Intervista a Giordano Petri su Credo in un solo padre di Luca Guardabascio
Come è nato in te l’amore per la recitazione e qual è stata la tua formazione di attore? Quali sono stati i tuoi primi ruoli e i film che ti sono rimasti più nel cuore?
Giordano Petri: Credo di averla sempre avuta. Da piccolo ero affascinato dai varietà del sabato sera, che sicuramente mi hanno stimolato e hanno contribuito a fortificare la mia grande passione per il mondo dello spettacolo. Ero un bambino a cui piaceva guardare i film e non i cartoni animati, mi immedesimavo nei protagonisti. Quando nel mio liceo di Città di Castello nacque la compagnia teatrale della scuola non esitai a presentarmi e a sostenere i provini richiesti, sfidando anche la timidezza e la riservatezza che mi contraddistinguevano in pubblico. Quello è stato il mio battesimo ufficiale. Da lì sono partito, poi tanto studio; prima il diploma di attore nella associazione Ottobre diretta dall’attrice Valeria Ciangottini, la piccola Paola de La dolce vita e dal regista Enzo Maria Aronica, poi Il Teatro Stabile dell’Umbria e CUT Centro Teatrale Universitario, per approdare poi alla Scuola Nazionale di Cinema di Roma, poi la Masterclass per attori professionisti Santa Cristina di Gubbio, diretto dal compianto maestro Luca Ronconi. Nel 2002 il primo ruolo cinematografico importante in Pinocchio di Roberto Benigni. Ricordo ancora l’emozione quado l’aiuto regista Alberto Mangiante mi scelse, un sogno! Ho iniziato dalla porta principale! Sul set ho respirato subito la grande professionalità del maestro e la sua maniacalità nel perfezionare ogni scena, senza perdere mai la sua capacità di ridere e di far ridere tutti. La troupe era composta da grandissimi nomi e questo mi intimoriva un po’, ma poi attraverso la leggerezza e l’ironia, Benigni riportava tutto alla normalità. Era tutto molto familiare.
In seguito altri traguardi. Sono stato Eros in Ma l’amore… si!, Isaak Bertolucci in Per Sofia, tante fiction, moltissimo teatro con Monica Guerritore e Giancarlo Sepe, le tragedie classiche al Teatro Greco di Siracusa dirette da Irene Papas; con Lando Buzzanca e Isa Barzizza nella commedia music in La zia di Carlo, fino all’ultimo Carlo Levi a sud di Eboli in cui ho interpretato un composto e saggio Italo Calvino. Sono affezionato a tutti i ruoli che ho interpretato, dal cinema alla televisione e al teatro. Non sempre è stato possibile mantenere la stessa cifra stilistica ma, a volte, anche la mancanza di stile può essere lo stile stesso. Ho sempre considerato la possibilità di partecipare ad un progetto come un dono. Capita spesso, nel nostro mestiere, di chiedersi quando “potrò fare il prossimo film”, soprattutto nel momento storico che stiamo vivendo. Sicuramente sono particolarmente affezionato al primo ruolo da protagonista, al mio Isaak di Per Sofia di cui ricordo sia le emozioni da set che i consensi ottenuti una volta uscito il film in sala.
Credo in un solo padre è l’opera prima di finzione del regista Luca Guardabascio, con il quale avevi già collaborato per il docufilm Andrea Doria: Are the Passengers Saved. Come hai conosciuto Luca e come si era svolta quella prima collaborazione fra voi?
Giordano Petri: Ho conosciuto Luca a Roma alla NUCT (Nuova Università del Cinema e della TV), una scuola di cinema romana che avevo frequentato prima di accedere alla Scuola Nazionale di Cinema, l’attuale Act Multimedia di Cinecittà. Luca era uno degli insegnanti della scuola. Teneva un corso di Storia del Cinema insieme a Vittorio Giacci. Siamo diventati amici in breve tempo anche perché mi sono subito appassionato alla sua idea di cinema che è quella di studiare il mondo, conoscere la vita e le persone, saper ascoltare e leggere con occhio critico. Condivido appieno la sua idea che non si nasce maestri ma solo con il sacrificio e lo studio si può arrivare a buoni livelli. Gran parte delle mie conoscenze cinematografiche, soprattutto quelle che si rifanno a Ulmer, Siodmak, Monte Helmann a Tarkovskij, Sokurov, Wenders le devo a lui. La nostra prima collaborazione in una serie televisiva in due stagioni, Task Force che ha scritto e diretto, e che trattava temi legati agli inquinamenti del Pianeta, in cui interpretavo il ruolo dell’avvocato Pierre Garrell.
Come è nato invece il progetto di Credo in un solo padre e in che momento della preparazione vi sei stato coinvolto? Chi sono stati i collaboratori di te e Luca in questo nuovo film?
Giordano Petri: Il film parte da un’indagine sociale sul territorio campano mossa dallo scrittore Michele Ferruccio Tuozzo nel libro Senza far rumore, che racconta alcuni episodi ispirati a storie vere come quella narrata nel Film. In questo libro ha raccontato che un tempo, le storie di violenza, soprattutto in alcuni paesi dell’entroterra e della provincia venivano sommersi. Si preferiva tenere la testa sottoterra e fare in modo che il gesto compiuto, grave e condannabile, passasse come un piccolo screzio che si era creato in famiglia. La tendenza era legittimare l’uomo e scaricare la colpa sulla donna, “colpevole” di aver indotto il fatto. Da qui è nata forte l’esigenza di denunciare, di scrivere una sceneggiatura, di realizzare un film per dare voce a tutte le donne messe a tacere nel tempo. Sono stato subito coinvolto da Luca nel progetto, amando da subito la poesia e l’evocazione del racconto e sposando lo scopo del film che è quello di voler mostrare i fatti nella loro crudeltà, parlare e sottolinearne i gesti crudeli, queste atrocità che purtroppo ancora oggi popolano le prime pagine di quotidiani e telegiornali.
Chi è il tuo personaggio? Quali indicazioni ti ha dato Luca Guardabascio su come costruirlo? Cosa ci hai portato di tuo?
Giordano Petri: Il mio personaggio è quello di Gerardo Bianco, un uomo impacciato, ingenuo, sottomesso al potere di suo padre, interpretato da un magistrale Massimo Bonetti. Costretto a migrare all’estero per cercare fortuna e garantire un futuro migliore alla propria famiglia e una casa, affida sua moglie Maria, interpretata da una intensa e sincera Anna Marcello e i due figli piccoli al padre. Quello che dovrebbe essere il punto di riferimento familiare, la figura preposta a garantire serenità, assistenza e calore ai propri familiari, diventerà quell’orco che non solo rivelerà la crudeltà del suo essere contro i nipoti e la nuora, ma arriverà addirittura a compiere una doppia violenza fisica ai danni prima della nuora e poi della nipote. Luca mi ha lasciato molta libertà nella costruzione del personaggio. Mi ha fornito solo alcuni elementi per lo più legati al territorio in cui si muovevano i suoi personaggi e sottolineando quelli che erano e che sono tuttora, i modus operandi in certi paesi piccoli e nelle zone più nascoste in cui si preferisce vivere nell’omertà, nel non voler raccontare piuttosto che tirar fuori questa paura e denunciare. Qui ho fatto nascere e crescere il mio Gerardo lavorando in sottrazione di emozioni, togliendogli tutta quell’enfasi che un personaggio può portarti ad interpretare. L’ho messo a nudo nella sua impotenza di fronte a questa realtà che sta vivendo.
Cosa ricordi dei giorni di riprese del film? Quali erano le location e chi erano gli altri attori?
Giordano Petri: Non è stato un set facile. Abbiamo lavorato con molti psicologi che ci hanno accompagnato nella costruzione dei personaggi. Il film è stato girato prevalentemente nella Masseria Casella, tra Salerno e Paestum, nel cuore della Piana del Sele, un piccolo borghetto immerso nel verde, con prati rigogliosi e platani secolari, evocativo per la nostra storia e all’Elia Hotel, di Domenico Elia (anche produttore associato e grande sostenitore del progetto) nel cuore del Parco dei Volcei a Buccino nei pressi di Eboli. Insieme a me, Massimo Bonetti, Anna Marcello, Claudio Madia, Flavio Bucci e Francesco Baccini nella doppia veste di attore e compositore della colonna sonora. Ma tanti altri colleghi hanno partecipato al progetto regalando dei preziosi camei.
Come ti sei relazionato invece con i piccoli co-protagonisti del film?
Giordano Petri: Ho imparato tanto dai piccoli attori e dalle loro intense interpretazioni.I fratelli Yuri e Sveva Rosa, Alessandro Sorrentino, Denis Tuozzo, Joshua Nathan Guardabascio hanno dimostrato il loro talento nella concentrazione e nella resa sincera, vera e drammatica della storia. Nel film si parla di violenza contro le donne e violenza di genere e il loro muoversi su un campo così delicato e sensibile è stato davvero pedagogico per tutti noi attori più grandi.
Io ho avuto la fortuna di stare più a contatto con loro perché ho svolto anche il ruolo di acting coach e mi sono emozionato più volte nel vederli in azione.
Credo in un solo padre rappresenta l’ultima apparizione cinematografica del grande Flavio Bucci, scomparso a febbraio dello scorso anno. Tu quando e come l’avevi conosciuto? Cosa ricordi dei giorni passati con lui sul set?
Giordano Petri: Flavio Bucci è stato per me uno dei migliori e più grandi interpreti che il cinema italiano ha avuto. Un’eccellenza che tutto il mondo ci ha sempre invidiato per la sua genialità, creatività e professionalità artistiche. Una faccia particolarissima, e una voce eternamente velata, quasi affaticata che lo hanno reso un attore unico. Ho avuto il piacere di conoscerlo con Luca Guardabascio già suo grande amico dal 1997. Subito tra noi un grande feeling emozionale. Di poche parole, ma i suoi sguardi sapevano parlare. I suoi aneddoti sul cinema e sulla vita sono stati per me preziosi insegnamenti. L’ho sempre visto come lo zio di famiglia un po’ burbero ma con un cuore grande e un bisogno di affetto indescrivibile. Lo andavo a trovare spesso a Passoscuro, sul Litorale di Fiumicino, a casa sua, e custodisco i suoi consigli come un grande tesoro. Mi diceva sempre che gli errori, le sconfitte possono essere fonti di grandi e importanti lezioni. Ad ogni caduta occorre avere il coraggio di ricominciare e questo vuol dire riconoscere che nella vita ci sono le marce in avanti, poi c’è il folle e poi ci sono anche le marce indietro: questa è l’esistenza. E serve sempre tanto coraggio per non restare fermi. Mi manca tantissimo, oggi come ieri, come domani. È stato un onore condividere con Flavio il suo ultimo lavoro cinematografico. Con Zio Domenico Bianco (è il ruolo che ha interpretato Flavio in Credo in un solo Padre) ho condiviso set, camerino, quotidianità, racconti interminabili. Le sue parole più belle? “Punta in alto, questa è la chiave del successo, perché spinge a migliorarti e a credere nel tuo obiettivo. Poi, magari, non tutti i tuoi sogni si realizzeranno nel modo previsto e troverai una via alternativa… ma, come devi puntare alla Luna: se anche dovessi mancare il bersaglio, atterrerai tra le stelle. Magari non vincerai un Oscar, ma otterrai comunque un risultato soddisfacente!”
Il regista Elio Petri, tuo prozio, ha dato a Bucci un memorabile ruolo da protagonista ne La proprietà non è un furto. Elio Petri è morto quando tu avevi pochi anni, ma tu conservi ancora qualche ricordo diretto di lui? Crescendo come hai scoperto il suo cinema e cosa credi possa ancora insegnare alle nuove generazioni di registi italiani?
Giordano Petri: Grazie a Gian Maria Volonté Bucci incontrò Elio Petri. Lo chiamava Capoccione “perché aveva grandi idee ma anche un grande testone, e se sbagliavi ti menava”. In realtà la collaborazione con Petri cominciò ne La classe operaia va in paradiso, in un piccolo ruolo. Qui scoprì nella piccolezza del ruolo le sue grandi doti e talento tanto che due anni dopo lo consacrò al grande pubblico con il ruolo di Total ne La proprietà non è più un furto. Purtroppo non ho avuto la possibilità di conoscere zio Elio, ma in famiglia se n’è sempre parlato. So che era un uomo curioso, pieno di interessi, avido lettore e altrettanto vorace spettatore. In particolare mio padre ne parlava con grande orgoglio e rispetto. Mia zia Maria, cugina di zio Elio mi raccontava la passione con cui si muoveva sul campo, come cercava di tradurre la sua esperienza umana in una sceneggiatura: “Se la filtrassi troppo non farei un film, ma qualcos’altro”, diceva. Questo mi ha portato ad avere fame delle sue opere e dei suoi film, tanto da essere i miei primi strumenti di studio e di conoscenza cinematografici. Il suo cinema autoriale, con tematiche di denuncia sociale e politica oltreché con un originale uso del linguaggio cinematografico, può insegnare alle nuove leve come nessun altro. Elio Petri ha, senz’altro, lasciato la capacità di capire meglio l’Italia di oggi.
Tu hai accompagnato Credo in un solo padre dall’inizio alla fine, seguendo anche il processo di post-produzione. Quali sono state le tappe dalla fine delle riprese all’uscita in streaming su Chili?
Giordano Petri: Il film ha circuitato in vari festival ottenendo consensi e premi. Era prevista l’uscita nelle sale il 25 novembre 2020, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Ma a seguito della chiusura di cinema e teatri, causa pandemia, abbiamo cercato una strada alternativa, ormai diventato una consuetudine per tutti i film in uscita. Derio Di Pumpo è stato il distributore che ha sposato il progetto ed ha mediato il contatto con la piattaforma Chili, dove il film è in visione esclusiva dall’8 marzo.
A causa della pandemia di Coronavirus è stato inevitabile che Credo in un solo padre uscisse, per il momento, solo sulle piattaforme. In quanto lavoratore dello spettacolo, come stai vivendo questo momento? Speri sarà possibile vedere il film sul grande schermo, nei prossimi mesi?
Giordano Petri: La lunga onda d’urto della pandemia ha colpito in pieno anche il mondo dello spettacolo e della cultura. Cinema, teatro, musica, tutto è sospeso come in una bolla. Il 2020 è stato un annus horribilis, e il 2021 non sarà certo migliore. Ancor più per noi lavoratori del mondo dello spettacolo, che non abbiamo un albo, un sindacato specifico. E questo di sicuro non aiuta a far sentire forte la nostra voce. Siamo stati i grandi esclusi. Ma noi siamo lavoratori al pari di altri, paghiamo le tasse e viviamo di questo lavoro. Per aprire una finestra di dialogo con il governo si sono formate associazioni a tutela del settore come l’Associazione “Unita”; e si sta creando il Registro degli attori e delle attrici, con l’obiettivo di richiedere che nessun attore professionista, resti escluso dal sussidio di emergenza Covid-19, naturalmente con i tetti di guadagno stabiliti dal Governo. Ma trovo che manchino piani concreti definiti dal governo, che permettono di ripartire in continuità e con progettualità chiare e condivise, in piena sicurezza e nel rispetto delle regole anti Covid. Se poi a tutto questo aggiungiamo le irresponsabilità e la mancanza di rispetto delle norme da parte dei cittadini, tali da rendere sempre più alti i picchi di contagio del virus e costringendo lo Stato a chiusure forzate nazionali, possiamo pure metterci l’anima in pace. Intanto ci godiamo il film in streaming e vedremo cosa succederà più avanti.
Quali sono i tuoi prossimi progetti come attore?
Giordano Petri: Con la pandemia, la ripresa è lenta per cui è difficile fare progetti e considerazioni future. Con Luca Guardabascio, stiamo lavorando su alcune idee e con il giovane e talentuso regista Ludovico Cantisani stiamo realizzando due progetti cinematografici di grande spessore e dal respiro internazionale, avvalendoci di grandi figure professionali. Progetti di cui ancora è prematuro parlarne. Mi piace raccontare, però, la mia nuova esperienza a Radio Roma, anche in radiovisione al canale 115 del DGT. Da marzo, ogni domenica dalle 14 alle 17 sarò un nuovo inviato di Radio Roma Magazine, raccontando il cinema, il teatro, e il mondo dello spettacolo attraverso interviste con i personaggi del momento. Con me in studio Alessandra Paparelli e Vanni Maddalon.