attrazione turistica. Ma non è forse anche un modo per tenerli in vita, raccontandoli e mostrandoli, cercando di non snaturarne la vera natura? E oltre alla perdita delle tradizioni, la famiglia di Hayung si ritrova a fare i conti anche con quella della propria terra, che rischia di essere strappata loro.
La pellicola è anche uno splendido e confuso racconto famigliare, dove i suoi membri si disturbano a vicenda, si parlano l’uno sopra l’altro, si scontrano, come in una vera famiglia e, come una vera famiglia, provano a restare uniti, amandosi e facendo del proprio meglio. Le scene corali, con tutti i membri riuniti insieme, durante il funerale del nonno o durante le cene, sono forse tra le più vere e intime girate, in grado di mostrare con struggente tenerezza i tentativi di restare uniti contro tutto e tutti.