GLOW 3 recensione della terza stagione della serie TV creata da Liz Flahive e Carly Mensch con Alison Brie, Betty Gilpin, Sydelle Noel e Britney Young
La seconda stagione di GLOW era terminata con il gruppo in partenza per l’hotel Fan-Tan di Las Vegas. Adesso le grandiose lottatrici del wrestling tornano su Netflix più deboli ma al contempo più resistenti che mai. Liz Flahive e Carly Mensch decidono di puntare tutto sulle fragilità dei personaggi della serie, che però si riveleranno dure da abbattere. Se la seconda stagione rimarcava la questione delle molestie sessuali, ora viene affrontata l’omofobia, tematica sempre più attuale, affrontata da una serie ambientata negli anni ’80. Giunta alla terza stagione, ciò che GLOW porta ancora con sé è proprio il distaccarsi dalla banalità delle situazioni.
I dieci episodi che compongono GLOW 3 riguardano le difficoltà che ogni personaggio è costretto ad affrontare. Ruth (Alison Brie) è confusa sentimentalmente vista la relazione a distanza con Russell (Victor Quinaz) e un avvicinamento con Sam (Marc Maron). Per di più, la protagonista non ha ancora abbandonato il sogno di fare l’attrice fuori dal mondo di GLOW. Debbie (Betty Gilpin), dovrà tirare fuori le sue armi nelle vesti di produttrice inesperta dello show. La sua distanza dal figlio poi, non le sarà d’aiuto. Sam è innamorato di Ruth e, come le passate stagioni, per lui è in arrivo più di una sorpresa, ma chi lo dice che le sorprese sono sempre positive? Sebastian “Bash” Howard (Chris Lowell) oltre a gestire lo show, dovrà mantenere in piedi il matrimonio con Rhonda Richardson (Kate Nash), un amore sbocciato ma difficile da coltivare.
Nessuno è insomma esente da problematiche che renderanno ancora più difficile lo svolgimento dello show. Una stagione diversa dalle precedenti vista la minor leggerezza e simpatia con cui si vengono trattate le dinamiche della serie. La marcia è diversa, minore è la leggerezza e di simpatico è rimasto ben poco. GLOW 3 si fa più emotiva e drammatica rispetto alle stagioni precedenti. I finali degli episodi si concludono sempre con un primo piano (che sia frontale o più angolato) di uno dei personaggi, che in quel momento si trova il più delle volte in uno stato di felicità o difficoltà. Difficoltà che a sua volta va di pari passo con l’immaturità e l’inesperienza nell’affrontare le relazioni con i propri cari.
Il wrestling viene quindi messo in secondo piano, sovrastato dalle dinamiche personali: scelta condivisibile giacché GLOW, in fondo, si è da sempre basato sull’unione contro le disuguaglianze. Se però l’aspetto correlato allo show avesse tenuto la stessa leggerezza che ha contraddistinto le prime due stagioni, GLOW 3 sarebbe stato sicuramente più apprezzabile ed interessante.
La terza stagione di GLOW fa un piccolo passo indietro rispetto alle precedenti, cambiando marcia rispetto al passato e mettendo più carne al fuoco, offrendo così uno show diverso da quello che abbiamo imparato a conoscere ed amare.
Jacky